Esproprio prima casa: i nuovi limiti sono retroattivi
Tribunale Rovigo, ordinanza 21.11.2013
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 332 volte dal 11/12/2013
Nell’ordinanza in commento, il Giudice si interroga sulla possibile applicazione retroattiva del novellato art. 76 del d.p.r. 602/1973, il quale impone all’Agente per la riscossione l’obbligo di non promuovere l’esecuzione (in via alternativa): a) quando l’unico immobile di proprietà del debitore sia adibito ad uso abitativo e questi vi risieda anagraficamente; b) se l’importo complessivo del credito per cui si procede non è superiore ad € 120.000,00; c) nell’ipotesi in cui il valore del bene immobile, determinato ai sensi dell’art. 79 del d.p.r. 602/1973, diminuito delle passività ipotecarie rispetto al credito per cui si procede, sia inferiore ad € 120.000,00. In particolare, osserva il Giudice, in favore della retroattività del divieto di cui al punto a) della norma in esame potrebbe venire in soccorso la plausibile valenza di norma di ordine pubblico. In senso contrario, tuttavia, milita “la constatazione che il d.l. n. 69/2013 non ha introdotto un divieto assoluto e generalizzato di promuovere una azione esecutiva nei confronti dell’unico immobile del debitore da questi destinato a residenza; il divieto di azione è stato dettato esclusivamente nei confronti del concessionario pubblico, lasciando la facoltà di intervenire nell’azione esecutiva promossa da altro creditore”. Tuttavia, prosegue il giudice, la valorizzazione del dato letterale (ove la locuzione “dare corso all’espropriazione” si riferisce alla esecuzione in generale) porta a condividere la tesi estensiva, nel senso che la ratio della norma è quella di inibire l’inizio o la prosecuzione delle procedure esecutive esattoriali promosse nei confronti della “prima abitazione”. Pertanto, il limite derivante dalla lett. a) della norma in esame è applicabile retroattivamente alle procedure esecutive già introdotte prima della entrata in vigore del d.l. n. 69/2013. (Altalex, 11 dicembre 2013. Nota di Giuseppina Mattiello)
Tribunale di Rovigo
Ordinanza 21 novembre 2013
Il Giudice, nella causa n. 2385/2012 R.G., assunta in riserva in data 8 novembre 2013,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Nella presente causa di divisione, A. B., comproprietaria non esecutata, ha chiesto la assegnazione della quota di C. A. per l’importo di € 27.000,00 per capitale ed € 1.323,64 per tributi, esibendo i relativi assegni circolari.
Equitalia Nord s.p.a. ha - senza prendere formalmente posizione - evidenziato problematicità connesse alla circostanza che il giudizio incidentale di divisione è consequenziale e logicamente connesso alla procedura esecutiva esattoriale promossa, in relazione alla quale vi sono dubbi sulla applicabilità dell’art. 76 del d.p.r. 602/1973 così come modificato dal d.l. n. 69/2013 (convertito con la legge n. 98/2013).
In particolare, ha evidenziato la creditrice-ricorrente che il nuovo articolo 76 del d.p.r. citato impone all’Agente per la riscossione l’obbligo di non promuovere l’esecuzione (in via alternativa):
a) quando l’unico immobile di proprietà del debitore sia adibito ad uso abitativo e questi vi risieda anagraficamente;
b) se l’importo complessivo del credito per cui si procede non è superiore ad € 120.000,00;
c) nell’ipotesi in cui il valore del bene immobile, determinato ai sensi dell’art. 79 del d.p.r. 602/1973, diminuito delle passività ipotecarie rispetto al credito per cui si procede, sia inferiore ad € 120.000,00.
Dubita, in conclusione, “Equitalia Nord s.p.a”. della possibile applicabilità retroattiva della disciplina richiamata - posto che nel caso di specie sarebbe integrata la sola ipotesi sub c) - e della conseguente improcedibilità del giudizio di divisione, quale appendice del giudizio esecutivo.
***
Rileva il Giudice, innanzi tutto, come sia condivisibile l’assunto che l’eventuale improcedibilità della fase esecutiva si estenderebbe inevitabilmente al giudizio di divisione, quale appendice e modalità attuativa della fase esecutiva, ai sensi dell’art. 600, II comma c.p.c.
Occorre, dunque, interrogarsi sulla possibile applicazione retroattiva del novellato art. 76 del d.p.r. 602/1973.
Preliminarmente, tuttavia, si ritiene opportuno evidenziare come la disposizione richiamata preveda tre ipotesi disomogenee: da un lato, infatti, vi è un diritto soggettivo del debitore (proprietario di unico immobile utilizzato quale residenza) - in un’ottica politica di salvaguardia del “diritto alla abitazione” - a che non si proceda esecutivamente nei suoi confronti; dall’altro, un mero interesse legittimo al corretto esercizio del diritto di azione della Pubblica amministrazione, trattandosi di valutazione politica preconfezionata in ordine alla convenienza pubblica di procedere, in un bilanciamento tra costi e benefici per il creditore pubblico.
Tale distinzione appare rilevante, poiché solo nella prima ipotesi potrebbe porsi un dubbio di necessaria lettura costituzionalmente orientata, onde preservare il precetto di cui all’art. 3 della Costituzione.
L’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale dispone la regola della irretroattività della legge, principio generale dell’ordinamento che assume, tuttavia, valenza e limite costituzionale solo in relazione alle disposizioni incriminatrici penali (nonché a quelle afflittive di natura amministrativa: cfr. Corte Cost. 80/53).
Se è, dunque, consentito nella materia esaminata disporre retroattivamente l’improcedibilità dell’azione esecutiva, è altresì vero che tale previsione manca apparentemente nella disciplina normativa de qua, sottolineandosicome l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità sia nel senso di applicazione irretroattiva in assenza di espressa, o quanto meno inequivoca, indicazione contraria (cfr. Cass., 11 aprile 1972, n. 1110; Cass., 26 aprile 1971, n. 1211; cfr. in senso parzialmente contrario Cass., 23 maggio 1969, n. 1829: “Il principio della irretroattività della legge è stato elevato a dignità di precetto costituzionale nel solo campo delle sanzioni penali, mentre nel campo civile non ha carattere assoluto e può subire deroghe, per le quali non sempre è necessario un distinto ed esplicito comando, potendo la retroattività derivare anche dalla natura e dalla ratio della regola dettata dal Legislatore”)
Ciò premesso, deve essere ribadito, secondo questa autorità, che il problema di retroattività potrebbe porsi solo in relazione alla ipotesi di cui alla lettera a) del citato art. 76, mentre non rileverebbe nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c) (o quanto meno non potrebbe giovarsi il debitore di una lettura retroattiva della norma in riferimento a disposizioni che regolano l’actio publica in executivis), valorizzandosi la natura sostanziale della norma in riferimento alla prima fattispecie e quella processuale delle altre.
In relazione al “diritto all’abitazione della propria unica casa” potrebbe venire in soccorso la plausibile valenza di norma di ordine pubblico attribuibile al citato divieto.
Milita in senso contrario, tuttavia, la constatazione che il d.l. n. 69/2013 non ha introdotto un divieto assoluto e generalizzato di promuovere una azione esecutiva nei confronti dell’unico immobile del debitore da questi destinato a residenza; il divieto di azione è stato dettato esclusivamente nei confronti del concessionario pubblico, lasciando la facoltà di intervenire nell’azione esecutiva promossa da altro creditore (“Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell'articolo 499 del codice di procedura civile, l'agente della riscossione [...] non dà corso all'espropriazione”).
Non solo, dunque, è rimasta la possibilità per qualsiasi creditore diverso dall’agente per la riscossione di promuovere l’azione esecutiva sulla “prima abitazione”, ma lo stesso soggetto concessionario vi può intervenire.
Tali constatazioni sembrerebbero deporre per l’accoglimento della tesi dell’inapplicabilità del divieto di cui all’art. 76 citato alle esecuzioni esattoriali promosse prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 69/2009.
La valorizzazione del dato letterale della norma - non disgiunto da un sensibile apprezzamento della ratio normativa - tuttavia porta a condividere la tesi avallante una più ampia applicazione.
Il legislatore ha, infatti, utilizzato - in relazione all’ipotesi di cui alla lett. a) del citato art. 76 - la locuzione “dare corso all’espropriazione”; non ha fatto riferimento all’impulso della procedura esecutiva, quanto piuttosto alla prosecuzione.
Ciò giustifica la lettura offerta: la volontà legislativa di inibire l’inizio o la prosecuzione delle procedure esecutive esattoriali promosse nei confronti della “prima abitazione”, sol che si ritenga il sostantivo “espropriazione” metonimia del concetto di “esecuzione”.
Correlativamente, in riferimento alle ipotesi di cui alle lettere b) e c), nel testo normativo vi è un espresso riferimento all’iniziativa esecutiva (“può procedere” per la lettera b), “non procede” per la lettera c): ciò avalla la prospettata tesi della inapplicabilità dei limiti suddetti alle procedure esecutive già introdotte prima della entrata in vigore del d.l. n. 69/2013.
Riscontrato, in conclusione, che la procedura esattoriale è iniziata precedentemente alla riforma dell’art. 76 del d.l. n. 69/2013, e che ricorre l’ipotesi di cui alla lett. c), alcun ostacolo normativo si frappone alla conclusione della procedura incidentale di divisione.
P.Q.M.
Fissa l’udienza del 18 dicembre 2013 alle ore 11.30 per l’emissione del decreto di attribuzione della quota immobiliare.
Si comunichi alle parti e al custode.
Rovigo, 21 novembre 2013.
IL GIUDICE
dott. Mauro Martinelli
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