Interpretazione del contratto e buona fede
Cass. civ. Sez. III, 18-07-2013, n. 17565
Avv. Massimiliano Solinas
di Genova, GE
Letto 510 volte dal 05/08/2013
In materia di interpretazione del contratto, non può essere assegnato all'accordo o alle singole clausole di esso un significato tale per cui una sola delle parti si trovi ad essere arbitra degli effetti del contratto stesso, sulla base di scelte e di valutazioni di convenienza formulate a posteriori. Il contratto deve essere, invero, interpretato secondo buona fede e, dunque, in modo da evitare che ad esso, o alle singole clausole, sia attribuito un significato tale da condurre ad un assetto di interessi iniquo, ovvero da porre una delle parti in condizioni di poter agire in danno dell'altra, o a proprio indebito vantaggio. (Fattispecie avente ad oggetto la interpretazione di un contratto di assicurazione a copertura del rischio di insolvenza dei clienti dell'assicurato).
La s.r.l. C.T. ha convenuto davanti al Tribunale di Milano la compagnia di assicurazioni C, chiedendone la condanna al pagamento di Euro 233.000,00, quale indennizzo dovuto in forza di una polizza in corso, a copertura del rischio di insolvenza dei propri clienti, a seguito dell'insolvenza della s.r.l. Cartiera
La convenuta ha resistito alla domanda, obiettando che il sinistro si è verificato a seguito del fallimento della Cartiera, dichiarato in data 8 ottobre 2002, nel periodo di sospensione della garanzia assicurativa a causa del mancato pagamento della rata del premio venuta a scadere il 1 luglio 2002 e corrisposta solo il 29 ottobre 2002. Ha richiamato l'art. 11 delle condizioni di polizza, che dispone quale condizione per il pagamento dell'indennizzo che il cliente debitore dell'assicurata sia sottoposto ad una procedura concorsuale (c.d. insolvenza di diritto).
L'assicurata ha obiettato che deve essere invece applicata alla fattispecie la condizione speciale del contratto rubricata sub S1 come "insolvenza presunta", secondo cui - a prescindere dall'insolvenza di diritto - la compagnia assicuratrice è tenuta a pagare l'indennizzo "decorsi 180 giorni dalla data della comunicazione della morosità". Nella specie il termine di 180 giorni è venuto a scadere il 4 gennaio 2003, allorchè il contratto era in corso per essere stata sanata la morosità.
Il Tribunale ha accolto la domanda dell'assicurata entro i limiti della somma di Euro 161.550,30, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, con la motivazione che la fattispecie dell'insolvenza presunta opera indipendentemente dal ricorrere delle fattispecie di insolvenza di diritto, e che non ha rilievo il fatto che il debitore sia stato sottoposto anche a procedura concorsuale.
Proposto appello da C la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda dell'assicurata.
Con atto notificato il 26 febbraio 2010 la CTi propone due motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria.
Resiste C con controricorso.
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha ritenuto che la condizione S1, relativa alla presunzione di insolvenza conseguente al decorso del tempo, abbia efficacia meramente integrativa e sia destinata ad operare solo quando non si verifichi alcuna delle fattispecie di insolvenza di diritto, di cui alla clausola 11 delle condizioni di polizza. In caso contrario la clausola resterebbe priva di effetti in tutti i casi in cui l'insolvenza risulti accertata con dichiarazione di fallimento.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c..
Premesso che la clausola speciale S1 dispone che "Decorsi 180 giorni dalla data di comunicazione della morosità (art. 10 c.g.a.), a prescindere dal verificarsi o meno delle ipotesi di insolvenza previste dall'art. 11 c.g.a., trova applicazione la seguente disposizione speciale : l'assicuratore provvede al pagamento anticipato dell'indennizzo per insolvenza presunta nei termini generali previsti dall'art. 12 c.g.a. purchè l'assicurato abbia rispettato le disposizioni dell'art. 10 e trasmesso la necessaria documentazione"... , assume che la Corte di appello ha disatteso il significato fatto palese dal senso letterale delle parole usate nelle varie clausole, poichè i termini "A prescindere" di cui al primo comma della clausola stanno a significare che l'insolvenza manifestatasi nei 180 giorni da in ogni caso diritto all'indennizzo, anche se si sia nel frattempo verificato il fallimento del cliente inadempiente.
Hanno quindi efficacia derogativa delle precedenti disposizioni, nel senso che - alla scadenza del 180 giorno - l'assicuratore è obbligato a pagare l'indennizzo, restando irrilevante il fatto che si siano nel frattempo verificate altre fattispecie di insolvenza.
Essenziale è solo che l'assicurato comunichi il verificarsi dell'insolvenza; che decorrano 180 giorni da tale comunicazione e che alla data della comunicazione stessa l'assicurato sia in regola con il pagamento del premio.
Le due clausole, cioè, fanno sorgere il diritto all'indennizzo in due momenti diversi: la clausola 11 alla data dell'assoggettamento del cliente a procedura concorsuale; la condizione speciale S1 al momento della tempestiva e rituale comunicazione all'assicuratore della morosità; e l'applicazione dell'una clausola esclude l'applicazione dell'altra.
Soggiunge che l'interpretazione qui criticata incorre anche nella violazione del canone di buona fede di cui all'art. 1366 c.c., poichè disattende il ragionevole affidamento dell'assicurato sul significato delle parole usate.
Richiama infine il principio di cui all'art. 1370 c.c., secondo cui le clausole predisposte a stampa da uno dei contraenti si interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha attribuito alla clausola S1 carattere integrativo, anzichè derogatorio, delle altre fattispecie di insolvenza di cui all'art. 11 c.g.a..
4.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perchè connessi, non sono fondati.
La ricorrente, pur denunciando formalmente la violazione di varie disposizioni di legge in tema di interpretazione dei contratti, censura in realtà il merito della scelta interpretativa del Tribunale, senza dimostrare in che senso sarebbero stati violati i canoni legali di interpretazione e sotto quali aspetti la motivazione sarebbe affetta da incongruenze od illogicità.
Il testo letterale delle clausole richiamate è pienamente compatibile con il significato loro attribuito dalla sentenza impugnata e l'intento comune delle parti è più agevolmente riferibile all'interpretazione accolta dalla Corte di appello che non a quella prospettata dalla ricorrente; mentre il richiamo degli artt. 1366 e 1370 c.c., risulta artificioso e non in termini.
L'interpretazione adottata dalla Corte di appello si fonda sul presupposto che il contratto di assicurazione in oggetto copra i rischi di insolvenza dei clienti dell'assicurato, ove per insolvenza si deve intendere non un qualunque inadempimento o ritardo nell'adempimento, ancorchè episodico o temporaneo, ma le situazioni in cui la perdita economica dell'assicurato risulti seria e tendenzialmente definitiva, come avviene nei casi di fallimento o di altra procedura concorsuale a carico del debitore.
Da qui il disposto della clausola n. 11.
Poichè, tuttavia, non ogni fattispecie di insolvenza ha o può avere come esito l'apertura di una procedura concorsuale, la condizione speciale aggiunta sub S1 ha esteso la copertura assicurativa ai casi in cui - pur non essendo sopravvenuta una tale procedura - l'insolvenza si possa ritenere certa e consolidata a causa del tempo trascorso dalla prima manifestazione della mora, fattispecie che ha ritenuto perfezionata con il decorso di 180 giorni dalla comunicazione dell'inadempimento all'assicuratore.
Trattasi di disposizione che amplia la tutela dell'assicurato rispetto a quella di cui alla clausola 11 - ragion per cui non ha alcuna ragione di essere invocato il principio di cui all'art. 1370 c.c., - e che in alcun modo configura interpretazione non conforme a buona fede, perchè tale da tradire le aspettative dell'assicurato.
Il preteso svantaggio per l'assicurato è casuale ed eventuale, poichè deriva solo dal fatto che, nel caso in esame, egli ebbe a rendersi moroso nel pagamento del premio, provocando la sospensione della copertura assicurativa, proprio in corrispondenza del manifestarsi dell'insolvenza di diritto. Se il contratto avesse avuto regolare esecuzione, nessun inconveniente gli sarebbe potuto derivare dall'interpretazione della Corte di appello.
L'interpretazione opposta e da essa prospettata porrebbe, se mai, problemi di incoerenza e di anomalia delle clausole, venendo a creare possibili situazioni di abuso e di mala fede. Se fosse necessaria e sufficiente, infatti, l'insolvenza presunta, quale presupposto del diritto all'indennizzo, da un lato verrebbero a perdere rilievo ed efficacia le fattispecie di insolvenza di diritto di cui all'art. 11, potendo in ogni caso l'assicurato far valere l'insolvenza di fatto, lasciando decorrere i 180 giorni dalla comunicazione dell'inadempimento del cliente.
Dall'altro lato e soprattutto, risulterebbe rimessa alla mera discrezione dell'assicurato la stessa scelta circa la fattispecie di insolvenza da far valere, se del caso in considerazione delle sue convenienze, ivi inclusa la neutralizzazione degli effetti del mancato pagamento del premio.
Sapendo di poter sanare la mora fino alla scadenza del termine di 180 giorni, stabilito per poter invocare gli effetti dell'insolvenza presunta, ben potrebbe l'assicurato ritardare deliberatamente il pagamento fino all'ultimo giorno utile per poter godere comunque della copertura assicurativa.
Le scelte interpretative possono essere le più disparate. Ma una cosa è certa: non può essere assegnato all'accordo delle parti od alle singole clausole un significato tale per cui una sola delle parti stesse si trovi ad essere arbitra degli effetti del contratto, sulla base di scelte e di valutazioni di convenienza formulate a posteriori, come avverrebbe se il ritardato pagamento del premio e la conseguente sospensione del rapporto assicurativo fossero ritenute rilevanti o irrilevanti agli effetti del diritto all'indennizzo, a seguito della scelta dello stesso assicurato di avvalersi dell'una o dell'altra fattispecie di insolvenza. (Il discorso non può essere ripetuto per l'assicuratore, perchè non a lui, ma alla controparte, spetta la decisione se pagare o non pagare il premio alla scadenza).
L'interpretazione proposta dalla ricorrente quindi, non quella adottata dalla Corte di appello, sarebbe in conflitto con il principio di cuiall'art. 1366 c.c., secondo cui il contratto deve essere interpretato secondo buona fede: deve essere cioè interpretato in modo da evitare che al contratto o alla singola clausola sia attribuito un significato tale da condurre ad un assetto di interessi iniquo, o da porre una delle parti in condizione di poter agire in danno dell'altra, o a proprio indebito vantaggio (cfr., ad altro proposito, Cass. civ. Sez. 1, 3 novembre 2006 n. 23599).
5.- Il ricorso deve essere rigettato.
6.- Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 7.000,00 per compensi; oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2013
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