Il Tribunale Civile di Roma, con sentenza 2 agosto 2012, espone i seguenti condivisibili principi in punto affido esclusivo e condanna alla sanzione di cui all’art. 709 ter c.p.c.: Quanto all’affido esclusivo alla madre se, di regola, l'affidamento del minore ad uno dei genitori non esclude l'esercizio congiunto della potestà genitoriale (così, ad esempio, nel caso del genitore che, affetto da una grave disabilità fisica, non possa avere materialmente cura del minore ma possa condividere con l'altro genitore le scelte di maggiore interesse per il figlio), è pur vero che le decisioni di maggiore interesse per il minore non possono essere attribuite ad entrambi i genitori (separati o divorziati) quando uno dei due non abbia affatto o abbia ridotta idoneità educativa. In tale ipotesi, così come nel caso di lontananza, di incapacità (art. 414 c.c.) o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l'esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro, secondo quanto previsto dal citato art. 317, comma 1, c.c.. In tali casi si deve quindi far dipendere dalla scelta in ordine all'affidamento monogenitoriale la conseguenza inevitabile dell'esercizio esclusivo della potestà da parte del genitore affidatario. Nella specie, la scarsa abitudine del figlio alla frequentazione con il padre, che non ha collaborato per l'organizzazione degli incontri e si è reso sostanzialmente irreperibile, hanno indotto il Giudice a confermare, a tutela del minore, che le visite del padre si svolgano presso la struttura indicata dei Servizi Sociali (servizio "Spazio Sicuro" del centro provinciale "Giorgio Fregosi", via dei Sabelli n. 108), alla presenza di personale specializzato, secondo le modalità stabilite dal servizio Spazio Sicuro. Tale servizio, od il Servizio Sociale territorialmente competente, dovrà altresì predisporre ed individuare un percorso di sostegno all'intero nucleo familiare ed in particolare alla genitorialità per entrambe le parti, oltre che un sostegno psicologico al minore. Quanto all'applicazione delle sanzioni previste dall'art.709-ter c.p.c. La norma citata prevede due distinte fattispecie, ancorchè fra loro sovrapponibili, a cui corrisponde un diverso intervento del giudice adito: la prima relativa alla soluzione di controversie insorte fra i genitori per l'esercizio della potestà genitoriale o delle modalità di affidamento ove l'autorità giudiziaria è chiamata a risolvere il contrasto con l'adozione della soluzione ritenuta adeguata al caso concreto, la seconda attinente a "gravi inadempienze o atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto esercizio delle modalità di affidamento" in cui la funzione giudiziale si risolve, invece, nell'applicazione delle misure specificamente indicate, (costituite o dall'ammonizione del genitore inadempiente o dalla condanna al risarcimento del danno del genitore inadempiente nei confronti del minore o dalla condanna al risarcimento del danno del genitore inadempiente nei confronti dell'altro coniuge o dall'inflizione di una sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende) e dunque in un intervento non più necessariamente compositivo del conflitto in atto, ma sanzionatorio nei confronti del genitore che in violazione del superiore interesse del minore abbia trasgredito i provvedimenti adottati a tutela della prole medesima. In tale seconda ipotesi l'intervento del giudice è quindi improntato ad una sostanziale coartazione all'adempimento dei doveri genitoriali a fronte della ritenuta lesione dell'interesse del minore attraverso gli specifici rimedi elencati che assolvono ad una funzione non già compensativa essendo la misura del risarcimento commisurata alla gravità oggettiva e soggettiva del comportamento lesivo e non invece all'entità del danno subito, ma al contrario punitiva o comunque improntata, sotto forma di dissuasione indiretta, alla cessazione del protrarsi dell'inadempimento degli obblighi familiari che attesa la loro natura personale non sono di per sé coercibili né suscettibili di esecuzione diretta. Logico corollario della funzione assolta dalle suddette misure è la loro applicabilità anche officiosa, ovverosia indipendente sia da un'istruttoria sui fatti costitutivi dei danni lamentati, che sono da ritenersi in re ipsa, ovverosia subiti dal minore per effetto della mera condotta del genitore inadempiente, sia dalla sussistenza di una richiesta di parte nel procedimento in corso (cfr. Tribunale Padova 8.10.2008, Tribunale Palermo 2.11.2007). Del resto il principio dell'officiosità non soltanto discende dalla stessa ratio ispiratrice della L. n. 54 del 2006 che si inscrive in un sistema volto a tutelare il superiore interesse del minore che ben può essere configgente con le finalità perseguite dalle parti dello stesso procedimento, ma trova comunque puntuale riscontro letterale nello stesso art.709-ter in cui l'inciso finale del secondo comma dispone che il giudice possa a fronte di gravi inadempienze o di atti che pregiudichino il minore, oltre che modificare i provvedimenti in vigore relativi all'affido, "anche congiuntamente", e dunque di sua iniziativa, applicare le misure coercitive di seguito previste. Alla luce di detti principi e in considerazione del fatto che «la perdurante violazione da parte del marito all'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento in favore del figlio denuncia l'insussistenza di qualsivoglia volontà da parte di costui di fronteggiare i bisogni materiali del figlio magari offrendogli quanto era ed è comunque nella sua disponibilità, in quanto l'obbligo di un genitore di provvedere al mantenimento della prole implica il dovere di soddisfare primariamente le esigenze dei figli stessi e quindi di anteporre le loro esigenze alle proprie. Pertanto l'eventuale esiguità del reddito a disposizione non può comunque giustificare la totale inadempienza protratta per molto tempo da parte di un genitore, la quale incide con riferimento ai figli non solo sul piano strettamente materiale impedendo loro la possibilità di sfruttare al meglio le proprie potenzialità formative, ma incide ancora di più sotto il profilo morale essendo sintomatica della mancanza di qualsiasi impegno e quindi dell'assoluta inidoneità del genitore a fornire loro il contributo necessario a creare quel clima di serenità familiare indispensabile ad una crescita serena ed equilibrata della prole stessa. Tale inadempienza si è, anche, accompagnata al disinteresse manifestato non presentandosi presso il servizio "Spazio Sicuro" per attivare gli incontri protetti ed il percorso di sostegno alla genitorialità. Con la conseguenza che il sig. .. è ormai moltissimo tempo che non vede e non sente il figlio», il Tribunale ha inflitto al padre la misura del risarcimento del danno nei confronti sia della coniuge che del figlio minore che, avuto riguardo alla durata ed alla gravità dell'inadempimento, protrattosi sin dall'ordinanza presidenziale, ed alle condizioni economiche dell'obbligato, è stata quantificata in € 3.500,00 cadauno.