Il giudice nomofilattico evidenzia come “il danno non patrimoniale derivante dalla lesioni dell'integrità fisica del lavoratore, identificato nella sommatoria di danno biologico (all'integrità fisa) e danno morale (consistente nella sofferenza per l'ingiuria fisica subita), non richiede, ai fini della risarcibilità, la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 185 c.p., essendo riferibile ai diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti". In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, continuano la Suprema Corte, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato, rileva non il nome assegnato al pregiudizio lamentato dall'attore (biologico, morale, esistenziale) ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dall'organo giudicante. Di conseguenza, si ha duplicazione di risarcimento solo quando il medesimo pregiudizio sia stato liquidato due volte, sebbene con l'uso di nomi diversi.