La lesione dell'integrità fisica con esito letale non può considerarsi come la più grave forma possibile della lesione alla salute perché la tutela di questo bene implica che il soggetto leso resti in vita menomato, mentre se la persona offesa muore in conseguenza delle lesioni senza una fase di malattia, la morte impedisce che la lesione del bene giuridico della salute sia risarcibile per colui che non è più in vita. Il danno tanatologico (o da morte immediata) non costituisce un'autonoma categoria di danno, ma va ricondotto al danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita. Tale danno, inoltre, non rientra nella nozione di danno biologico e, perciò, la morte di un individuo non può essere considerata come estremo danno alla salute e la sua risarcibilità sotto forma di danno biologico può sussistere solo in ragione della più o meno limitata protrazione dell'esistenza della vittima. In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa deve consentirnela maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento; a tal fine tali criteri devono essere pertanto idonei a garantire anche la c.d. personalizzazione del danno.