La condanna alle spese processuali non trova il suo fondamento in un credito risarcitorio, atteso che l'esercizio del diritto di difesa non è un comportamento illecito, ma trova la sua ragione nella volontà del legislatore di evitare che le spese processuali sostenute dalla parte vittoriosa gravino su di essa. La regola sancita dall'art. 91 c.p.c., secondo cui il soccombente deve essere condannato alle spese, può essere derogata ai sensi dell'art. 92 c.p.c. (nel regime anteriore alla modifica apportata dalla legge n. 263 del 2005) per giusti motivi, anche nell'ipotesi di mancata costituzione della parte soccombente. Del resto, la garanzia costituzionale del diritto di difesa non può essere estesa fino a ricomprendervi anche la condanna del soccombente alle spese di lite, senza alcuna possibilità di deroga in caso di giusti motivi. Pertanto, la motivazione della sentenza, quale quella impugnata nel caso in esame, per la quale le spese sono compensate in virtù del principio di affidamento, non è affetta dai vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione