Nella sentenza in esame la Corte di Giustizia Europea si pronuncia su un caso che trae origine dal ricorso collettivo promosso dall'ufficio nazionale di tutela dei consumatori ungherese contro un operatore di telefonia fissa che aveva inserito tra le condizioni generali di contratto una clausola che prevedeva "spese di vaglia". Cioè, se l'utente effettuava il pagamento mediante vaglia postale, l'azienda poteva fatturare ulteriori spese. Inoltre, la clausola non indicava le modalità di calcolo di tali importi ulteriori. La Corte, a seguito del rinvio effettuato del giudice nazionale ungherese, ha risolto il caso enunciando il seguente principio: "Per qualificare una clausola come abusiva il giudice nazionale deve procedere ad un esame caso per caso tenendo conto dei criteri forniti in ambito UE. Se in un contratto è inserita una clausola che prevede una modifica unilaterale delle spese collegate a un servizio, non sono indicate le modalità di calcolo e il consumatore non può recedere, la clausola è abusiva. I giudici nazionali, se la legislazione nazionale lo prevede, possono stabilire che detta clausola non vincola i consumatori anche se quest'ultimi non hanno agito nel procedimento collettivo avviato nei confronti del profesionista".