Iil Tribunale di Lecco, richiamandosi alla più recente giurisprudenza della Cassazione (Cass. 12976/2010), affermava che chiunque risulti detentore di un bene, salvo che il corrispondente stato di fatto non sia sorto abusivamente, ha facoltà di concederlo in godimento a terzi. Calando i suesposti principi nella fattispecie all’esame, Mevia poteva quindi validamente locare l’appartamento, ovviamente esponendosi alle reazioni del proprietario, ossia il marito Tizio, che in forza della condotta della moglie, otteneva la revoca dell’assegnazione. Alla validità del contratto tuttavia non corrispondeva l’opponibilità dello stesso al proprietario, stante l’inapplicabilità, a detta di quel Giudice, dell’art. 1606 c.c.. Come noto, quel precetto stabilisce che, nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse, aventi data certa sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio. La norma secondo il Tribunale di Lecco, troverebbe applicazione nel solo caso in cui il locatore risulti titolare di un diritto reale, successivamente venuto meno, con efficacia retroattiva e non, come in quella fattispecie, di un diritto di credito (appunto sorto a seguito del provvedimento di assegnazione). Conseguentemente, “venuta meno l’assegnazione dell’immobile, anche i conduttori devono cedere di fronte al potiore diritto del proprietario” e quindi rilasciare l’abitazione (cosa che, a quanto riportato nella pronuncia, avevano provveduto a fare spontaneamente nel corso di causa) e pagare l’indennizzo per il godimento privo di titolo. A costoro, ossia i detentori, è stato comunque riconosciuto il diritto di essere manlevati da Mevia dalle conseguenze pregiudizievoli sorte a seguito della sua condotta, ossia dall’avere, addirittura con dolo, posto in essere un contratto di locazione non opponibile al marito, esponendo i conduttori al rischio, poi concretatosi, di vedersi “messi” in strada. Conseguentemente, veniva disposta la condanna di Mevia a rimborsare a Caia e Sempronio quanto corrisposto a Tizio. Questa la “soluzione” offerta dal Tribunale, che risulta in linea con la più recente giurisprudenza di legittimità e con criteri di equità. In contrasto con la già richiamata recentissima massima del 2010, si annota che con una sentenza del 2004, la stessa Cassazione ebbe a dire che per assumere la qualità di locatore non è necessario avere un diritto reale sulla cosa, essendo sufficiente che il locatore ne abbia la disponibilità, la quale, tuttavia, deve essere giuridica e non di mero fatto, cioè deve avere la sua genesi in un rapporto o titolo giuridico atto a giustificare il potere del locatore di trasferire al conduttore la detenzione ed il godimento del bene (Cass. 23086/2004). Seguendo questo arresto, non potrebbe quindi locale chi, pur godendo legittimamente del bene, detenendolo, non ne può disporre, come nel caso dell’assegnatario della casa famigliare. Ulteriormente, in una ancor più risalente nel tempo pronuncia, sempre il Giudice di legittimità, riconosciuta la facoltà anche al promissario acquirente di un immobile, titolare quindi di un diritto di credito, di concederlo in locazione, annotava che qualora si fosse estinto il diritto ad acquistare l’immobile, e ciò con effetto retroattivo, per il caso ad esempio della risoluzione del preliminare, le locazioni concluse dal promissario ed aventi data certa sono mantenute, purché siano fatte senza frode e non eccedano il triennio trovando applicazione, anche in tale situazione, il disposto di cui all'art. 1606 c.c. (Cass. 399/1982).