«Non ci sono certezze scientifiche: è un pregiudizio che avere due madri sia dannoso per lo sviluppo del bambino» Un minore può crescere in modo equilibrato anche in una famiglia gay. Né vi sono «certezze scientifiche o dati di esperienza» che dimostrino il contrario. Con queste parole la prima sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 11 gennaio 2012 n. 601, manifesta la prima apertura all’affido di un figlio minore a una coppia gay, formata da due donne. In primo grado, il Tribunale per i minorenni di Brescia aveva già disposto l'affidamento esclusivo del figlio minorenne alla madre La decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello di Brescia, il 26 luglio 2011, con incarico ai servizi sociali di regolamentare gli incontri del minore con il padre, da tenersi «con cadenza almeno quindicinale». Inutilmente il padre, mussulmano, si è rivolto ai Supremi Giudici per contestare la decisione, lamentando: - la convivenza della madre con una assistente sociale della comunità per tossicodipendenti in cui, anni prima, era andata a disintossicarsi; - il mancato espletamento dell’indagine richiesta per «verificare se il nucleo familiare della madre, composto da due donne, tra di loro legate da relazione omosessuale, fosse idoneo, sotto il profilo educativo, ad assicurare l’equilibrato sviluppo del minore in relazione al suo diritto ad essere educato nell’ambito di una famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio»; - la mancata valutazione del «contesto familiare» e delle «ripercussioni sul piano educativo e della crescita» del minore «derivanti dal fatto che la madre aveva una relazione sentimentale» con un’altra donna...; la mancata valutazione del diritto del figlio minore di crescere «secondo i principi educativi e religiosi di entrambi i genitori» e conseguentemente il «contesto religioso e culturale del padre, di religione musulmana». Inutilmente la difesa dell'islamico ha citato, a suffragio della sua tesi, l'art. 29 della Costituzione sui "diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". Di diverso avviso i Giudici di legittimità, secondo cui: -era stato proprio il padre, con la sua condotta violenta nei confronti della compagna della sua ex, ad aver provocato una reazione di turbamento nel minore dal quale, per di più, si era allontanato quando il bimbo aveva appena dieci mesi «sottraendosi anche agli incontri protetti ed assumendo, quindi, un comportamento non improntato a volontà di recupero delle funzioni genitoriali e poco coerente con la stessa richiesta di affidamento condiviso e di frequentazione libera del bambino»; -«il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale» dà «per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare»; e cioè che sia dannoso per un bambino crescere in un contesto familiare gay.