Il socio illimitatamente responsabile risponde per i debiti tributari della società, ma è salvo il diritto di difesa se non ha ricevuto l'avviso di accertamento In materia tributaria, si pone la questione se l'obbligo di corrispondere i tributi dovuti dalla società, si estende automaticamente ai soci illimitatamente e solidalmente responsabili e se quindi l'Agente della riscossione possa procedere all'esecuzione coattiva nei confronti dei soci. Il problema riguarda essenzialmente le società di persone, specie in rapporto alle società in nome collettivo e ai soci accomandatari delle società in accomandita semplice. Per esse, infatti, l'articolo 2291 del Codice civile, in tema di società in nome collettivo, stabilisce che tutti i soci rispondono solidamente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Analogamente, l'articolo 2313 del Codice civile, in tema di società in accomandita semplice, stabilisce che i soci accomandatari rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali. La Cassazione, con sentenza n. 18012/2005, ha stabilito che l'Agente della riscossione non può procedere in via esecutiva nei confronti del coobbligato (ad esempio il socio illimitatamente responsabile), ove questi non abbia ricevuto la notifica dell'avviso di accertamento presupposto. In altre parole, se l'Amministrazione finanziaria ha notificato l'avviso di accertamento solo alla società, iscrivendo a ruolo soltanto quest'ultima, l'Agente della riscossione non avrebbe valido titolo per agire esecutivamente contro il socio, non intestatario del ruolo. Del resto, secondo i principi generali del diritto di procedura civile, il titolo esecutivo consente l'esecuzione forzata solo nei confronti dei coobbligati nei cui confronti è stato ottenuto, con l'obbligo, nell'ipotesi di esecuzione verso altri coobbligati solidali, di ottenere prima un titolo esecutivo di condanna e, soltanto successivamente, di procedere ad esecuzione forzata. La Cassazione ha quindi dichiarato l'illegittimità dell'atto esecutivo (nella specie si trattava di un avviso di mora) notificato direttamente al coobbligato, senza la preventiva comunicazione del necessario atto presupposto, costituito dall'avviso di accertamento. Va segnalato, tuttavia, che tale pronuncia si pone in contrasto con altre sentenze della Cassazione, che affermano invece la piena validità degli atti di esecuzione (nonchè della cartella esattoriale) rivolti al coobbligato che non sia stato preventivamente raggiunto dall'avviso di accertamento (Cassazione, sentenza n. 10093/03; Cassazione, sentenza n. 12022/06; Cassazione, sentenza n. 11228/2007). Ad ogni modo, la giurisprudenza riconosce comunque che il coobbligato, ove riceva direttamente un atto di riscossione (ad esempio la cartella di pagamento o atto successivo), possa ancora contestare l'an del tributo in sede giudiziale, senza essere vincolato dalla definitività dell'avviso di accertamento, precedentemente notificato alla sola società. Questo al fine di garantire anche al socio il diritto di difesa, previsto dall'articolo 24 della Costituzione. La Cassazione, quindi, è ormai concorde nel ritenere che il socio coobbligato non sia pregiudicato dalla definitività degli atti impositivi in capo alla società, con la possibilità, quindi, di contestare, in sede di impugnazione degli atti esecutivi, anche l'esistenza o l'entità del debito principale, anche se ormai cristallizzato nei confronti del titolare passivo (Cassazione, sentenza del 3 dicembre 2003, n. 12000; Cassazione, sentenza del 17 febbraio 2005, n. 3231; Cassazione, sentenza del 26 giugno 2003, n. 10202; Cassazione, sentenza del 7 settembre 2005, n. 18025; Cassazione, sentenza del 10 giugno 2005, n. 12367; Cassazione, sentenza del 3 agosto 2005 n. 16332; Cassazione, sentenza del 9 settembre 2005, n. 18014). Va aggiunto inoltre che anche nei confronti del Fisco opera il cosiddetto beneficium excussionis, previsto dall'articolo 2268 del Codice civile, con l'obbligo, pertanto, di un preventivo tentativo di esecuzione nei confronti della società.