Il caso La madre propone regolamento di competenza avverso l'ordinanza con cui il Tribunale ordinario di Rieti si era dichiarato incompetente (affermando la competenza del Tribunale dei Minorenni di Roma) relativamente ad un ricorso proposto dalla madre naturale per la modifica dell'assegno di mantenimento a favore del figlio minore, posto a carico del padre, stabilito da un precedente provvedimento emanato dal Tribunale per i minorenni. A seguito della rinuncia al regolamento di competenza da parte della madre, ricorrente (rinuncia accettata dall'altro genitore naturale, resistenza), la Suprema Corte, con sentenza 5 maggio 2011 n.9936, dichiara l'estinzione del giudizio di cassazione affermando in motivazione: - che i provvedimenti adottati dal Tribunale per i minorenni, ai sensi dell'art. 317-bis cod. civ., non sono modificabili in base al disposto dell'art. 742 cod. proc. civ. (in quanto suscettibili di acquisire efficacia di giudicato rebus sic stantibus), ma secondo le regole sostanziali e processuali di cui agli artt. 155-ter cod. civ. e 710 cod. proc. civ.; - che l'art. 742 cod. proc. civ. è espressione di un principio insito nel sistema, in relazione al quale vanno coordinate anche le regole di modifica dei provvedimenti di affidamento e mantenimento dei figli naturali; - che, pertanto, ogni richiesta di modifica, legata a fatti sopravvenuti, dell'assegno di mantenimento favore dei figli disposto dal Tribunale per i minorenni è di competenza dello stesso Giudice minorile. Cioè a dire: - la competenza a decidere anche sull'assegno di mantenimento per i figli naturali, una volta attratta al tribunale per i minorenni stante la contestuale proposizione della relativa domanda insieme alle questioni relative all'affidamento, resta radicata presso tale tribunale relativamente ad ogni modifica del provvedimento adottato, impedendo la logica del sistema che esso possa essere modificato in alcuna sua parte da un giudice diverso se non nell'ipotesi, non ricorrente nella specie, di connessione che giustifichi lo spostamento di competenza; I^ nota bene - Cassazione 27 ottobre 2010 n. 22001 riconosce la competenza del Giudice ordinario laddove la controversia attenga unicamente alla misura e alle modalità del contributo economico al mantenimento «E' principio acquisito, quello secondo cui "competente a conoscere della controversia concernente l'entità del contributo che un genitore naturale deve corrispondere all'altro genitore per il figlio ancorchè minorenne, che gli sia affidato o comunque da esso tenuto, è il giudice ordinario e non il tribunale per i minorenni, trattandosi di procedimento non assimilabile a quelli contemplati dall'art. 38 disp. att. c.c. - vertenti direttamente sull'interesse dei figli, specie minorenni, e caratterizzati, di norma, dalla forma camerale -, ma introdotto da uno dei genitori in nome proprio, e non in rappresentanza del figlio minore sul quale esercita la potestà, così da dar luogo ad una "lite" tra due soggetti maggiorenni, che ha come "causa petendi" la comune qualità di genitori e come "petitum" il contributo che l'uno deve versare all'altro in adempimento dell'obbligo di mantenimento del figlio" (Cassazione civile, sez. 1^, 20 aprite 1991, n. 4273). Sull'assetto del riparto di competenza così determinato non ha inciso la legge n. 54/2006. Se invero "La contestualità delle misure relative all'esercizio della potestà e all'affidamento del figlio, da un lato, e di quelle economiche inerenti ai loro mantenimento, dall'altro, prefigurata dai novellati art. 155 c.c. e ss., ha peraltro determinato - in sintonia con l'esigenza di evitare che i minori ricevano dall'ordinamento un trattamento diseguale a seconda che siano nati da genitori coniugati oppure da genitori non coniugati, oltre che di escludere soluzioni interpretative che comportino un sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo - una attrazione, in capo allo stesso giudice specializzato, della competenza a provvedere, altresì, sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio" (Cassazione civile, sez. 1^, 3 aprile 2007, n. 8362), deve rilevarsi come a tale soluzione la Corte sia pervenuta, pur in assenza di un'esplicita previsione normativa, in esito ad un'operazione condotta con gli ordinari strumenti ermeneutici, valorizzando esigenze ravvisabili unicamente in caso di necessità di una contestuale pronuncia di misure sull'esercizio della potestà o sull'affidamento del minore e di decisioni in ordine al mantenimento del medesimo. Quando tuttavia tali esigenze di concentrazione delle tutele non siano attuali in quanto la controversia attenga unicamente alla misura e alle modalità del contributo economico al mantenimento e sia invece stabilizzato o comunque non venga in considerazione, quale contestato presupposto per la decisione, il rapporto dei genitori con il minore non vi è ragione per adottare soluzioni interpretative difformi da quella richiamata e stabilizzata, posto che neppure dalla recente riforma può trarsi un principio generale di unificazione delle competenze in materia di conflitti familiari che, sia pure invocato dalla dottrina, non ha finora trovato il consenso del legislatore. II^ nota bene: - Cassazione 13 gennaio 2011 n.674, in tema di regolamento di competenza di ufficio, afferma che spetta al Tribunale ordinario, e non al Tribunale per i minorenni, pronunciarsi sulla domanda di regresso proposta da uno dei genitori, a seguito della conclusione della convivenza tra genitori naturali, in nome proprio, nei confronti dell'altro, al fine di ottenere, ai sensi dell’art. 1299 c.c., il rimborso pro quota delle spese sostenute per sé, nel periodo anteriore alla nascita dei figli, e per la prole, trattandosi di controversi tra soggetti maggiorenni, che ha come causa petendi la comune qualità di genitori, e non essendo la domanda assimilabile a (ma non connessa con) quelle contemplate dall'art. 38 disp. att. cod. civ. riguardanti l'affidamento e il mantenimento dei figli minorenni. III^ nota bene: Nella giurisprudenza di merito, in senso conforme alla sentenza in commento: - Tribunale minorenni Bari 3 novembre 2010, secondo cui «va mantenuta la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui, essendo questo adito con una domanda avente ad oggetto il contributo al mantenimento della prole, abbia precedentemente già provveduto in ordine all'esercizio della potestà ed all'affidamento, disponendo una prosecuzione degli interventi da parte dei servizi sociali, e così determinando la sussistenza di un assetto ancora in fieri. Invero, l'esigenza della concentrazione delle tutele verrebbe sacrificata, a detrimento delle garanzie in favore del figlio naturale, qualora, ancora pendente un procedimento minorile relativo all'esercizio della potestà, le ulteriori questioni patrimoniali venissero rimesse davanti al tribunale ordinario. Peraltro, aderendo a siffatta tesi, il tribunale ordinario verrebbe surrettiziamente a configurarsi come un giudice dell'impugnazione, rispetto a quello minorile. In presenza della possibilità di ulteriori interventi dei servizi e di deduzioni, sia pure proposte in sede di udienza e non già negli atti introduttivi, sulle modalità di cura e il diritto di visita della prole, e in ossequio al principio di concentrazione delle tutele in favore del figlio naturale, si ritiene la competenza del TM. Tale linea interpretativa appare conforme a quanto da ultimo stabilito dalla Corte costituzionale, che, con la recente sentenza n. 82 del 5 marzo 2010, ha riconosciuto che la relazione tra le questioni relative all'affidamento e quelle concernenti il mantenimento della prole naturale, rileva quando si traduca in specifiche domande contestualmente proposte, essendo priva di incidenza sulla competenza, la mera "possibilità di proporre successivamente una questione relativa all'affidamento, trattandosi di circostanza puramente eventuale". Ciò significa a contrariis, che se la questione relativa all'affidamento è stata già delibata, sia pure in un precedente giudizio, la competenza anche per il mantenimento si radica in capo al tribunale per i minorenni»; - nello stesso senso Tribunale di Bologna 28 dicembre 2010, secondo cui «la revisione può essere disposta soltanto dallo stesso giudice che a suo tempo ha determinato il contributo, in virtù del principio di concentrazione delle tutele»; - sempre in senso analogo Tribunale Roma 13 ottobre 2010, nella cui motivazione si legge «la richiesta, in via riconvenzionale, di revoca/modifica del provvedimento del giudice specializzato con il quale è stato disposto l'affidamento esclusivo del figlio minore determina lo spostamento della competenza innanzi al giudice specializzato, con attrazione innanzi allo stesso anche della questione economica oggetto dell'atto introduttivo (aumento assegno di mantenimento disposto dal tribunale ordinario con la sentenza. condanna del convenuto al pagamento dei due terzi di tutte le spese straordinarie, oltre che richiesta di rimborso, pro quota, delle spese di mantenimento già sostenute per intero). La competenza ad adottare tutti i provvedimenti nell'interesse del figlio (minore) naturale spetta, infatti, al Tribunale per i Minorenni in forza dell'art. 38 disp. att. c.c. (non abrogato, nemmeno tacitamente, dalla legge n. 54/2006), che richiama l'art. 317 bis c.c., con inscindibilità della valutazione relativa all'affidamento da quella concernente i profili patrimoniali dell'affidamento, ovvero la misura ed il modo in cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura all'istruzione e all'educazione dei minori. Il presupposto del menzionato assorbimento è costituito dunque dalla circostanza che nel medesimo procedimento siano spiegate contemporaneamente domande di affidamento e di mantenimento del figlio naturale, eventualmente - come nella specie - anche in sede di domanda riconvenzionale. Deve pertanto essere dichiarata l'incompetenza per materia del giudice adito, in quanto competente il Tribunale per i Minorenni, anche per quel che concerne la statuizione relativa alla richiesta di rimborso di arretrati. L'assorbimento di cui si è detto opera infatti per tutti gli aspetti patrimoniali inerenti l'affidamento del figlio naturale, nell'ambito di un principio di inscindibilità della valutazione relativa all'affidamento da quella concernente i profili patrimoniali dello stesso. Il giudice specializzato è dunque chiamato ad esprimere una cognizione globale, estesa alla misura e al modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione del figlio. Del resto, l'esposta cognizione globale da parte del giudice specializzato appare maggiormente conforme al principio costituzionale di uguaglianza, nella specie tra figli legittimi e figli naturali, apparendo deteriore il trattamento del figlio naturale qualora le sue esigenze di tutela in caso di crisi del rapporto tra i suoi genitori ricevessero una risposta frazionata, con la perdita di quella valutazione globale che soltanto una cognizione estesa anche a tutte le conseguenze patrimoniali dell'affidamento può assicurare Del resto, infine, "lo sdoppiamento di competenze, con la necessità, per il genitore, di dovere separatamente adire un giudice diverso per la cognizione di domanda intrinsecamente connessa alle statuizioni che in concreto sono state date sulla potestà e sull'affidamento, comporterebbe un evidente sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo». - in senso contrario Tribunale per i minorenni di Milano 17 dicembre 2010, edito in www.tribunaleminorimilano.it, secondo cui: «il Tribunale per i minorenni può conoscere degli aspetti economici legati all'affidamento della prole naturale solo se la controversia concernente l'entità del contributo sia proposta contestualmente ad altra domanda in tema di affidamento e regolamentazione dell'esercizio della potestà, anche nell'ipotesi in cui, a seguito del mutamento della situazione di fatto, si richieda una modifica dei provvedimenti già adottati».