L’assegnazione della casa coniugale non costituisce una misura assistenziale per il coniuge che dal punto di vista economico è più debole. Lo ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 18440/2013 respingendo il ricorso proposto dalla moglie contro la pronuncia della Corte territoriale che revocava l’assegnazione della casa coniugale. Tuttavia, la Corte precisa che la casa coniugale può essere disposta a favore del genitore affidatario esclusivo ovvero collocatario dei figli minori, oppure convivente con figli maggiorenni ma comunque considerati non autosufficienti economicamente. Nel caso, invece, esaminato dalla Corte la coppia non aveva avuto figli e quindi la moglie non era affidataria, pertanto per la medesima è esclusa la possibilità dell'assegnazione della casa coniugale, quand'anche coniuge economicamente più debole che aveva ottenuto la dichiarazione di addebito della separazione a carico del marito. Di fronte a una situazione del genere tanti sono gli interessi che si contrappongono e viene da chiedersi quali sono i presupposti , in sede di separazione giudiziale, che possono condizionare l'assegnzione della casa cniugale!.? Nel caso di coniugi senza figli, vengono, infatti, a scontrarsi diritti contrapposti: da un lato, l’esigenza del coniuge, non proprietario, di continuare ad abitare nella casa che ha rappresentato il centro degli affetti; dall’altro, la necessità di tutelare il diritto alla proprietà privata. Sul tema, in dottrina ed in giurisprudenza, si registrano due orientamenti contrastanti. Da un lato, una parte della giurisprudenza( più restrittiva) ammette l’assegnazione della casa familiare al coniuge non proprietario solo in presenza di un provvedimento di affidamento della prole; dall’altro, invece, alcuni giudici ritengono di poter estendere l’ambito di applicabilità dell’istituto in parola anche al ricorrere di presupposti ulteriori ed alternativi. (quale appunto lo stato economico del coniuge, addebito della separazione) La Corte, con la sentenza in esame, ha invece accolto l’orientamento restrittivo, ritenendo che l’assegnazione della casa coniugale non possa considerarsi una misura assistenziale per sopperire alle carenze del coniuge più debole economicamente ma adempie, soltanto, alla finalità di tutelare la prole, indipendentemente dalla proprietà esclusiva o concorrente dei coniugi. In buona sostanza, il principale motivo che può giustificare il sacrificio del diritto di proprietà è solo la tutela della prole, ovvero l’interesse dei figli a non subire ulteriori cambiamenti dovuti alla crisi familiare e a conservare un minimo di continuità e regolarità di vita, che possono essere assicurati con la permanenza nella casa famigliare. Sul punto, concorde appare il pensiero della giurisprudenza dominante secondo cui l’individuazione della ratio ispiratrice dell’istituto in parola nella tutela dell’interesse della prole, rappresenterebbe l’unica soluzione compatibile con l’esigenza di protezione del diritto dominicale del coniuge estromesso, poiché “solo le limitazioni al diritto di proprietà derivanti dall’esigenza di tutelare il diritto dalla conservazione dell’habitat familiare costituiscono espressioni della funzione sociale della proprietà così come sancita dall’art. 42 della Costituzione” (cfr. Cass. civ., sentenza 11 dicembre 1992, n. 13126). “Differentemente il provvedimento giudiziale si tradurrebbe in una sorta di espropriazione senza indennizzo per il coniuge estromesso titolare del diritto dominicale” (Sez. Un., 28 ottobre 1995, n. 11297). Pertanto, in assenza di affidamento dei figli, il giudice non potrà adottare, con la sentenza di separazione, un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non essendo la medesima neppure prevista dall'art. 156 c.c. in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento (Cass. Sez. Un., sentenza 23 aprile 1982, n. 2494; Cass., Sez. Un., sentenza 28 ottobre 1995, n. 11297; Cass. civ., sentenza 4 luglio 2011, n. 14553). In conclusione condivisibile appare la decisione della Suprema Corte : in assenza di figli, il giudice non può adottare alcun provvedimento di assegnazione della casa coniugale e il godimento dell’immobile è regolato dalle norme che disciplinano il titolo giuridico su cui esso si fonda. L’assegnazione, in definitiva, non può sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, in sostituzione dell’assegno di mantenimento.