Nell’ordinanza in commento, il Giudice si interroga sulla possibile applicazione retroattiva del novellato art. 76 del d.p.r. 602/1973, il quale impone all’Agente per la riscossione l’obbligo di non promuovere l’esecuzione (in via alternativa): a) quando l’unico immobile di proprietà del debitore sia adibito ad uso abitativo e questi vi risieda anagraficamente; b) se l’importo complessivo del credito per cui si procede non è superiore ad € 120.000,00; c) nell’ipotesi in cui il valore del bene immobile, determinato ai sensi dell’art. 79 del d.p.r. 602/1973, diminuito delle passività ipotecarie rispetto al credito per cui si procede, sia inferiore ad € 120.000,00. In particolare, osserva il Giudice, in favore della retroattività del divieto di cui al punto a) della norma in esame potrebbe venire in soccorso la plausibile valenza di norma di ordine pubblico. In senso contrario, tuttavia, milita “la constatazione che il d.l. n. 69/2013 non ha introdotto un divieto assoluto e generalizzato di promuovere una azione esecutiva nei confronti dell’unico immobile del debitore da questi destinato a residenza; il divieto di azione è stato dettato esclusivamente nei confronti del concessionario pubblico, lasciando la facoltà di intervenire nell’azione esecutiva promossa da altro creditore”. Tuttavia, prosegue il giudice, la valorizzazione del dato letterale (ove la locuzione “dare corso all’espropriazione” si riferisce alla esecuzione in generale) porta a condividere la tesi estensiva, nel senso che la ratio della norma è quella di inibire l’inizio o la prosecuzione delle procedure esecutive esattoriali promosse nei confronti della “prima abitazione”. Pertanto, il limite derivante dalla lett. a) della norma in esame è applicabile retroattivamente alle procedure esecutive già introdotte prima della entrata in vigore del d.l. n. 69/2013. (Altalex, 11 dicembre 2013. Nota di Giuseppina Mattiello)