Da ora in poi i condomini insofferenti ai rumori molesti interni all’edificio avranno un’arma in più per farsi valere. La Corte di cassazione, con la sentenza 26898/2011, infatti, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per una signora di Aosta che lamentava l’incessante rumore dell’ascensore, particolarmente invasivo durante la notte per via dell’apertura e chiusura delle porte. Dopo una piena vittoria in primo grado, in Appello era arrivata però la doccia fredda perché secondo la Corte territoriale trattandosi di uno sforamento lieve «non era di per sé sufficiente ad integrare l'intollerabilità dei rumori, anche in considerazione del fatto che gli stessi erano discontinui e rari in periodo notturno e che la signora era risultata essere un soggetto particolarmente sensibile ai rumori». Da qui il diniego del risarcimento e dei lavori di insonorizzazione. Non solo, infatti, era arrivata anche la reprimenda dei giudici secondo i quali l’acquirente avrebbe fatto meglio a «valutare, all'epoca dell'acquisto dell' appartamento, le condizioni acustiche dell'impianto e delle mura dell'immobile». Una tesi completamente respinta dalla Cassazione secondo cui «il contenimento delle emissioni, di qualsiasi genere, entro i livelli massimi fissati dalle normative di tutela ambientale e nell'interesse della collettività, non costituisce circostanza sufficiente ad escludere in concreto l'intollerabilità delle correlative immissioni». Mentre, per converso, «il superamento di detti livelli, da assumersi quali criteri minimali di partenza ai fini del giudizio di tollerabilità o meno, deve ritenersi senz'altro illecito». Per cui, conclude la Corte, «la diretta ed immediata esposizione, in ragione della vicinanza, alle fonti di emissione acustica, ove queste siano superiori a quelle normativamente fissate a tutela indifferenziata della collettività, giustifica in ogni caso il vicino a chiedere la tutela inibitoria e risarcitoria».