In tema di legittimazione attiva a richiedere un incremento dell'assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni, si deve applicare anche alle cause di divorzio in corso al momento dell'entrata in vigore della L.54/06 l'art.155 quinquies c.c., introdotto dalla cit. legge e, pertanto, deve ritenersi sussistente la legittimazione esclusiva al figlio maggiorenne relativamente alla siffatta pretesa. Così ha deciso in una interessante sentenza la Corte d'Appello de L'Aquila (sent.22 settembre 2011 n.927-Est. Maccarone) rigettando la richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento presentata direttamente dalla madre convivente con i figli maggiorenni. (Omissis) MOTIVI DELLA DECISIONE Condivide questa Corte la prospettazione risultante dalle conclusioni del Procuratore Generale sulla questione preliminare della legitimatio ad causam dell'appellante a richiedere un incremento dell'assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni. Giova, infatti, premettere che, come è pacifico e comunque documentato, al momento dell’introduzione della causa di divorzio i due figli Andrea e Matteo avevano già raggiunto la maggiore età: per cui alla fattispecie non è riferibile la giurisprudenza richiamata in motivazione dal tribunale che si riferisce alla diversa ipotesi del figlio divenuto maggiorenne in corso di causa. Si deve, quindi, applicare l’art.155 quinques c.c. introdotto dalla riforma del 2006 ed applicabile anche alle cause di divorzio in corso, come è dato argomentare dalla norma di cui all’art.4 (“disposizioni finali”) della stessa legge 54/06:norma suscettibile in base al tenore testuale, di un’unica interpretazione, che è quella dell’attribuzione della legittimazione esclusiva del figlio maggiorenne relativamente alla pretesa, atteso che la variante di cui all’ultima parte del primo comma dell’articolo in esame riguarda esclusivamente le modalità del pagamento, non il diritto a conseguirlo. E’ coerente, allora, dedurne che la madre divorziata, in ragione di tale nuovo assetto normativo, ha perso la legittimazione rispetto alla domanda proposta e non vi è dubbio che il suo difetto possa essere rilavato anche d’ufficio (peraltro il primo motivo dell’appello riguarda proprio tale questione) con la conseguente riforma, per il capo impugnato, della sentenza di primo grado.(Omissis) Tratto da PQM-Rivista Quadrimestrale Abruzzese di Giurisprudenza e vita forense,vol.II-III/2011