Tizio, dipendente delle Poste Italiane S.p.a. - Ufficio di Salerno - presenta domanda di partecipazione al concorso nazionale per n.24 posti di consigliere telecomunicazioni bandito dalla società. Viene dichiarato idoneo a partecipare, ma – successivamente alla trasformazione dell’ente – non riceve alcuna comunicazione relativa all’istanza di partecipazione al concorso (nonostante abbia inviato una lettera di diffida con richiesta di notizie). Propone, pertanto, domanda di accertamento dell’illegittimità delle procedure di selezione adottate da Poste Italiane S.p.a. per la violazione dei principi di correttezza e buona fede, del diritto alla verifica della regolarità delle procedure concorsuali, nonché del diritto a partecipare alla selezione per conseguire il superiore inquadramento, con conseguente dichiarazione del diritto di partecipare alla selezione e condanna della società al risarcimento danni da perdita di chance - corrispondente alle differenze retributive tra il trattamento economico percepito e quello relativo all'area quadri di II livello -. La società si costituisce in giudizio, eccependo che per la preselezione sono stati adottati – a causa dell’elevato numero di partecipanti - determinati criteri obiettivi, tra i quali quello anagrafico, e che il dipendente è stato escluso per i seguenti motivi: · è nato prima del 01.01.1955 – criterio anagrafico adottato dalla società; · il voto di laurea conseguito lo ha collocato al quarto posto in graduatoria – i posti in concorso in Campania per i laureati in matematica e fisica erano soltanto 3 -. In primo grado la domanda viene rigettata. Tizio propone appello avverso la sentenza, e in secondo grado la Corte d’Appello accoglie parzialmente il gravame, riconoscendo il danno da perdita di chance e condannando Poste Italiane al pagamento della somma di € 5.000,00. Secondo i Giudici di merito, infatti, nel bando manca qualsiasi previsione che possa giustificare la decisione della società di circoscrivere il numero dei valutandi ricorrendo al discrimine dell'età anagrafica; pertanto, il criterio selettivo adottato è da ritenersi illegittimo per violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. La società convenuta propone ricorso in Cassazione; Tizio propone ricorso incidentale. I giudici di legittimità richiamano la sentenza Cass. n. 3415 del 2012, secondo cui “in caso d'illegittima esclusione di dipendente, da parte del datore di lavoro, nella selezione per il conferimento di qualifiche superiori o altri benefici, il conseguente danno da perdita di chance dev'essere liquidato con valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., tenendo presente, ai fini del giudizio probabilistico e comparativo necessario, ogni elemento di prova ritualmente introdotto nel processo”. Alla luce di quanto sopra, la Corte di Cassazione - con la sentenza n. 14464 del 13.08.2012 - ha accolto il ricorso incidentale e cassato la sentenza impugnata, rinviando ad altro Giudice per un nuovo esame, tenuto conto del seguente principio di diritto: “Nel caso in cui il datore di lavoro sia tenuto a effettuare nel rispetto di determinati criteri, non escludenti apprezzamenti discrezionali, una selezione tra i lavoratori ai fini di una promozione o del conferimento di un altro beneficio, egli, al fine di dimostrare il rispetto dei criteri previsti per la selezione e dei principi di correttezza e buonafede, deve operare in maniera trasparente e in particolare motivare adeguatamente la scelta effettuata. In difetto di una scelta motivata, il lavoratore ha in linea di principio diritto al risarcimento del danno per perdita di chance, non condizionato alla prova da parte sua che la scelta, ove correttamente eseguita, si sarebbe risolta in suo favore. Il giudice deve procedere alla liquidazione del danno con una valutazione equitativa a norma dell'art. 1226 c.c., tenendo presente, ai fini di tale giudizio probabilistico e comparativo, ogni elemento di valutazione e di prova ritualmente introdotto nel processo da entrambe le parti. In particolare: dovrà rigettare la domanda risarcitoria quando gli elementi di prova acquisiti consentano di escludere con adeguata sicurezza che il lavoratore in causa potesse avere concrete possibilità di un esito della selezione per lui positivo; in mancanza di specifiche risultanze circa il possibile esito della selezione se correttamente eseguita, il giudice potrà ricorrere al criterio residuale del rapporto tra il numero dei soggetti da selezionare e il numero di quelli che concretamente dovevano formare oggetto della selezione, ma, se del caso, potrà trarre argomenti di convincimento circa il grado di probabilità favorevoli al lavoratore anche dal comportamento processuale delle parti e, in particolare, dalle loro carenze nell'allegazione e prova degli elementi di fatto rilevanti ai fini della selezione rientranti nell'ambito delle loro rispettive conoscenze e possibilità di prova”. Roma, 14 settembre 2012 Avv. Daniela Conte Dott.ssa Stefania Errigo Studio Legale Avv. Daniela Conte & Partners RIPRODUZIONE RISERVATA