La fallibilità "in estensione" del socio a responsabilità illimitata.
Novità dal fronte dell'art. 147, comma 2° legge fallimentare - Commento alla Sentenza del Tribunale di La Spezia del 30/6/2000
Avv. Giulio Pasanisi
di Roma, RM
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La fallibilità "in estensione" del socio a responsabilità illimitata. Novità dal fronte dell'art. 147, comma 2° legge fallimentare di Giulio Pasanisi 25 settembre 2000 - Una pronuncia del Tribunale di La Spezia, recante la data del 30 giugno 2000, ha riaperto la querelle sui limiti temporali di applicabilità del 2° comma dell'art. 147 L.F., dopo che, in una recente decisione, la Corte Costituzionale aveva avuto modo di chiarire, in maniera
Novità dal fronte dell'art. 147, comma 2° legge fallimentare
di Giulio Pasanisi
25 settembre 2000 - Una pronuncia del Tribunale di La Spezia, recante la data del 30 giugno 2000, ha riaperto la querelle sui limiti temporali di applicabilità del 2° comma dell'art. 147 L.F., dopo che, in una recente decisione, la Corte Costituzionale aveva avuto modo di chiarire, in maniera (apparentemente) definitiva, che il fallimento dei soci rispetto ai quali sia venuta meno l'appartenenza alla compagine sociale (per recesso, decesso o esclusione, ma anche cessione di quota societaria) può essere dichiarato "in estensione", soltanto entro il termine di cui agli artt. 10 e 11 l. fall., ovverosia entro un anno dallo scioglimento del loro rapporto sociale. Detta interpretazione troverebbe la sua ragion d'essere, ad avviso della stessa Corte, nell'interesse generale alla certezza delle situazioni giuridiche (Corte Costituzionale 12 marzo 1999 n. 66 ). Il Tribunale, sulla base del presupposto che la richiamata sentenza della Consulta deve considerarsi come sentenza interpretativa di rigetto, vincolante, pertanto, il solo giudice remittente, desume che il giudice, nell'applicare la disposizione, sarebbe libero di proporne un'interpretazione normativa che sia non solo differente rispetto a quella già costituzionalmente censurata, ma anche diversa, rispetto all'interpretazione indicata dalla Corte come aderente al dettato costituzionale. Questa "terza via" viene proposta mediante l'individuazione di un momento definito come "certo" e più consono agli interessi dei creditori, cui ancorare il termine iniziale di decorrenza dell'anno entro il quale può chiedersi il fallimento dell'ex socio illimitatamente responsabile; momento che il Collegio identifica nella cessazione dell'impresa (ritenuto costantemente, in giurisprudenza, il momento dal quale decorre il termine ex art. 10 l. fall. con riferimento all'imprenditore commerciale individuale) quale evento di chiara percezione esterna, dunque senz'altro conoscibile. A detto evento il Tribunale rapporta "analogicamente" (come ipotesi di cessazione "traumatica" dell'impresa) la dichiarazione di fallimento della società commerciale. Questa considerazione preliminare permetterebbe allora di ritenere che la decorrenza del termine annuale per la dichiarazione del fallimento "in estensione" ex art. 147, comma 2, l. fall. del socio receduto, deve decorrere non dal momento del recesso del socio, bensì dalla dichiarazione di fallimento della società. Per il resto, il Collegio aderisce all'interpretazione che ritiene applicabile ai soci uscenti l'art. 147 l. fall., equiparando l'ipotesi della cessione di quote a quella del recesso del socio ed enucleando come presupposto del fallimento in estensione la qualità di socio illimitatamente responsabile , presente nel momento in cui la società si trovava nelle condizioni per essere dichiarata fallita. Il Tribunale di La Spezia, in definitiva, rivendica a sé una piena capacità interpretativa delle disposizioni legislative, riconoscendo alla sentenza della Corte Costituzionale un semplice valore persuasivo, dunque liberamente apprezzabile da parte del giudice comune. Nessun dubbio sull'ammissibilità di questo potere da parte del giudice, essendo le sentenze interpretative di rigetto incentrate, per così dire, su opzioni interpretative alternative ; ciò non significa, tuttavia, che esse non abbiano un qualche valore, risultando espressione del generale principio di unità sistematica dell'intero ordinamento. Detto principio richiede che alle disposizioni legislative sia attribuito il significato normativo che ne consenta l'armonica integrazione con i contenuti costituzionali, adeguando le prime ai secondi. Occorrerà pertanto verificare la coerenza dell'interpretazione proposta con il principio espresso nell'art. 3 Cost., con riferimento alla ritenuta "analoga" situazione dell'imprenditore commerciale individuale il quale abbia cessato l'attività, rispetto a quella del fallimento della società d'appartenenza dell'ex socio receduto. Ciò che non convince appieno è, infatti, la disparità tra la situazione dell'imprenditore individuale, che avrà la certezza di non essere più assoggettabile a procedura fallimentare una volta trascorso l'anno e l'incertezza del socio uscente di società commerciale. Se l'interpretazione proposta dal Tribunale di La Spezia dovesse prendere piede, per il dichiarato scopo di maggior tutela degl'interessi creditori, allora, perché siano contemperate le opposte esigenze dell'ex socio, sarebbe auspicabile una necessaria, rigorosa e puntuale verifica del nesso di derivazione causale tra le obbligazioni sociali assunte prima del recesso e lo stato d'insolvenza cui è legato il successivo fallimento societario, evitando inopportune estensioni "automatiche".
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