Unanime orientamento giurisprudenziale e dottrinale ha affermato che, il condomino che intenda evitare gli effetti della sentenza sfavorevole pronunciata nel giudizio cui egli ha preso parte attraverso l’amministratore può valersi dei mezzi di impugnazione dati alla parte. Al riguardo occorre rammentare che il condominio, si configura come ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, con la conseguenza che l’amministratore, in funzione di organo unitario rappresentativo, non priva il singolo partecipante della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all’edificio condominiale; pertanto il singolo condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale, non avendo influenza alcuna, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione di tale sentenza da parte dell’amministratore. Tale principio, tuttavia, non trova applicazione riguardo alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazione dell’assemblea condominiale che, come quella relativa alla gestione di un servizio comune, tenda a soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all’interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la conseguenza che, in tali controversie, la legittimazione ad agire – e quindi anche ad impugnare – spetta in via esclusiva all’amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino. Ne consegue che spetta in via esclusiva all’amministratore non anche ai singoli condomini la legittimazione ad impugnare la sentenza sfavorevole al condominio avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di nomina dell’amministratore, essendo quest’ultima diretta a soddisfare le esigenze della gestione collettiva e solo indirettamente l’interesse del singolo al funzionamento corretto della vita condominiale.