La decurtazione dell’assegno operata in modo sistematico dal coniuge tenuto al mantenimento dell’altro coniuge e del figlio
TRIBUNALE DI PADOVA, 3 ottobre 2008- Pres. Rasi Caldogno - Rel. Di Francesco
Avv. Sara Fascio
di La Spezia, SP
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Massima: La decurtazione dell’assegno operata in modo sistematico dal coniuge tenuto al mantenimento dell’altro coniuge e del figlio costituisce inadempimento delle condizioni di separazione connotato dal requisito della gravità richiesto per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dell’art. 709ter, comma 2, c.p.c., tenuto conto che l’altro genitore è privo di attività lavorativa e che tale condotta, oltre ad incrementare la conflittu
Massima: La decurtazione dell’assegno operata in modo sistematico dal coniuge tenuto al mantenimento dell’altro coniuge e del figlio costituisce inadempimento delle condizioni di separazione connotato dal requisito della gravità richiesto per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti dell’art. 709ter, comma 2, c.p.c., tenuto conto che l’altro genitore è privo di attività lavorativa e che tale condotta, oltre ad incrementare la conflittualità tra i coniugi stessi, si riflette negativamente sulla condizione psicologica del minore. Pertanto sussistono i presupposti per condannare il genitore inadempiente al risarcimento del danno in favore del figlio
Testo: Decreto
Con ricorso depositato il 14 febbraio 2008 S. R. ha chiesto, ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., nei confronti di S. P., l’emissione dei provvedimenti opportuni nell’interesse del figlio E., nato l’(Omissis)deducendo che il padre del bambino, dal quale essa si è consensualmente separata con verbale omologato il 2 marzo 2007, pone in essere gravi inadempimenti.
In particolare, la ricorrente lamenta che, dal mese successivo all’omologazione della separazione consensuale, il S. P. omette sistematicamente di incontrare il figlio secondo quanto concordato (due pomeriggi infrasettimanali e un fine settimana ogni quindici giorni) e che il bambino vive in tale situazione un costante senso di delusione delle proprie aspettative di frequentare assiduamente il padre. La ricorrente lamenta altresì che il S. P. ha decurtato l’assegno di mantenimento previsto per lei stessa e per il minore dell’esatta metà, nel senso che dall’aprile 2007 le viene mensilmente versata la somma di 500,00 euro, anziché di 1.000,00 euro.
Il resistente, costituitosi in giudizio, ha ammesso di avere effettuato tale decurtazione dell’assegno, sostenendo, però, che egli omette il versamento di quanto dovuto a titolo di contribuzione al mantenimento della moglie, non già del figlio. Il S. P. ha altresì ammesso di non incontrare E. con regolarità, ma ascrive il fatto all’atteggiamento ostativo della ricorrente, causato dalla conflittualità riconducibile alle questioni di natura economica.
Con ordinanza del 30 aprile 2008 questo Collegio ha disposto l’acquisizione dal Servizio di N.P.I. dell’ULSS n. 15, Distretto n. 1 Sud-Est, di ulteriori elementi valutativi sulla situazione del minore E. S. P., anche in merito alle cause della scarsa frequenza degli incontri tra il bambino e il padre.
All’udienza odierna, esaurita la discussione, il Collegio si è riservato di deliberare.
Non è superfluo rilevare - con l’avallo di autorevole dottrina - che l’art. 709 ter c.p.c. comprende, peraltro senza ben differenziarli, due procedimenti che possono interferire (o sovrapporsi), ma che sono in realtà profondamente diversi: il primo relativo alla “soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento”, il secondo attinente a “gravi inadempienze o (ad) atti che comunque rechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”.
Nella prima ipotesi il giudice si limita a risolvere le controversie insorte, adottando la soluzione che nel caso concreto reputa opportuna. Sotto questo profilo, l’art. 709 ter c.p.c. integra - dal punto di vista processuale – il disposto di cui all’art. 155, comma 2, nuovo testo c.c.: “le decisioni di maggior interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice”.
Quando, però, le controversie si risolvono (anche) in gravi inadempienze, o in un (rischio di) pregiudizio per i minori, ovvero comportino un ostacolo al corretto svolgimento dell’affidamento (ma il pregiudizio per il minore costituisce, a ben vedere, il presupposto unificante per l’individuazione della fattispecie) viene ad integrarsi la fattispecie prevista nella seconda parte della norma.
In tale ipotesi il giudice - anche d’ufficio - può modificare i provvedimenti in vigore, evidentemente perché inadeguati proprio in ragione dei gravi eventi pregiudizievoli per il minore sopra richiamati.
Congiuntamente alla modifica, come espressamente disposto dalla norma, il giudice può adottare una delle sanzioni ivi previste:
– l’ammonimento al genitore inadempiente;
– il risarcimento dei danni a carico di un genitore, nei
confronti dell’altro;
– il risarcimento a carico dei genitori, nei confronti del
minore;
– condanna del genitore inadempiente al pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria, da 75 fino al
massimo di 5.000 euro.
L’art. 709 ter c.p.c. ha introdotto dunque - secondo la prevalente dottrina - la figura del risarcimento “sanzionatorio”, istituto del tutto nuovo per il nostro ordinamento. Fatta questa premessa, venendo all’esame del caso di specie, deve anzitutto rilevarsi che dalla relazione del Servizio di N.P.I. dell’ULSS n. 15, pervenuta in data 21 agosto 2008, non emergono problematiche di rilievo, sotto il profilo psicologico, nel minore E. S. P., descritto come un bambino con uno sviluppo psicologico-cognitivo adeguato all’età, che non presenta aspetti problematici neppure nel rapporto con il padre. Gli operatori del Servizio di N.P.I. hanno invece rilevato come il minore sia stato eccessivamente “adultizzato” dalla madre, che gli ha consentito di rivestire il ruolo di figlio-partner, al centro delle attenzioni di tutta la famiglia materna.
In buona sostanza, non risulta ascrivibile al S. P. il mancato svolgimento di molti degli incontri con il figlio, dal momento che le visite infrasettimanali del padre al bambino sono spesso impossibili per gli impegni lavorativi del resistente.
Risulta invece ammessa dal S. P. la decurtazione dell’assegno di mantenimento dovuto dallo stesso alla S. R..
Ritiene questo Collegio di non condividere la tesi del resistente, secondo cui egli priverebbe del contributo al mantenimento la moglie, non anche il figlio, posto che la somma di 500,00 euro, che egli versa mensilmente, sarebbe - a suo dire - interamente destinata al mantenimento di E..
Soccorre, invero, la norma di cui all’art. 1193, che disciplina l’imputazione del pagamento, disponendo che chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare e che, in mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti.
Nel caso di specie, non risulta minimamente che il S. P., abbia finora effettuato il pagamento della somma di 500,00 euro (in luogo di 1.000,00 euro) imputando tale pagamento al debito nei confronti della S. R. per il mantenimento del figlio E., sicché, non operando alcuno degli altri criteri indicati in via sussidiaria dall’art. 1193 c.c., deve ritenersi che il resistente abbia effettuato in proporzione il pagamento di metà della somma dovuta quale concorso nel mantenimento della moglie e della residua metà dovuto a titolo di contributo al mantenimento del figlio E.. In definitiva, dall’aprile 2007 il S. P. versa 250,00 euro per il mantenimento del figlio e 250,00 euro per il mantenimento della moglie, in luogo di 500,00 euro per ciascuno di essi.
Ciò induce a ritenere la sussistenza dell’inadempimento in relazione all’obbligo di mantenimento del figlio, che integra la fattispecie di cui all’art. 709 ter comma 2 c.p.c. (cfr. Trib. Modena, ord. 7 aprile 2006 in Giur. merito, 2007). Tale inadempimento riveste infatti particolare gravità, tenuto conto della circostanza che la S. R. è priva di attività lavorativa e che la decurtazione sistematica dell’assegno di mantenimento dovuto per E. ha creato un indubbio danno al minore, giacché, oltre all’oggettivo danno materiale, l’inadempimento sistematico del S. P. ha contribuito in maniera decisiva a incrementare la conflittualità tra i coniugi, con evidenti ricadute negative sulla condizione psicologica del minore.
Nella relazione depositata il 21 agosto 2008 si legge infatti che “...le vicende economiche dei genitori, il senso di precarietà economica, il dover rinunciare a tante cose perché la mamma non ha adeguate possibilità economiche, sono aspetti molto presenti nel bambino, esplicitati più volte durante il colloquio con gli operatori.” (v. relazione citata).
Sulla base di tali considerazioni, in forza dell’art. 709 ter comma 2, n. 2) c.p.c., si ritiene di disporre, a titolo di risarcimento del danno subito dal minore, la condanna del resistente al pagamento in favore della S. R., quale genitore esercente la potestà su E., della somma di 3.000,00 euro.
... Omissis ... Commento:
Il provvedimento che qui si commenta si colloca nel filone giurisprudenziale di merito, che ha ritenuto anche un parziale adempimento del contributo al mantenimento posto a carico di un coniuge in favore del figlio un comportamento idoneo a far sorgere una responsabilità genitoriale, tale da giustificare una pronuncia di condanna ad un risarcimento nei confronti del minore determinato in Euro 3000,00. Nel caso di specie la gravità della condotta era stata ravvisata dall'autorità giudiziaria nella circostanza che il coniuge con il quale il figlio conviveva risultava del tutto privo di proprie fonti di reddito, cosicchè la decisione unilaterale del coniuge obbligato di dimezzare per diversi mesi l'assegno di mantenimento al cui versamento era tenuto non riduceva soltanto l'assistenza materiale di cui il minore poteva beneficiare, in considerazione delle ridotte possibilità economiche, ma pregiudicava anche la condizione emotiva del figlio, esasperando la conflittualità già presente tra i genitori.
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