Configura il reato di peculato d’uso la condotta del custode non proprietario del mezzo sottoposto a sequestro amministrativo che si metta alla guida e lo utilizzi per sé. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 43474/2012, annullando la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gip di Catania che erroneamente aveva richiamato un indirizzo della Suprema corte a Sezioni unite. I giudici di Piazza Cavour (sentenza 1963/2010), infatti, hanno affermato il principio di diritto per cui “la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo integra esclusivamente l’illecito previsto e sanzionato dall’articolo 213, comma 4, del codice della strada perché il concorso tra la norma penale di cui all’articolo 334 Cp e quella amministrativa costituita dal medesimo articolo 213 Cds va giudicato solo apparente, la seconda essendo norma speciale rispetto alla prima, limitatamente, appunto, alla sola circolazione abusiva”. Oggi, tornando sulla questione, la Suprema corte chiarisce che tale principio “rileva per il solo caso in cui sussista una relazione in qualche modo personale, diretta o indiretta che sia, tra la titolarità del bene sequestrato, cui si riferisce la violazione, e l’autore della condotta di abusiva circolazione, che per sé realizza con immediatezza la condotta di sottrazione”. Diverso, dunque, il caso del custode che sia una persona terza poiché in questa ipotesi vengono in rilievo la qualifica pubblicistica e la funzione svolta. “Va dunque riaffermato – prosegue la Corte - il principio di diritto che la fattispecie di impossessamento, consumata dal custode che non sia proprietario del mezzo o che non agisca in suo concorso o nel suo interesse e che si realizzi nella condotta di abusiva circolazione di messo sottoposto a sequestro, configura il delitto di peculato d’uso”.