In caso di divorzio, se è previsto il mantenimento una tantum, l'ex coniuge beneficiario non avrà diritto ad una quota del tfr nè alla pensione di reversibilità dell'altro Con riferimento al trattamento economico del coniuge divorziato, occorre premettere che l'articolo 5, ottavo comma, della Legge del 1 dicembre 1970, n. 898, prevede che il mantenimento possa essere corrisposto con due modalità alternative: la prima modalità è quella più diffusa dell'ordinaria corresponsione periodica (in genere mensile) di una data somma; la seconda modalità è quella della corrisponsione una tantum, ossia il versamento di una determinata somma o l'attrbuzione di determinati diritti, in unica soluzione e in modo definitivo. Bisogna sapere che nel caso in cui si scelga la seconda modalità (mantenimento una tantum), l'ex coniuge beneficiario non avrà diritto a nessuna ulteriore prestazione aggiuntiva. Conseguentemente: in ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro dell'ex coniuge obbligato, l'altro non può beneficiare del TFR o (in concorso con il coniuge superstite) di una sua quota; in ipotesi di decesso dell'ex coniuge, l'altro non può beneficiare della pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) di una sua quota. Sul punto, la Cassazione, con la sentenza del 3 luglio 2012, n. 3635, ha precisato che l'erogazione dell'assegno divorzile una tantum, sia esso rappresentato da una mera somma, anche rateizzata, ovvero dal trasferimento di un altro bene o diritto, è incompatibile con ulteriori prestazioni aggiuntive, ivi compresi trattamenti pensionistici, purchè idoneo a definire stabilmente i rapporti economici tra le parti.