In tema di adozione internazionale, gli aspiranti genitori devono manifestare accettazione totale e senza riserve in ordine alle possibili caratteristiche di un ipotetico minore straniero adottando
Corte di Cassazione Civile, I sezione, Ordinanza 28 dicembre 2011, n. 29424
Avv. Maria Martignetti
di Roma, RM
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In tema di adozione internazionale, la legge rimette al giudice il compito di valutare la capacità di entrambi i componenti della coppia di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. La Corte di cassazione, I sezione, con ordinanza 28 dicembre 2011, n. 29424, ha respinto il ricorso del procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna, avverso il rigetto di una domanda di adozione motivato delle riserve espresse dai coniugi in ordine alle possibili caratteristiche di un ipotetico minore straniero adottando: - no a religione di origine diversa da quella cattolica; - no a bambini figli di pazienti psichiatrici; - no ad un bambino di origine rom per le difficoltà di carattere che renderebbero difficile imporsi ed assumere posizioni diverse; - perplessità rispetto ad un bambino di colore. Il Giudice di secondo grado ha ritenuto, in particolare, che tali preclusioni denotavano un atteggiamento spaventato e difensivo dei coniugi di fronte a incognite che nella adozione (possibili se non altamente probabili) e che invece non possono sussistere affinché possa esservi quella accettazione totale e senza riserve, che è il presupposto necessario per un buon incontro adottivo. L'adozione non è per tutti. Se si vuole adottare un bimbo, ciò che deve muovere all’adozione è un sentimento di solidarietà, è la seria e meditata intenzione di allevare un bambino rimasto solo e bisognoso di una famiglia, senza preclusioni di religione, senza riserve sull’etnia del bambino, senza timori sulle tare genetiche.
La Corte,
A) rilevato che è stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:
«Il relatore, cons. Stefano Schirò, esaminati gli atti, osserva:
1. La Corte di appello di Bologna, con decreto 7 luglio 2010, ha rigettato il reclamo proposto da D.M. e C.M. avverso il decreto 19 gennaio 2010, con il quale il Tribunale per minorenni dell’Emilia Romagna ha rigettato la domanda di idoneità all’adozione internazionale dai medesimi proposta.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna.
Le altre parti non hanno svolto difese.
Il ricorso può essere trattato in camera li consiglio, in applicazione degli artt, 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere rigettato per manifesta infondatezza.
3. La Corte di appello ha fondato la sua decisione sulle preclusioni, manifestate dai coniugi ed emerse dal verbale della loro audizione davanti al tribunale per i minorenni, sulle possibili caratteristiche di un ipotetico minore straniero adottando: no a religione di origine diversa da quella cattolica; no a bambini figli di pazienti psichiatrici; no ad un bambino di origine rom per le difficoltà di carattere che renderebbero difficile imporsi ed assumere posizioni diverse, perplessità rispetto ad un bambino di colore. Ha ritenuto in particolare che tali preclusioni denotassero un atteggiamento spaventato e difensivo dei coniugi di fronte a incognite che nella adozione sono possibili se non altamente probabili e che invece non possono sussistere affinché possa esservi quella accettazione totale e senza riserve che è il presupposto necessario per un buon incontro adottivo.
Con tale argomentazione, attinente alla valutazione di inidoneità dei coniugi a farsi carico dei minori da adottare, la corte di appello ha fondato la propria decisione in sostanziale conformità all’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di adozione internazionale, in virtù del rinvio, operato dall’art. 30 della legge 11. 184 del 1983, all’art. 6 della stessa legge, la declaratoria di idoneità degli aspiranti adottanti presuppone l’esame, da parte del giudice, della sussistenza dei requisiti posti dal predetto art. 6 e quindi anche della idoneità dei coniugi a educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare (Cass. 2001/3489).
Applicando tale principio alla fattispecie dedotta, la Corte di merito, sulla base della motivazione esauriente e immune da vizi logici e alla stregua delle risultanze di causa, ha rigettato il reclamo, confermando la valutazione di inidoneità all’adozione internazionale dei coniugi reclamanti.
4. Con il primo motivo di ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, deducendo genericamente violazione di legge e difetto e/o insufficiente motivazione, non ha offerto elementi idonei a modificare l’enunciato orientamento di questa Corte posto a base del provvedimento impugnato, ma ha sollevato doglianze, non consentite nel giudizio di legittimità, in ordine all’accertamento dei fatti e alla valutazione delle risultanze probatorie compiuti dalla corte territoriale, senza dedurre specifici vizi di motivazione, ma prospettando soltanto una diversa interpretazione dei fatti accertati ed una differente valutazione delle risultanze processuali, tra l’altro equivocando sul significato della decisione criticata, che ha fatto riferimento, non alle caratteristiche eventuali del minore, come ritenuto dal ricorrente, ma proprio alla inidoneità del nucleo familiare degli adottanti, per le preclusioni da loro manifestate su determinate caratteristiche del minore da adottare. Ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione del disposto dell’art. 360 bis, comma 1, c.p.c.
5. Il rigetto del primo motivo determina l’inammissibilità del secondo motivo, con cui si critica l’ulteriore argomentazione contenuta nel provvedimento impugnato e riferita alle condizioni di salute della signora M. atteso che, in presenza di due autonome rariones decidendi, ognuna delle quali sufficiente da sola a sorreggere la decisione, l’eventuale accoglimento della seconda rartio non comporterebbe l’annullamento del provvedimento impugnato, che resterebbe fermo sulla base della prima ratio ritenuta corretta (Cass. 2001/5493;2002/3965;2006/12372).
B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;
ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che nulla deve disporsi in ordine alle spese processuali, non avendo gli intimati svolto attività difensiva;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
lo caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del d. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
Depositata in Cancelleria il 28.12.2011
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