Il divorzio non fa perdere la carta di soggiorno al familiare straniero di un cittadino comunitario
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Ordinanza del 20 settembre 2010, n. 19893
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 1209 volte dal 18/10/2011
Commento: Approda in Cassazione un caso, piuttosto smaccato e fastidioso, di comportamento discriminatorio posto in essere da una Pubblica Amministrazione, nella fattispecie il Comune di Brescia. L'ente territoriale aveva previsto l'assegnazione del c.d. "bonus bebè" in favore di famiglie composte da almeno un genitore italiano e residenti nel Comune da almeno due anni. Avverso il provvedimento aveva fatto ricorso, ex art. 44 D. Lgs. 286/98, una associazione a tutela degli interessi di alcune famiglie residenti, i cui genitori erano entrambi stranieri, denunciando la discriminazionem di tale provvedimento oltre che la sua irragionevolezza e contrarietà ad uguaglianza. Il giudice aveva accolto il ricorso, ordinando al Comune di modificare il provvedimento allargando le maglie della prestazione sociale a favore della famiglie di soli stranieri. Il Comune di Brescia, al contrario, ritenendo che in questo modo si sarebbe perso il senso dell'intervento, revocava il provvedimento, di fatto negando il bonus anche alle famiglie italiane bisognose pur di non concederlo alle famiglie di stranieri: anche avverso il provvedimento di revoca veniva svolto ricorso, condividendo quel provvedimento con quello originario il medesimo vulnus discriminatorio. La Corte di legittimità si è trovata a giudicare se, anche in tale caso, la competenza a decidere fosse dell'autorità giudiziaria ordinaria, anzichè di quella amministrativa. massima: Il giudice ordinario è competente a decidere in ordine alla tutela contro gli atti e i comportamenti, lesivi del principio di parità e adottati con distinzione di razza e di origine etnica sia nel settore pubblico che privato, con particolare riferimento, tra l'altro, alle "prestazioni sociali". Il procedimento adottato sarà di tipo cautelare, a conclusione del quale il giudice provvederà con ordinanza.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Ordinanza 20 settembre 2010, n. 19893
Svolgimento del processo
1. V.S.C.C., cittadina dell'****, ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell'Interno avverso il decreto della Corte di appello di Genova in data 13 ottobre 2007, che ha rigettato il reclamo dalla medesima proposto contro il decreto del Tribunale di Genova in data 18 settembre 2006, che ha respinto la sua opposizione avverso il decreto del Questore di Genova che, a sua volta, ha respinto la richiesta dell'interessata di rinnovo del permesso di soggiorno, sul presupposto che era cessata, per separazione coniugale, la sua convivenza con un cittadino italiano, con il quale aveva contratto matrimonio nel **** e dal quale si era separata nel gennaio 2006;
1.1. il ricorso per cassazione, già notificato al Ministero dell'Interno presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, è stato successivamente notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato il 30 marzo 2009, in esecuzione dell'ordinanza collegiale di questa Corte in data 24 febbraio 2009 e nel rispetto del termine di quaranta giorni stabilito dal collegio; il Ministero intimato non ha svolto difese.
Motivi della decisione
2. appare manifestamente fondato il primo motivo, con assorbimento del secondo, in quanto la Corte di appello di Genova non ha applicato, come espressamente richiesto dalla reclamante, il sopravvenuto del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 12, comma 2, lett. a) (non modificato in parte qua dal D.Lgs. n. 32 del 2008), in forza del quale il divorzio e l'annullamento del matrimonio con il cittadino dell'Unione non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno stato membro, a condizione che il matrimonio sia durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o di annullamento; nel caso di specie è pacifico in atti - risultando le relative circostanze dallo stesso decreto della Corte di appello qui impugnato - che la ricorrente si è unita in matrimonio con il cittadino italiano R.R. nell'****, separandosi poi di fatto da lui nel **** e venendo successivamente omologata nel gennaio 2006 la separazione consensuale dei coniugi; è da ritenersi pertanto che la V.S., coniugata per oltre cinque anni in Italia con un cittadino italiano, abbia diritto al rinnovo del permesso di soggiorno, ai sensi del citato art. 12, comma 2, lett. a), applicabile, data l'identità di ratto, anche nell'ipotesi di intervenuta separazione coniugale;
3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.";
B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;
considerato che le argomentazioni che precedono conducono all'accoglimento del primo motivo, con assorbimento del secondo, e che di conseguenza il provvedimento impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta;
ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2, con l'accoglimento dell'opposizione proposta da V.S.C.C. avverso il provvedimento in data 14 giugno 2005, con il quale il Questore di Genova ha rigettato l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno dalla medesima presentata e con l'annullamento di detto provvedimento, alla luce delle argomentazioni svolte nella relazione in atti e sopra riportate;
che le spese del doppio grado del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione proposta dalla ricorrente V.S.C. C. avverso il provvedimento in data 14 giugno 2005, con il quale il Questore di Genova ha rigettato l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno dalla medesima presentata, e annulla il provvedimento medesimo.
Condanna l'Amministrazione soccombente al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 600,00 per onorari e Euro 100,00 per esborsi, di quelle del giudizio di appello, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 600,00 per onorari e Euro 100,00 per esborsi, nonchè delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.100,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge per ciascuna fase del processo.
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