Ai fini del giudizio di responsabilità per il reato di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 187 del codice della strada, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma anche che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione. E' quanto emerge dalla sentenza 11 aprile 2014, n. 16059 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione. Il caso vedeva un uomo, alla guida della propria motocicletta in stato di alterazione derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti, urtare un pedone che stava attraversando la strada, cagionandone la morte. I giudici di merito affermano la responsabilità del conducente sia in merito alla fattispecie di cui all'art. 187 cod. strad., sia in relazione al reato di omicidio colposo aggravato per violazione delle norme sulla circolazione stradale. Il ricorrente, per quanto riguarda l'alterazione psicofisica, sostiene che si tratta di una circostanza, quella della presenza di cannabinoidi, accertata soltanto attraverso l'esame delle urine, esame però che, come la difesa aveva rappresentato già in sede di appello, può dimostrare soltanto la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti e non la attualità del fatto che la persona si trovasse, al momento dell'incidente, sotto l'influenza dei cannabinoidi. Secondo l'orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità, il reato di cui all’art. 187 cod. strad. è integrato dalla condotta di guida in stato d'alterazione psicofisica determinato dall'assunzione di sostanze e non già dalla mera condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica al momento del fatto contestato. Tale complessità probatoria si impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione. Deve dunque essere annullata sul punto la sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito che valuterà se sussistano altre circostanze, riferite dagli agenti o comunque desumibili dal comportamento dell'imputato, sulla cui base possa affermarsi che il medesimo fosse in stato di alterazione al momento dell'incidente (sez. IV 23.9.2013 n. 39160 Rv. 256830; sez. IV 11.6.2009 n. 41796 rv. 24553; sez. IV 11.8.2008 n. 33312 rv. 241901). In merito alla responsabilità per il sinistro, gli ermellini affermano che, per principio generale, il conducente di un veicolo ha un generale dovere di attenzione nei confronti dei pedoni in prossimità di un semaforo, essendo sempre possibile che si verifichi l'attraversamento fuori del passaggio pedonale, comportamento che, se pure imprudente, non è eccezionale o assolutamente imprevedibile. Nella fattispecie il motociclista, spostandosi sul lato sinistro della carreggiata per sorpassare i veicoli incolonnati creava a sua volta una situazione di pericolo nella circolazione e doveva dunque prestare la massima attenzione e rallentare in modo da essere sempre in condizione di arrestare il proprio veicolo, anche a fronte di una possibile situazione di emergenza, in effetti verificatasi a seguito della condotta del pedone, ed in tal senso la velocità da lui tenuta se pure inferiore al limite consentito, risultava non prudenziale.