La casa coniugale, di proprietà esclusiva di uno dei coniugi ed in assenza di figli, non può essere assegnata al coniuge economicamente più debole quale strumento di perequazione tra le posizioni economiche dei due. In sede di separazione -prima della novella del 2006, che tiene distinti i provvedimenti assegnativi in favore della prole dai rapporti economici tra coniugi, e dopo la quale il problema non può più porsi, essendo il provvedimento assegnativo previsto solo in presenza di prole-, deve certamente negarsi che il diritto di godimento possa attribuirsi al coniuge non proprietario, con una sorta di rilievo ablativo nei confronti del proprietario esclusivo del bene, il cui diritto viene inciso con la perdita di valore effetto dell'assegnazione. In sede di divorzio: l'art. 6, c. 6, l. div., che consente di valutare le condizioni economiche dei coniugi nell'assegnare la casa familiare, non deroga al principio generale che vieta in assenza di figli di ledere il diritto di proprietà con l'assegnazione dell'abitazione a soggetto diverso da chi ne è proprietario, come già stabilito anche da Cass. 6979/2007. Non vale al proposito richiamare la Cass., Sez. I, sent. 07.07.1997, n. 6106, che ha disposto sul diritto ad abitare temporaneamente in una casa in comproprietà tra i coniugi.