Separazione e affido dei figli: non possono essere divisi
Commentatore esperto
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Cass. civ., sez. I, ord., 24 maggio 2018, n. 12957; Bisogni Presidente rel.
La tutela del diritto fondamentale di sorellanza e
fratellanza impone che, in caso di separazione dei genitori, i fratelli e le sorelle debbano essere collocati presso il medesimo genitore, salvo che emerga la contrarietà in concreto di
tale collocamento al loro interesse.
Tribunale di Roma, nel giudizio di separazione fra i coniugi S.F. e Su.Vi. ha emesso
sentenza n. 20755/2013 con la quale ha respinto le reciproche domande di addebito, ha
affidato la figlia E.S., nata il (OMISSIS) ai servizi sociali, ha disposto la sua residenza
prevalente presso il padre regolando la frequentazione con la madre e ponendo a carico di
quest'ultima un contributo mensile al mantenimento della figlia di 300 Euro oltre al 50%
delle spese straordinarie. Il Tribunale ha inoltre condannato la S. ex art. 709 ter c.p.c., al
pagamento di 1.000 Euro in favore della Cassa Ammende e ha ammonito i genitori a tenere
comportamenti di maggiore cooperazione nell'interesse della minore.
2. La sentenza è stata appellata da entrambi i coniugi che hanno insistito nelle reciproche
domande di addebito della separazione. La S. ha chiesto che fosse disposto l'affidamento
condiviso della figlia con fissazione della sua residenza principale presso di sè e
imposizione al Su. di un contributo mensile al mantenimento della figlia, pari a 1.000 Euro
oltre al 50% delle spese straordinarie. Ha chiesto infine la revoca della sanzione irrogata ex
art. 709 ter c.p.c.. Il Su. ha chiesto l'elevazione a 580 Euro del contributo mensile al
mantenimento della figlia a carico della S. e la sua condanna alla restituzione di quanto
corrisposto durante il giudizio di primo grado a titolo di assegno di mantenimento poi
revocato. Ha proposto domanda di condanna della controparte ai sensi dell'art. 96 c.p.c..
3. La Corte di appello di Roma ha accolto la domanda del Su. di condanna della S. alla
restituzione della somma di 6.000 Euro, percepita, a titolo di assegno di mantenimento, nel
corso del giudizio di primo grado. Ha respinto le domande proposte, nel corso del giudizio
di appello, dalla S. ex art. 709 ter c.p.c., e art. 330 c.c., e la domanda di condanna ex art. 96
c.p.c., proposta dal Su.. Ha compensato le spese del giudizio di appello.
4. Ricorre per cassazione S.F. che, con sette motivi di impugnazione, lamenta la mancata
nomina di un curatore speciale della minore in presenza di un rilevante conflitto tra i
genitori (primo motivo), la mancata audizione della minore da parte del giudice e la non
considerazione della volontà da lei espressa di abitare con la madre e la sorella, volontà
valorizzata dal consulente tecnico che ha ritenuto la madre il genitore più attento ai bisogni
della figlia e ha riscontrato un deciso peggioramento delle condizioni della minore che
impongono urgentemente un intervento psicoterapeutico per contrastare la tendenza alla
depressione come conseguenza della separazione dalla madre e dalla sorella (motivi dal
secondo al sesto). Infine la ricorrente, con il settimo motivo, censura la condanna alla
ripetizione della somma di 6.000 Euro perchè contraria ai principi giurisprudenziali in tema
di ripetibilità delle somme percepite a titolo di assegno di mantenimento, in base a
provvedimenti presidenziali revocati nel successivo corso del giudizio. In questa prospettiva
ha evidenziato la modestia dell'importo dell'assegno di mantenimento di 400 Euro mensili
percepito (dal giugno 2007 all'agosto 2008) sino a quando non ha avuto una occupazione
lavorativa stabile.
5. Si difende con controricorso Su.Vi..
La tutela del diritto fondamentale di sorellanza e
fratellanza impone che, in caso di separazione dei genitori, i fratelli e le sorelle debbano essere collocati presso il medesimo genitore, salvo che emerga la contrarietà in concreto di
tale collocamento al loro interesse.
Tribunale di Roma, nel giudizio di separazione fra i coniugi S.F. e Su.Vi. ha emesso
sentenza n. 20755/2013 con la quale ha respinto le reciproche domande di addebito, ha
affidato la figlia E.S., nata il (OMISSIS) ai servizi sociali, ha disposto la sua residenza
prevalente presso il padre regolando la frequentazione con la madre e ponendo a carico di
quest'ultima un contributo mensile al mantenimento della figlia di 300 Euro oltre al 50%
delle spese straordinarie. Il Tribunale ha inoltre condannato la S. ex art. 709 ter c.p.c., al
pagamento di 1.000 Euro in favore della Cassa Ammende e ha ammonito i genitori a tenere
comportamenti di maggiore cooperazione nell'interesse della minore.
2. La sentenza è stata appellata da entrambi i coniugi che hanno insistito nelle reciproche
domande di addebito della separazione. La S. ha chiesto che fosse disposto l'affidamento
condiviso della figlia con fissazione della sua residenza principale presso di sè e
imposizione al Su. di un contributo mensile al mantenimento della figlia, pari a 1.000 Euro
oltre al 50% delle spese straordinarie. Ha chiesto infine la revoca della sanzione irrogata ex
art. 709 ter c.p.c.. Il Su. ha chiesto l'elevazione a 580 Euro del contributo mensile al
mantenimento della figlia a carico della S. e la sua condanna alla restituzione di quanto
corrisposto durante il giudizio di primo grado a titolo di assegno di mantenimento poi
revocato. Ha proposto domanda di condanna della controparte ai sensi dell'art. 96 c.p.c..
3. La Corte di appello di Roma ha accolto la domanda del Su. di condanna della S. alla
restituzione della somma di 6.000 Euro, percepita, a titolo di assegno di mantenimento, nel
corso del giudizio di primo grado. Ha respinto le domande proposte, nel corso del giudizio
di appello, dalla S. ex art. 709 ter c.p.c., e art. 330 c.c., e la domanda di condanna ex art. 96
c.p.c., proposta dal Su.. Ha compensato le spese del giudizio di appello.
4. Ricorre per cassazione S.F. che, con sette motivi di impugnazione, lamenta la mancata
nomina di un curatore speciale della minore in presenza di un rilevante conflitto tra i
genitori (primo motivo), la mancata audizione della minore da parte del giudice e la non
considerazione della volontà da lei espressa di abitare con la madre e la sorella, volontà
valorizzata dal consulente tecnico che ha ritenuto la madre il genitore più attento ai bisogni
della figlia e ha riscontrato un deciso peggioramento delle condizioni della minore che
impongono urgentemente un intervento psicoterapeutico per contrastare la tendenza alla
depressione come conseguenza della separazione dalla madre e dalla sorella (motivi dal
secondo al sesto). Infine la ricorrente, con il settimo motivo, censura la condanna alla
ripetizione della somma di 6.000 Euro perchè contraria ai principi giurisprudenziali in tema
di ripetibilità delle somme percepite a titolo di assegno di mantenimento, in base a
provvedimenti presidenziali revocati nel successivo corso del giudizio. In questa prospettiva
ha evidenziato la modestia dell'importo dell'assegno di mantenimento di 400 Euro mensili
percepito (dal giugno 2007 all'agosto 2008) sino a quando non ha avuto una occupazione
lavorativa stabile.
5. Si difende con controricorso Su.Vi..
- Leggi la sentenza -
La prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una separazione fra coniugi in cui uno dei figli minori veniva affidato ai servizi sociali con residenza prevalente presso il padre.
La madre ricorreva in Cassazione per la mancata audizione della minore affinché fosse presa in considerazione la volontà di quest’ultima di andare a vivere con la madre e la sorella.
La Cassazione, spiegato la differenza tra l’ascolto diretto del minore da parte del giudice e l’audizione differita a un consulente o al personale dei servizi sociali.
In particolare, la Corte ha chiarito che “l’ascolto è infatti una relazione tendenzialmente diretta fra il giudice e il minore che dà spazio, all’interno del processo, alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda. La consulenza, se pure si avvale preferibilmente di un ascolto diretto da parte di uno specialista, è un’indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali in primo luogo la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.
Ciò comporta che il giudice deve motivare le ragioni per cui ritiene il minore infra-dodicenne incapace di discernimento, se decide di non disporre l’ascolto, così come deve motivare perchè ritiene l’ascolto effettuato nel corso delle indagini peritali idoneo a sostituire un ascolto diretto ovvero un ascolto demandato a un esperto al di fuori del contesto relativo allo svolgimento di un incarico peritale“.
Nel caso in esame vi è stata una chiara volontà espressa dalla figlia di
convivere con la madre e con la sorella con la quale ha un rapporto affettivo importante e di
reciproco sostegno. Tale volontà è stata apprezzata dal consulente che ha ritenuto il legame
con la sorella il maggior riferimento affettivo e stabilizzante per E.S., sulla base di una
valutazione psicologica che si aggiunge alla condivisibile considerazione generale del PG
circa la necessità di preservare nelle separazioni la conservazione del rapporto fra fratelli e
sorelle e di non adottare provvedimenti di affidamento che comportino la loro separazione
se non per ragioni ineludibili e, comunque, sulla base di una motivazione rigorosa che
evidenzi il contrario interesse del minore alla convivenza. In questa prospettiva, sia
normativa (che trova la sua fonte nel quadro legislativo nazionale e nelle convenzioni
internazionali specificamente nell'art. 8 della C.E.D.U.) sia riferibile a un sapere
extragiuridico, quale è quello di cui si è avvalsa, nel caso in esame, la Corte di appello,
mediante la consulenza, la prescrizione normativa dell'ascolto del minore richiede una
valorizzazione sostanziale del punto di vista del minore ai fini della decisione che lo
concerne. Si impone in questi casi pertanto una rigorosa verifica della contrarietà al suo
interesse, come condizione necessaria per disattenderle, delle valutazioni e aspirazioni
espresse dal minore nel corso dell'ascolto. La Corte, concludendo, ha cassato la sentenza impugnata rinviando tutto alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione per prendere le decisioni del caso tenendo conto delle indicazioni di cui all’ordinanza.
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Vincenzo Strozzieri, laureatosi presso l’Università degli Studi di Teramo, è uno dei soci fondatori dello studio SPS.
Nato a S.Benedetto del Tronto (AP) il 03.10.1973, ha maturato esperienza nell'amb...
Avvocato iscritto all'Albo dal 1991. Istritto nell'Albo Speciale dei Cassazionisti.
Da oltre un decennio Consigliere dell'Ordine presso il Consiglio Distrettuale degli Avvocati di Catanzaro sino all...