Il Tribunale di Napoli, pendente un giudizio di separazione, esamina uno dei primi casi di richiesta di rimozione delle immagini di un marito dal profilo facebook della moglie e approfondisce la tematica del diritto all'immagine e alla riservatezza alla luce dei nuovi strumenti tecnologici. Un marito, pendente un procedimento di separazione dalla moglie, ricorreva al giudice al fine di richiedere l’adozione del provvedimento di urgenza ex art. 700 di rimozione delle fotografie inserite dalla stessa sul proprio profilo facebook ed il risarcimento del danno. Le fotografie riprendevano marito e moglie in atteggiamenti affettuosi in luoghi di vacanze o ricorrenze familiari. Il giudice ha ritenuto sussistente nel caso in esame sia il fumus boni iuris sia il periculum in mora. La moglie, infatti, attraverso la pubblicazione delle sopra citate fotografie ha violato la normativa in materia di diritto all’immagine (art. 10 c.c.; art. 96-97 della legge 22 aprile 1941, n. 633) in quanto ha pubblicato le fotografie senza il consenso della persona ritratta: il marito. Il sopra citato art. 96 della legge 633/1941 prevede, infatti, che «Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa». Il successivo art. 97 della legge 633/1941 prevede delle ipotesi eccezionali e tassative alla regola del consenso connesse ad esigenze di interesse pubblico all’immagine, al diritto di informazione: «Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata». Secondo il giudice il ricorrente ha prestato il suo consenso alla riproduzione della fotografia ma non alla pubblicazione delle stesse. L’inserimento delle fotografie su un socialnetwork equivale, secondo il giudice, ad una “pubblicazione” in quanto potenzialmente idonea a consentire la visione delle fotografie ad un pubblico indifferenziato di utenti a differenza dell’inserimento in un album o in una cornice di casa conservati a casa. La moglie ha sostenuto di avere adottato le misure previste da facebook per limitare la fruizione delle foto solo ad “amici” e non ad un pubblico indifferenziato. Secondo il giudice le sopra citate misure e precauzioni da un lato, non sono state provate dalla resistente e dall’altro lato, sono inoltre facilmente aggirabili da parte dei navigatori più esperti. Il giudice inoltre ha osservato come occorrerebbe verificare il numero degli amici della resistente su facebook e ha specificato come lo stesso numero sia facilmente incrementabile nel tempo. Le fotografie sopra citate non costituivano una lesione dell’onore della persona ma la pubblicazione delle fotografie su internet, secondo il giudice, è in grado di aggravare, rispetto all’utilizzo di qualsiasi altro mezzo, la violazione del diritto all’immagine. Il giudice ha ritenuto sussistente il periculum in mora in quanto il diritto del ricorrente potrebbe essere pregiudicato in modo irreversibile dall’attesa della definizione del giudizio di merito. Il giudice ha pertanto condannato la resistente a rimuovere le fotografie da facebook. L’ordinanza conferma l’interpretazione rigorosa del consenso al ritratto e all’immagine: il diritto all’immagine è, infatti, un diritto assoluto che non può essere oggetto di utilizzo da parte di soggetti terzi senza il consenso dell’interessato. L’ordinanza in esame è molto interessante in quanto il giudice ha cercato di interpretare la normativa sul diritto all’immagine alla luce delle nuove tecnologie e dell’utilizzo dei social media ma non approfondisce tuttavia il profilo del diritto alla protezione dei dati personali/privacy in quanto richiama semplicemente che l’immagine è un riflesso della riservatezza. L’immagine di una persona è un dato personale definito ai sensi dell’art. 4, primo comma lett. b del D.Lgs. 196 del 2003 “Codice della privacy” come «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale». Il dato personale come tale può essere trattato solo con il consenso espresso dell’interessato (e è ammesso il consenso tacito o implicito che è invece ammesso per il diritto all’immagine! V. per approfondimenti Trib. Roma 12 marzo 2004). Il giudice ha evidenziato come Facebook non abbia specificato ai propri iscritti che la pubblicazione delle immagini senza il consenso della persona anche nella c.d. zona riservata costituisca una violazione della legge italiana. Secondo il giudice il sopra citato socialmedia non ha pertanto dimostrato attenzione e sensibilità ai valori sottesi alla norma. In realtà il sopra citato social media ha previsto, nel corso degli anni, una serie di accorgimenti: dal 31 agosto 2013 Facebook ha modificato i propri termini di utilizzo e prevede che nel momento della pubblicazione dei contenuti, l’utente possa decidere, chi può fruire degli stessi contenuti attraverso molteplici opzioni (Amici; solo io; personalizza). Il social media può tuttavia in ogni momento modificare tali condizioni di utilizzo in modo unilaterale e senza avvertire gli utenti! I sopra citati aspetti rendono particolarmente complesso e difficile la tutela dell’immagine e della protezione dei dati personali/privacy. Occorre da un lato sensibilizzare gli utenti nell’utilizzo dei social media, il Garante per la Protezione dei dati personali ha recentemente pubblicato nel maggio 2014 un vademecum ad oggetto: “Social Privacy. Come tutelarsi nella società dei socialmedia” e promosso alcuni video tutorial on line virali in materia. Nel sopra citato vademecum del Garante per la protezione dei dati personali si approfondisce, a pag. 10 anche il profilo delle fotografie: e viene specificato che : «Quando metti on-line la fotodi un tuo amico o di un familiare, quando lo “tagghi” (inserisci, ad esempio, il suo nome e cognome su quella foto), domandati se stai violando la sua privacy. Nel dubbio chiedigli il consenso. Non lasciarti trascinare dagli hater, dai troll, nel gioco perverso dei gruppi “contro qualcuno”: la prossima volta potresti essere tu la vittima.» Nel relativo glossario al documento del Garante si approfondisce anche il profilo dei tag “Attribuire una “etichetta virtuale” (tag) a un file o a una parte di file (testo, audio, video, immagine). sui social network, e si specifica che si dice che «sei stato taggato quando qualcuno ha attribuito il tuo nome/cognome a un volto presente in una foto messa on-line. Di conseguenza, se qualcuno cerca il tuo nome, appare la foto indicata». L’azione di informazione del Garante è preziosa in quanto pochi utenti leggono i termini e condizioni di utilizzo dei social media e conoscono la funzione “opzione” di facebook che si attiva selezionando la fotografia e che consente la rimozione dei tag dalla stessa. Sono tuttavia pochissimi gli utenti di Facebook che attivano la funzione “controllo sui tag” per rivedere i tag che gli amici aggiungono ai propri contenuti prima che vengano visualizzati su Facebook e che consente di controllare il tag anche nel caso in cui quando qualcuno che non sia fra i propri amici aggiunga un tag a uno dei propri post. Il social media ha inoltre in realtà attivato alcuni strumenti per tutelare la privacy e l’immagine in via esemplificativa che possono essere attivati dagli utenti ma tali strumenti non sono adeguatamente conosciuti. L’ordinanza in oggetto si inserisce nella cornice del diritto all’oblio, il diritto di richiedere la rimozione dei propri dati personali, oggetto di diverse recenti sentenze, diritto che sarà definito e potenziato nel nuovo testo del regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali. La libertà di internet può renderci meno liberi se non si è consapevoli non solo delle straordinarie opportunità di tale strumento ma anche dei possibili rischi per i nostri diritti (immagine; protezione dei dati personali; identità, libertà di espressione) e se non si attivano nuove concrete ed efficaci forme di tutela della nostra privacy non solo più ex post (come per ordine di un giudice).