La separazione di fatto impedisce al coniuge straniero l’acquisto della cittadinanza ?
Cassazione Civile Sez. I Ordinanza 4819 del 24.02.2020
Avv. Michele Corbosiero
di roma
Letto 445 volte dal 08/05/2020
La separazione personale dei coniugi costituisce condizione ostativa all'acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, ma non anche la separazione di fatto, ai sensi dell'art. 5, comma 1, della I. n. 91 del 1992, così come modificato dall'art. 1, comma 11, della I. n. 94 del 2009, in assenza di matrimonio fittizio e del venir meno della maritalis affectio.
trova origine nel matrimonio contratto tra un cittadino straniero ed una italiana, i quali avevano dapprima convissuto per anni e quindi, a distanza di oltre 9 anni, deciso di separare la propria residenza: la moglie l’aveva mantenuta nell’immobile nel quale i due coniugi avevano convissuto, il marito, invece si era stabilmente trasferito in un diverso Comune all’interno della medesima Regione, cessando così, di fatto il loro regime di convivenza. Successivamente a quest’ultima modifica, il marito, cittadino straniero aveva richiesto alla Prefettura competente il riconoscimento della propria cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 5 della L. 91 del 1992.
L’Autorità amministrativa, tuttavia, aveva emesso un provvedimento di diniego, sulla base della separazione, di fatto intervenuta tra i coniugi, come attestata non solo dalla modifica della residenza dei due, stabilita in luoghi diversi, ma anche dal fatto che i medesimi non avessero mai negato che tale separazione fosse intervenuta, sia pure solo in fatto.
Il Ministero dell'Interno sosteneva la legittimità del provvedimento di diniego, sulla base dell'articolo 5 comma 1 della legge n 91 del 1992, il quale richiederebbe quale requisito indispensabile la sussistenza e la permanenza di uno stabile ed effettivo rapporto matrimoniale caratterizzato da stabilità, al quale sarebbe inscindibilmente legato il requisito della effettiva convivenza dei coniugi.
Contro il provvedimento di diniego, il cittadino straniero cui era stata negata la cittadinanza italiana, aveva citato in giudizio il Ministero dell’Interno e la competente Prefettura al fine di ottenere il riconoscimento della cittadinanza, ottenendo l’accoglimento della propria domanda ed anche il successivo giudizio di appello, intentato dal Ministero e rigettati dalla Corte di Appello, aveva confermato le buone ragioni del richiedente.
Il caso quindi, per effetto del ricorso depositato dal Ministero dell’Interno e dalla competente Prefettura, giungeva all’attenzione della Corte di Cassazione.
La soluzione:
La Cassazione, con l’ordinanza in commento, riconoscendo come nei fatti ricostruiti dal giudice di merito non sussistesse nessun elemento tale da consentire di ritenere che il matrimonio fosse stato fittiziamente celebrato e neppure che fosse comunque cessata la c.d. maritalis affectio, ha ritenuto di confermare un precedente orientamento già sviluppatosi nel 2017, sulla base del quale “… la separazione di fatto dello straniero che abbia richiesto la cittadinanza italiana in forza di un matrimonio precedentemente contratto, non costituisce un fatto che ne impedisca il riconoscimento …”. Infatti, la Corte sostiene che sulla base del citato articolo 5 della I. n. 91 del 1992 (come modificato dall'art. 1, comma 11, della I. n. 94 del 2009) solo la separazione personale dei coniugi costituisce condizione ostativa all'acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, non così invece una semplice separazione di fatto che sia intervenuta tra gli stessi.
Tale interpretazione troverebbe, ad avviso della Corte, molteplici conferme, sia nella formulazione del testo dell’articolo 5 citato, il quale, utilizzando esclusivamente l’espressione “separazione personale” quale condizione ostativa all’ottenimento della cittadinanza, si porrebbe nel medesimo filone degli articoli 150, 154 e 155 (quest’ultimo nella sua formulazione precedente alla riforma) del Codice civile, sia nella differenza invece chiaramente individuata tra i termini «separazione personale» e «separazione di fatto» che si ritrova nel regime giuridico delle adozioni. Infatti, l'art. 6 della I. n. 184 del 1983 stabilendo che tra i coniugi che intendono procedere all'adozione non deve essere intervenuta negli ultimi tre anni separazione personale, neppure di fatto, conferma la diversità delle due tipologie di allontanamento dei coniugi.
In conclusione, se il legislatore avesse voluto considerare ostativo all’acquisto della cittadinanza dello straniero anche la semplice separazione di fatto, ben avrebbe avuto la possibilità di farlo, in maniera espressa, come p.e. nell’ambito della normativa dedicata alle adozioni, il fatto che così non sia stato depone in maniera decisiva verso l’esclusione della volontà di prevedere che la separazione di fatto costituisca elemento ostativo all’ottenimento della cittadinanza, ferma beninteso la sussistenza di tutti gli altri requisiti stabiliti.
La Corte, quindi, conferma che al cittadino straniero che abbia richiesto la cittadinanza italiana, questa non può essere negata per il solo fatto che tra i coniugi sia successivamente intercorsa una separazione di fatto e che il tenore letterale dell’articolo 5 in questione vada pertanto interpretato nel suo senso più letterale ed in qualche modo restrittivo.
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