Il Tribunale di Milano, con ordinanza ex art. 708 c.p.c. nell’ambito di un processo di separazione dei coniugi, dispone un affidamento monogenitoriale di tipo “blindato” in favore della madre. Il caso riguarda una coppia di coniugi di cui il marito inglese era tornato a Londra a seguito della crisi dell’unione matrimoniale, disinteressandosi totalmente del figlio di un anno anche dal punto di vista del mantenimento. La donna deposita un ricorso per separazione giudiziale ma il marito non si costituisce in giudizio. Dalle denunce presentate dalla moglie ai carabinieri e dallo scambio di messaggi via chat tra i due coniugi, risulta che l’uomo, o meglio un ragazzo appena ventitreenne, oltre ad essersi allontanato e ad aver violato l’obbligo di mantenimento, abbia anche minacciato la moglie di portarle via il figlio se non avesse aderito alle sue richieste, dimostrando così di usare il minore come “argomento di scambio” nell’ambito del conflitto di coppia. Era stato infine allegato un fatto di violenza nei confronti della donna. Dal quadro probatorio si evidenziava quindi una figura paterna totalmente inidonea alla genitorialità che giustificava l’affidamento ad un solo genitore e non solo. La lontananza materiale del padre, la sua irreperibilità e indisponibilità nei confronti della moglie, depongono a favore di un affidamento definito “super esclusivo” poiché a differenza del modello previsto dall’art. 337 quater comma III c.c., anche le decisioni di maggiore interesse per il minore, possono essere assunte dalla madre senza la previa consultazione con l’altro genitore. Sulle scelte più importanti, anche nell’ambito di un affidamento esclusivo in cui la responsabilità genitoriale spetta al genitore affidatario, di norma è prevista la condivisione. Si tratta di decisioni riguardanti la salute, l’educazione, l’istruzione o la fissazione della residenza abituale. L’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, in ordine alle scelte più rilevanti può però trovare una deroga giudiziale, poiché la norma rimette al giudice la facoltà di stabilire diversamente e attribuire al genitore affidatario anche l’esercizio in via esclusiva della responsabilità genitoriale con riguardo alle suddette questioni fondamentali. Al genitore non affidatario rimane comunque il diritto/dovere di vigilare sull’educazione e l’istruzione del figlio minore e la facoltà di rivolgersi al giudice se ritiene che siano adottate decisioni pregiudizievoli per il minore. Infatti, questa concentrazione di responsabilità in capo ad un solo genitore non incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale, modificandone solo l’esercizio. Anche con riferimento al diritto di visita, il giudice milanese non dispone nessuna regolamentazione dei rapporti padre-figlio basandosi sull’assunta pericolosità del padre, non accertata in contraddittorio stante la mancata costituzione in giudizio di questo. Il padre pertanto potrà vedere il figlio solo su accordi con la madre. Il provvedimento presidenziale è in linea con l’orientamento dominante della Cassazione Civile secondo cui “integrano comportamenti altamente sintomatici dell’inidoneità di uno dei genitori ad affrontare le maggiori responsabilità conseguenti ad un affidamento condiviso sia la violazione dell’obbligo di mantenimento dei figli che la discontinuità nell’esercizio del diritto di visita degli stessi. Ne discende che, in questi casi, si configura una situazione di contrarietà all'interesse del figlio minore, ostativa, per legge, ad un provvedimento di affidamento condiviso” (Cass. Civ. 17 dicembre 2009 n. 26587). La maggior cautela nei confronti del figlio che porta all’esclusione del padre anche dalle decisioni di maggiore interesse è ricondotta dal giudice alla “pericolosità” della figura paterna risultante dalle allegazioni della madre, ma può essere anche giustificata da un contesto di “conflittualità” della coppia in cui l’assunzione di decisioni concordate risulta, secondo le condizioni del momento, impraticabile. Nel caso di specie, l’affido (super)esclusivo alla madre è stato ritenuto “tanto opportuno quanto necessario per evitare che, anche per questioni fondamentali, la macchina di rappresentanza degli interessi del minore (in una età così tenera: appena un anno) sia inibita nel funzionamento, a causa del completo e grave disinteresse del padre per la propria famiglia”.