In tema di adozione internazionale, la legge rimette al giudice il compito di valutare la capacità di entrambi i componenti della coppia di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. La Corte di cassazione, I sezione, con ordinanza 28 dicembre 2011, n. 29424, ha respinto il ricorso del procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna, avverso il rigetto di una domanda di adozione motivato delle riserve espresse dai coniugi in ordine alle possibili caratteristiche di un ipotetico minore straniero adottando: - no a religione di origine diversa da quella cattolica; - no a bambini figli di pazienti psichiatrici; - no ad un bambino di origine rom per le difficoltà di carattere che renderebbero difficile imporsi ed assumere posizioni diverse; - perplessità rispetto ad un bambino di colore. Il Giudice di secondo grado ha ritenuto, in particolare, che tali preclusioni denotavano un atteggiamento spaventato e difensivo dei coniugi di fronte a incognite che nella adozione (possibili se non altamente probabili) e che invece non possono sussistere affinché possa esservi quella accettazione totale e senza riserve, che è il presupposto necessario per un buon incontro adottivo. L'adozione non è per tutti. Se si vuole adottare un bimbo, ciò che deve muovere all’adozione è un sentimento di solidarietà, è la seria e meditata intenzione di allevare un bambino rimasto solo e bisognoso di una famiglia, senza preclusioni di religione, senza riserve sull’etnia del bambino, senza timori sulle tare genetiche.