Con la sentenza 14 ottobre 2011, n. 21286 si consolida l’orientamento della Suprema Corte sulla natura oggettiva della responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia. Ciò significa che il relativo addebito è ancorato esclusivamente al nesso di causalità tra la res ed il danno, senza che concorra a qualificare la condotta del custode alcun elemento psicologico. La prova liberatoria è costituita esclusivamente dalla dimostrazione che il fatto sia imputabile al caso fortuito, così da recidere il suddescritto legame eziologico. Il principio in questione – posto in discussione da Cass. Civ. n. 3651/2006, secondo la quale l’art. 2051 c.c. prevedrebbe una fattispecie di “colpa presunta” a carico del custode, dando luogo ad un’inversione dell’ordinario onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 2043 c.c. – è stato riaffermato da una pronuncia immediatamente successiva della Suprema Corte (n. 15383/2006) e mai più abbandonato.