Non versa il contributo al mantenimento della prole posto a suo carico: fermo l'affido condiviso il figlio va collocato presso l'altro genitore
Tribunale Monza sez. IV 11/4/2011; Pres. Miele C.
Avv. Maria Martignetti
di Roma, RM
Letto 3126 volte dal 11/06/2011
Secondo il Tribunale di Monza, sezione IV, 11 aprile 2011, fermo l’affido condiviso, la decisione sul collocamento del figlio presso uno dei due genitori deve essere effettuata tenendo conto sia della volontà espressa dal minore (ove possibile); - sia della condotta assunta dai genitori nel corso del medesimo procedimento di separazione. Costituisce al riguardo circostanza da valutare il mancato adempimento da parte del genitore non convivente dell'obbligazione inerente il pagamento del contributo per il mantenimento
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si omette lo svolgimento del processo ex art. 132 c.p.c. nel testo novellato dall’art. 45, comma 17, della legge 18.6.2009 n. 69, applicabile anche ai giudizi di primo grado in corso alla data del 4.7.2009.
Sulla separazione.
La domanda di separazione appare meritevole di accoglimento.
Sul punto, deve premettersi che le parti hanno contratto matrimonio in Giussano in data …
Deve inoltre rilevarsi che dalla documentazione prodotta in atti è emerso il venir meno della comunione materiale e spirituale fra i coniugi in questione, essendosi verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza fra gli stessi, ovvero da recare pregiudizio all’educazione della prole.
Le risultanze degli atti e documenti di causa e la volontà delle parti di porre termine alla loro convivenza coniugale, nonché lo stesso carattere contenzioso del presente giudizio rendono ampiamente ragione della sopravvenuta intollerabilità del rapporto coniugale tra le parti in causa.
Non v’è dubbio, pertanto, che debba essere pronunziata la separazione giudiziale tra i coniugi in questione.
Addebito.
Con riferimento alla questione concernente l’addebito della responsabilità della separazione, vanno svolte le seguenti considerazioni.
In primo luogo, in punto di diritto, deve osservarsi che, affinché possa essere addebitata ad uno dei coniugi la responsabilità del fallimento della convivenza coniugale, non basta che questi abbia posto in essere una violazione grave dei doveri nascenti dal matrimonio, ma occorre altresì che sussista un preciso nesso di causalità tra tale violazione e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza medesima.
In concreto, per quanto concerne la domanda della ricorrente, essa risulta del tutto sfornita di prova, non avendo la Bi. articolato alcun capitolo di prova in ordine alle pretese vessazioni che il marito avrebbe posto in essere nei suoi confronti.
Detta istanza va dunque rigettata.
Per quanto concerne la domanda di addebito svolta dal marito, deve rilevarsi che non risulta specificamente contestata la circostanza relativa all’abbandono della casa coniugale da parte della ricorrente ai primi di aprile del 2008.
È inoltre pacifico il fatto che sempre la ricorrente abbia trascorso, nell’estate del 2008, un periodo di vacanza con tale C.N. (le fotografie di tale vacanza, prodotte in atti, dimostrano, inoltre, che tra la ricorrente ed il C., all’epoca, il rapporto non si limitava alla semplice amicizia), il che induce a presumere, secondo la normale esperienza, che tra i due esistesse una relazione extraconiugale già da tempo.
Tali fatti costituiscono violazioni gravi dei doveri nascenti dal matrimonio, idonee a determinare una condizione di intollerabilità della convivenza coniugale.
Quanto alla preesistenza della crisi rispetto all’epoca in cui detti fatti sono avvenuti, deve rilevarsi: che la ricorrente, come già innanzi osservato, non ha offerto alcuna prova degli asseriti pregressi soprusi perpetrati a suo danno dal marito, e che la lettera datata 28.4.2008 a firma dell’avv. P.M., precedente difensore della B., con cui veniva ufficializzata la volontà della ricorrente di ottenere la separazione dal marito, si situa in un periodo posteriore, anche se di poco, rispetto all’abbandono della casa coniugale da parte della moglie.
Deve dunque ritenersi che sussista anche il nesso di causalità tra dette condotte della B. e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza coniugale, con la conseguenza che la domanda di addebito svolta dal resistente deve essere accolta.
Affidamento della prole.
Per quanto concerne la questione relativa all’affidamento del figlio minore L., nato il (…) (la figlia M., infatti, è divenuta maggiorenne in corso di causa), premesso che la legge n. 54 del 2006 stabilisce che il Giudice deve preferire la formula dell’affidamento condiviso, salvo che non vi siano ragioni che rendano necessario disporre l’affidamento esclusivo all’uno o all’altro genitore, deve rilevarsi come entrambe le parti abbiano concluso in tal senso, sicché si provvede in conformità.
Quanto al collocamento del figlio (aspetto su cui le conclusioni delle parti sono divergenti), è stato proprio quest’ultimo ad esprimere dinanzi al Presidente del Tribunale la sua maggiore propensione a vivere con il padre, né la ricorrente ha dimostrato la sussistenza di elementi che consentano di ritenere tale scelta contraria all’interesse del minore.
Si osserva inoltre, che la Bi., una volta che è stato posto a suo carico un contributo al mantenimento della prole, non ha adempiuto al pagamento, elemento, questo, dal quale non può prescindersi ai fini della decisione in esame.
Si provvede dunque come da dispositivo.
Assegnazione della casa coniugale.
Per quanto riguarda, poi, la questione concernente l’assegnazione della casa coniugale, deve rilevarsi che, secondo quanto è stato ritenuto dal giudice di legittimità (cfr.: Cass. n. 1545 del 26.01.2006), “in materia di separazione o divorzio, l’assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, particolarmente valorizzati dall’art. 6, sesto comma, della legge 1 dicembre 1970 n. 898 – come sostituito dall’art. 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74 -, è finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, e non può quindi essere disposta, come se fosse una componente degli assegni rispettivamente previsti dall’art. 156 cod. civ. e dall’art. 5 della legge n. 898 del 1970, per sopperire all’esigenze economiche del coniuge più debole, alle quali sono destinati unicamente i predetti assegni. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe porsi in discussione la legittimità costituzionale del provvedimento, il quale, non risultando modificabile a seguito del raggiungimento della maggiore età e dell’indipendenza economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno del contitolare”.
Ciò detto, si osserva, in punto di fatto, che il resistente, proprietario esclusivo della casa familiare, risulta anche essere il genitore presso cui è collocata la prole (compresa la figlia Martina, maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente, inizialmente collocata presso la madre), sicché è a suo favore che va disposta l’assegnazione.
Contributo al mantenimento della prole.
Deve poi essere decisa la richiesta concernente la determinazione del contributo al mantenimento del figlio minorenne e della figlia maggiorenne ma non economicamente autosufficiente a carico della madre.
In diritto, come è noto, la Suprema Corte, anche recentemente, ha così statuito sul tema in questione: “l’obbligo dei genitori di concorrere ex art. 148 c.c. al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma continua invariato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica oppure che è stato posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per sua colpa; ne consegue che il genitore, il quale contesta la sussistenza del proprio obbligo di mantenimento nei confronti di figli maggiorenni che non svolgono attività lavorativa retribuita, è tenuto a fornire la prova della condotta colpevole del figlio che persista in un atteggiamento d’inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini e la sua professionalità ovvero di rifiuto di corrispondenti occasioni di lavoro” (Cass. 11.3.1998 n. 2670; Cass. 3.4.2002 n. 4765).
Il diritto all’assegno da parte della figlia M. non è oggetto di contestazione tra le parti. In ordine al quantum debeatur, avuto riguardo ai redditi documentati dalla madre (Cud 2008, reddito complessivo pari a Euro 20.708,25, che, decurtato delle imposte e rapportato a dodici mensilità, corrisponde ad Euro 1.367,36 netti mensili) ed alla sua attuale situazione personale (la stessa non ha documentato spese di locazione), nonché avuto riguardo ai redditi documentati dal padre (Mod. 730/2010, reddito complessivo pari a Euro 31.218,00, che, decurtato delle imposte e rapportato a dodici mensilità, corrisponde ad Euro 2.110,08 netti mensili) ed alla sua attuale situazione personale (lo stesso coabita con i figli e sostiene, tra l’altro, il pagamento di un mutuo con rata mensile pari ad Euro 814,19), risulta congruo determinare il contributo in questione come da dispositivo.
A tale proposito, si osserva, in punto di diritto, che anche la Suprema Corte ha avuto costantemente modo di evidenziare come la misura del contributo al mantenimento dei figli minori possa dal giudice essere “legittimamente correlata non tanto alla quantificazione delle entrate derivanti dalla attività professionale svolta dal genitore non convivente, quanto piuttosto ad una valutazione complessiva del minimo essenziale per la vita e la crescita” dei figli stessi (Cass. 8.11.1997 n. 11025; Cass. 19.3.2002 n. 3974) ed anche come “l’aumento delle esigenze economiche dei figli è notoriamente legato alla crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione” (Cass. n. 17055/07).
Resta in ogni caso superata dalle considerazioni che precedono ogni questione concernente la genuinità o meno dei documenti prodotti dal resistente e disconosciuti dalla controparte.
Altre domande.
Le altre domande avanzate dalle parti (suddivisione in parti uguali del mutuo gravante sulla casa familiare, condanna della ricorrente al pagamento delle rate di un finanziamento contratto per l’acquisto di un’autovettura, condanna del resistente al pagamento in favore di controparte della somma di Euro 59.422,00) risultano inammissibili in questa sede, in quanto sostanzialmente estranee alla materia tipica del giudizio di separazione, nonché assoggettate a trattazione con il rito ordinario.
Spese processuali e domanda svolta ex art. 96 c.p.c.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
La sostanziale soccombenza della ricorrente induce a ritenere infondata la domanda dalla stessa proposta ai sensi dell’art. 96 del codice di rito.
P.Q.M.
Il Tribunale,
definitivamente pronunziando sul ricorso proposto in data 9.2.2009 da B., nata a Monza il …. nei confronti di S., nato a Cesano Maderno il giorno …, così provvede:
1. pronunzia la separazione giudiziale tra B., nata a Monza il giorno (…) e S., nato a Cesano Maderno il giorno (…), con addebito di responsabilità a carico della moglie B.N.;
2. assegna la casa coniugale con gli arredi alla parte resistente S..;
3. affida il figlio minore delle parti L. ad entrambi i genitori, disponendo che lo stesso sia collocato, anche a fini anagrafici, presso la residenza paterna e che i periodi di permanenza dello stesso con il genitore non collocatario siano i seguenti:
- un giorno alla settimana dall’uscita da scuola e fino alla mattina seguente, quando il minore sarà riaccompagnato a scuola;
- a fine settimana alternati, dall’uscita da scuola il venerdì e fino al lunedì mattina, quando il minore sarà riaccompagnato a scuola;
- durante le festività natalizie e pasquali, per metà dei rispettivi periodi in forma alternata di anno ,n anno, in maniera tale che il minore trascorra il giorno di Natale ed il successivo Lunedì dell’Angelo con un genitore ed il giorno di Santo Stefano ed il successivo giorno di Pasqua con l’altro;
- Per giorni 15 consecutivi durante le vacanze estive, in epoca che i genitori concorderanno tra loro entro il mese di maggio di ogni anno in relazione ai rispettivi impegni di lavoro
4. pone a carico di B.N., quale contributo a mantenimento dei figli M. e L., pagamento della somma mensile di Euro 500,00 (Euro 250,00 per ciascun figlio) annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat a far data dal 05 03 2011 e da corrispondersi a S.F. in via anticipata entro i, giorno 5 di ogni mese otre al rimborso della metà delle spese mediche non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, di quelle scolastiche straordinarie (tasse scolastiche ed universitarie rette gite scolastiche, ripetizioni, materiale didattico e libri di testo), nonché di quelle sportive e ricreative, concernenti i figli medesimi, preventivamente concordate (fatta eccezione per le spese scolastiche obbligatorie relative alla scuola ed università pubblica e per le spese mediche urgenti, in ordine alle quali i, rimborso sarà dovuto anche in assenza di preventivo accordo fra i genitori) ed adeguatamente documentate.
5. dichiara inammissibili le domande concernenti a suddivisione in parti uguali de, mutuo gravante sulla casa familiare, la condanna della ricorrente al pagamento delle rate di un finanziamento contratto per l’acquisto di un’autovettura e la condanna del resistente al pagamento in favore di controparte della somma di Euro 59.422,00;
6. rigetta la domanda svolta dalla ricorrente ex art. 96 c.p.c.;
7. rigetta ogni ulteriore domanda, eccezione e deduzione delle parti
8. condanna B.N. a rifondere a S.F.,e spese di lite che liquida in complessivi Euro 5.627,50, di cui Euro 1.745,00 per diritti ed Euro 3 752 00 per onorari, oltre Iva, Cpa e spese generali come per legge.
Così deciso in Monza, il 31 marzo 2011.
Depositata in Cancelleria l’11 aprile 2011
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