Figlio specializzando in medicina? No all'obbligo di mantenimento
Cassazione civile , sez. I, sentenza 22.05.2014 n° 11414
Avv. Arianna Biviglia
di Tarquinia, VT
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La Cassazione Civile - con la sentenza 22 maggio 2014, n. 11414 - affronta ancora il tema del mantenimento al figlio maggiorenne non ancora economicamente autosufficiente. Diverse sono le fattispecie trattate dai Tribunali, stante le attuali difficoltà occupazionali dei giovani, e la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha elaborato alcuni principi generali che sono stati ritenuti applicabili al caso in questione. Una coppia di coniugi giunge al divorzio in cui viene stabilito anche il mantenimento per i due figli di cui una già maggiorenne, specializzanda in medicina. Il Tribunale di Salerno aveva negato il mantenimento della giovane ritenendola autosufficiente e non del tutto priva di reddito derivante dal compenso percepito durante il quinquennio della specializzazione. La madre della ragazza aveva appellato la sentenza e la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione di primo grado dichiarando il padre tenuto al mantenimento della ragazza poiché gli emolumenti percepiti sono equiparabili a quelli dello specializzando ad una borsa di studio, e non avrebbero natura retributiva, anche alla luce della durata quinquennale e dell'importo degli stessi. Si arriva in Cassazione, dove il padre ottiene ragione e i giudici ribadiscono i principi che stanno alla base della cessazione dell’obbligo di mantenere un figlio maggiorenne. In primo luogo i giudici ritengono errato il riferimento ai rimborsi di cui alle borse di studio. Gli specializzandi sono in realtà sottoposti al regime fiscale e contributivo. Il d.lgs. n. 368/1999, che disciplina la libera circolazione dei medici ed il riconoscimento dei titoli nell’ambito dell’Unione Europea, specifica all’art. 40 che “l'impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, assicurando la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria”. Si parla di un trattamento economico che, nel caso di specie, era risultato pari ad euro 22.700 lordi annui. La madre si era opposta facendo rilevare la precarietà del compenso percepito dalla figlia e la sua natura diversa dal corrispettivo di lavoro, perché connessa alla preparazione universitaria. Tale assunto non è stato condiviso dai giudici della Cassazione. L’autosufficienza economica, consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, deve essere valutata in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, quale deve intendersi il compenso corrisposto al medico specializzando, in dipendenza di un contratto di formazione specialistica pluriennale. Richiamando ancora la normativa citata, l’art. 37 parla di contratto di formazione-lavoro, il quale se risolto anticipatamente da diritto al medico di percepire la retribuzione maturata fino a quel momento e a beneficiare del trattamento contributivo in relazione al periodo lavorato. Sotto il profilo della precarietà, i giudici fanno rilevare che il numero chiuso delle specializzazioni assicura concrete prospettive di impiego. La Cassazione richiama, infine, un proprio analogo precedente (sentenza 8 agosto 2013, n. 18974), in materia di cessazione dell’obbligo di mantenimento disposto per uno specializzando medico chirurgo di Reggio Calabria, in cui si chiarisce che il contratto di specializzazione non si esaurisce nell'approfondimento culturale, ma contiene prestazioni analoghe a quelle del personale dipendente, con obbligo per lo Stato di adeguata remunerazione.
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 8 aprile – 22 maggio 2014, n. 11414
(Presidente Forte – Relatore Didone)
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1.- Il Tribunale di Salerno, dopo avere, con sentenza non definitiva, dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da C.M.G. con G.D.B., con sentenza del 22.2.2011 ha provveduto sulle domande relative ai rapporti economici tra le parti, rigettando la domanda di assegno di mantenimento proposta dall'attrice per la figlia maggiorenne divenuta autosufficiente - Sebastiana - e aumentando l'assegno per il figlio G. - posto a carico del padre - a euro 450,00 mensili.
Con la sentenza impugnata - depositata il 5.7.2012 - la Corte di appello di Salerno, accogliendo l'appello principale della Gaeta e rigettando quello incidentale del D.B., ritenendo non ancora autonoma economicamente la figlia maggiorenne, non avendo l'onerato adeguatamente provato la stipula di contratto di specializzazione da parte della stessa, ha posto a carico dell'appellato l'obbligo del versamento di un contributo di mantenimento anche per Sebastiana, determinandolo in euro 450,00. Contro la sentenza della Corte di appello il D.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso la Gaeta.
Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memorie.
2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto non adeguatamente provato il rapporto dì specializzazione instaurato dalla figlia maggiorenne e il relativo compenso, pari a euro 22.700,00 lordi nonostante la produzione degli estratti delle visualizzazioni del portale internet dell'Università e nonostante le stesse ammissioni contenute nell'appello della Gaeta, la quale lamentava la precarietà del compenso percepito dalla figlia e la sua natura diversa da corrispettivo di lavoro, essendo legato alla preparazione universitaria. Lamenta la mancata acquisizione di indagini, trattandosi di provvedimento concernente la prole. Contesta che il compenso percepito dalla figlia non possa essere qualificato come corrispettivo di attività lavorativa alla luce della disciplina di attuazione delle direttive europee in materia.
2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione e deduce - tra l'altro - che in forza dell'art. 40 d.lgs. n. 368/1999 «l'impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, assicurando la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria». Gli specializzandi sono sottoposti al regime fiscale e contributivo. Erroneamente la Corte di merito ha equiparato gli emolumenti dello specializzando ad una borsa di studio, negandone la natura retributiva anche alla luce della durata quinquennale e dell'importo degli stessi. Anche la natura precaria è stata erroneamente ritenuta senza considerare le concrete prospettive di impiego assicurate dal numero chiuso delle specializzazioni.
Lamenta, ancora, l'erronea affermazione del maggior reddito di esso ricorrente rispetto a quello della resistente. 3.- Osserva la Corte che il ricorso è fondato. Invero, quanto al vizio di motivazione, va rilevato che risulta dalla stessa sentenza impugnata (pag. 4) che la Gaeta, con l'appello, lamentava soltanto che "il contratto di specializzazione non dava luogo ad un rapporto di lavoro stabile".
Dunque, occorreva solo qualificare quel rapporto di cui non era negata l'esistenza.
In argomento questa Corte ha di recente ritenuto che l'obbligo del genitore (separato o divorziato) di concorrere al mantenimento del figlio maggiorenne non convivente cessa con il raggiungimento, da parte di quest'ultimo, di uno "status" di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, quale deve intendersi il compenso corrisposto al medico specializzando, in dipendenza di un contratto di formazione specialistica pluriennale ex art. 37, d.lgs. 17 agosto 1.999, n. 368, non riconducibile ad una semplice borsa di studio (Sez. 1, Sentenza n. 18974 del 08/08/2013).
Talché la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, per nuovo esame e per il regolamento delle spese.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell'8 aprile 2014.
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