L'accertamento standardizzato mediante studi di settore è un sistema di presunzioni semplici (cfr., C. cost., sent. 1 aprile 2003, n. 105), la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio indispensabile ad adattare uno strumento, frutto di un'”elaborazione statistica”, alla reale situazione soggettiva ed a sfruttare al massimo la sua flessibilità, da attivare con il contribuente, che può tuttavia restare inerte assumendosi le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento (cfr. Sez. 5 nn. 4148/2009, 26459/2008 e 23602/2008). Egli, nel giudizio d'impugnazione dell'atto di accertamento, ha la più ampia facoltà di allegazione e prova potendo contestare sia le condizioni a cui la legge subordina l'applicabilità degli studi di settore, sia la sequenza delle inferenze presuntive che sono alla base degli studi di settore, ma giammai può limitarsi alla mera enunciazione dell'inadeguatezza dello studio applicato o a eccepire le ridotte dimensioni aziendali e la crisi del settore, dovendo addurre, invece, elementi certi e convincenti a suo discarico e dare una critica dimostrazione delle concrete implicazioni di detti eventi in termini di minori ricavi e minor reddito rispetto ai risultati dello studio di settore (Sez. U n. 26635/2009; Sez.5 n. 2816/2008)