La Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, con la sentenza n. 7929 del 01.03.2011 ha dichiarato inammissibile il ricorso di Tizio avverso l’ordinanza con la quale Tribunale del Riesame di Messina ha rigettato la richiesta di riesame della misura catuelare di custodia in carcere applicata dal GIP del posto – disposta per i delitti di maltrattamenti e lesioni volontarie aggravate da parte di Tizio nei confronti di Caia, con la quale l’uomo aveva una relazione -. Il ricorso è fondato su un unico motivo: Tizio continua a convivere con moglie e figli nella casa coniugale, per cui la relazione extraconiugale con Caia non è mai sfociata nello “stabile rapporto di comunità familiare” che fa sorgere rapporti ed obblighi di solidarietà ed assistenza reciproci; pertanto, nella fattispecie non ricorrono gli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti in famiglia. La Suprema Corte ha ritenuto che il motivo del ricorso “deduce in termini del tutto generici ed apodittici una censura di stretto merito, afferente la possibilità di ricostruire il rapporto tra (OMISSIS) e la persona offesa in termini di relazione stabile, rilevante per la configurabilità del reato di cui all’art. 572 c.p.p. (maltrattamenti in famiglia), tema che risulta espressamente trattato, argomentato ed allo stato risolto in senso differente con specifica motivazione contenuta già nell’ordinanza originaria, che integra – stante il comune dispositivo – l’ordinanza del Riesame”; in poche parole, i Giudici di legittimità hanno ritenuto accertata e ben motivata nell’ordinanza del GIP (condivisa dal Tribunale del Riesame), la circostanza che Tizio aveva con Caia una relazione stabile e duratura, nonostante il perdurare della convivenza con moglie e figli. E’ utile precisare che l’illecito previsto dall’art. 572 c.p.p. si configura allorquando tra l’agente e la vittima si sia instaurato un rapporto stabile e duraturo (assimilabile alle consuetudini familiari), che fa sorgere reciproci doveri e obblighi di assistenza; elemento costitutivo del reato di maltrattamenti in famiglia è proprio la violazione di questi doveri. Per i motivi sopra citati, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Tizio, condannando quest’ultimo al pagamento delle spese processuali e dell’importo di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Roma, 02.03.2011 Avv. Daniela Conte RIPRODUZIONE RISERVATA