Con l'annotata sentenza la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che le innovazioni introdotte dalla L. n. 54 comportano, oltre agli effetti sostanziali sopraindicati, pure rilevanti problematiche processuali, in quanto forniscono una definitiva autonomia al procedimento di cui all'art. 317 bis c.c., allontanandolo dall'alveo della procedura ex art. 330, 333, 336 c.c. e avvicinandolo, e per certi versi assimilandolo, a quello di separazione e divorzio, con figli minori. Nè si potrebbe obiettare che si mantiene comunque la competenza funzionale del Tribunale per i minorenni e il rito della camera di consiglio: l'ordinamento prevede, ormai con una certa frequenza, la scelta del rito camerale, in relazione a controversie oggettivamente contenziose, per ragioni di celerità e snellezza, primo tra tutti il giudizio di appello nei procedimenti di separazione e divorzio. Il decreto emesso ai sensi dell'art. 317 bis c.c. ha dunque natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà (risolvendo una controversia in atto tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo), e della definitività, con efficacia assimilabile, rebus sic stantibus, a quella del giudicato. Si è ritenuta, in tal senso, la piena ricorribilità per cassazione, nel regime dettato dalla L. n. 54 del 2006, dei provvedimenti emessi dalla Corte di Appello - Sezione per i minorenni, ai sensi dell'art. 317 bis c.c.. Per le medesime ragioni, e con particolare riferimento al carattere contenzioso del procedimento, variamente assimilabile a quello di affidamento dei figli in sede di separazione e divorzio, è da ritenere che, pure nell'ambito delle forme camerali che lo caratterizzano, debbano applicarsi i termini di impugnazione di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 c.p.c.. Nella specie, dunque, rispetto alla statuizione contenuta nel decreto del Tribunale minorile, emessa ai sensi dell'art. 317 bis c.c. l'impugnazione è stata proposta in termini. Il decreto impugnato va pertanto sul punto cassato. Ritiene invece il Collegio di confermare l'orientamento consolidato di questa Corte, in riferimento ai procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c. per i quali, nonostante l'indubbia presenza di caratteri contenziosi (contrasto tra diritti soggettivi) rafforzati ulteriormente dalla L. 149 del 2001, che ha previsto, in tali procedimenti, l'assistenza di un difensore per i genitori e per il minore, appare ancora preminente il profilo di controllo della potestà, nell'interesse dei figli minori, e dunque l'assenza di "decisorietà", e la possibilità di revoca di provvedimenti, anche prescindendo da un mutamento di circostanze, ai sensi dell'art. 742 c.p.c..