"La violazione di quei doveri coniugali non trova necessariamente la propria sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quali la sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale nel caso di allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare ai sensi dell’art. 146 cod. civ., l’addebito della separazione, con i suoi riflessi in tema di perdita del diritto all’assegno e dei diritti successori, il divorzio e il relativo assegno, con gl’istituti connessi. Discende infatti dalla natura giuridica degli obblighi su detti che il comportamento di un coniuge non soltanto può costituire una causa di separazione o di divorzio, ma può anche, ove ne sussistano tutti i presupposti secondo le regole generali, integrare gli estremi di un illecito civile. I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi su detti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di risarcimento relativa a detti danni. Con specifico riferimento al caso di specie, in cui la condotta illecita in relazione alla quale è chiesto il risarcimento del danno è costituita dalla violazione del dovere di fedeltà nascente dal matrimonio, va specificamente osservato quanto segue. Nel vigente diritto di famiglia, contrassegnato dal diritto di ciascun coniuge, a prescindere dalla volontà o da colpe dell’altro, di separarsi e divorziare, in attuazione di un diritto individuale di libertà riconducibile all’art. 2 della Costituzione, ciascun coniuge può legittimamente far cessare il proprio obbligo di fedeltà proponendo domanda di separazione, ovvero, ove ne sussistano i presupposti, direttamente di divorzio. Con il matrimonio, infatti, secondo la concezione normativamente sancita del legislatore, i coniugi non si concedono un irrevocabile, reciproco ed esclusivo “ius in corpus” - da intendersi come comprensivo della correlativa sfera affettiva valevole per tutta la vita, al quale possa corrispondere un ‘diritto inviolabile” di ognuno nei confronti dell’altro, potendo far cessare ciascuno i doveri relativi in ogni momento con un atto unilaterale di volontà espresso nelle forme di legge. Nell’ottica di tale assetto normativo, se l’obbligo di fedeltà viene violato in costanza di convivenza matrimoniale, la sanzione tipica prevista dall’ordinamento è costituita dall’addebito con le relative conseguenze giuridiche, ove la relativa violazione si ponga come causa determinante della separazione fra i coniugi, non essendo detta violazione idonea e sufficiente di per sé a integrare una responsabilità risarcitoria del coniuge che l’abbia compiuta, né tanto meno del terzo, che al su detto obbligo è del tutto estraneo. In particolare, quanto alla responsabilità per danni non patrimoniali, ai quali è limitato il tema del decidere, sulla base dei principi già sopra esposti, perché possa sussistere una responsabilità risarcitoria, accertata la violazione del dovere di fedeltà, al di fuori dell’ipotesi di reato dovrà accertarsi anche la lesione, in conseguenza di detta violazione, di un diritto costituzionalmente protetto. Sarà inoltre necessaria la prova del nesso di causalità fra detta violazione ed il danno, che per essere a detto fine rilevante non può consistere nella sola sofferenza psichica causata dall’infedeltà e dalla percezione dell’offesa che ne deriva - obbiettivarnente insita nella violazione dell’obbligo di fedeltà - di per sé non risarcibile costituendo pregiudizio derivante da violazione di legge ordinaria, ma deve concretizzarsi nella compromissione di un interesse costituzionalmente protetto. Evenienza che può verificarsi in casi e contesti del tutto particolari, ove si dimostri che l’infedeltà, per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge (lesione che dovrà essere dimostrata anche sotto il profilo del nesso di causalità). Ovvero ove l’infedeltà per le sue modalità abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell’offesa di per sé insita nella violazione dell’obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto". La corte precisa anche che "in relazione ai su detti principi deve darsi risposta positiva al quesito posto dalla ricorrente, con il quale si è chiesto a questa Corte di affermare che la mancanza di addebito della separazione non è preclusiva di separata azione per il risarcimento dei danni prodotti dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e riguardanti diritti costituzionalmente protetti. Fermo restando che, la mera violazione dei doveri matrimoniali, o anche la pronuncia di addebito della separazione, non possono di per sé ed automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria, dovendo, in particolare, quanto ai danni non patrimoniali, riscontrarsi la concomitante esistenza di tutti i presupposti ai quali l’art. 2059 cod. civ riconnette detta responsabilità, secondo i principi da ultimo affermati nella sentenza 11 novembre 2008, n. 26972 delle Sezioni Unite, la quale ha ricondotto sotto la categoria e la disciplina dei danni non patrimoniali tutti i danni risarcibili non aventi contenuto economico e, quindi, entrambi i tipi di danno in relazione ai quali è stata formulata la domanda dell’odierna ricorrente".