Per la Corte, quindi, le persone dello stesso sesso conviventi in stabile relazione di fatto sono titolari del diritto alla «vita familiare» ex art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; nell’esercizio di tale diritto inviolabile possono adire il giudice per rivendicare, un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. La strada, comunque, era stata aperta dalla sentenza della Corte cost. n. 138 del 2010, nella quale per la prima volta il giudice costituzionale ha affrontato la controversa questione delle unioni e dei matrimoni omosessuali nel nostro ordinamento; essa riconosce «un diritto fondamentale fondato sull'art. 2 Cost., che gode, come tale, degli attributi connessi di inviolabilità, assolutezza, indisponibilità» conseguentemente essa chiama «innanzitutto il legislatore» a dare a tale diritto «un contenuto organico».