Cass. civ., Sez. III, 13 dicembre 2012, n. 22909 DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE - PRESUNZIONI I congiunti della vittima di un illecito (specificamente investimento del pedone) hanno diritto di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali come diritto proprio e personale, e non anche quale mero effetto riflesso del danno subito dalla vittima. Tale diritto deve ritenersi sussistente sia nell'ipotesi di decesso del congiunto che in quella, diversa, di gravi lesioni personali del medesimo. In tal senso, invero, così come i congiunti hanno legittimazione propria e diretta ad agire in risarcimento dei danni, parimenti hanno diritto a che il danno subito sia quantificato con riferimento alla peculiare e specifica situazione di ognuno, non quale mera percentuale del danno altrui. La prova per presunzioni può ritenersi raggiunta anche nell'ipotesi in cui sia carente un legame di assoluta necessità causale fra il fatto noto ed il fatto ignoto, in quanto sufficiente che il fatto da provare costituisca conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criteri di normalità e di plausibilità, desumibili dalle nozioni di comune esperienza. L'espresso principio deve intendersi operante nell'ipotesi in cui i congiunti della vittima di un illecito, espletante l'attività di casalinga, formulino domanda risarcitoria per il pregiudizio di carattere patrimoniale derivante dal decesso della persona cara, e dunque dalla perdita delle prestazioni attinenti alla cura ed all'assistenza dalla stessa fornite, le quali, benché non produttive di reddito, devono intendersi economicamente valutabili