Se le parti non ne hanno stabilito la misura e se neppure è provata l’esistenza di tariffe professionali o di usi locali, la provvigione dovuta al mediatore deve essere determinata dal giudice secondo equità. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 31 luglio 2012 n. 13656, accogliendo il ricorso di un mediatore che chiedeva la corresponsione della provvigione, per circa 57mila euro, per la mediazione nella vendita di un fabbricato urbano con terreno a Bologna. Secondo il ricorrente la Corte di appello di Bologna aveva errato nel respingere la sua domanda sulla base del fatto che chiedendo una provvigione secondo gli usi locali, dunque pari al 2%, aveva omesso di provare l’esistenza di tale consuetudine di fronte al giudice, il quale se è tenuto a conoscere la legge non lo è rispetto a tutti gli usi locali. A questo punto secondo il mediatore il giudice avrebbe dovuto ricorrere al terzo criterio indicato dalla legge vale a dire la decisione secondo equità. Una tesi condivisa dalla Suprema corte per la quale la norma “è formulata in modo tale che, con la previsione di più criteri normativi sussidiari, il cui ordine successivo è chiaramente disciplinato, con la prevalenza alla volontà delle parti e successivamente alle tariffe professionali ed gli usi e da ultimo all’equità, da indicare la volontà del legislatore che, una volta sorto il diritto alla provvigione, sia comunque possibile procedere alla determinazione della misura della stessa”. Dunque, è scattato l’annullamento della sentenza ed il rinvio alla Corte di appello di Bologna che dovrà decidere secondo il seguente principio di diritto “in tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei criteri previsti in ordine successivo dall’articolo 1755, secondo comma del codice civile, questa deve essere determinata dal giudice secondo equità, se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali”.