Art. 117 TUB difetto della forma scritta. Mancato accoglimento dell'ordinanza ingiunzione
Ordinanza del Tribunale di Milano del 16.2.2015
Avv. Monica Mandico
di Napoli, NA
Letto 261 volte dal 17/02/2016
L’ordinanza in parola è stata pronunciata dal Giudice meneghino in seguito alla sciolta riserva del 16.2.15 (conseguente alla prima udienza del 13.2.15) nella causa ordinaria avente ad oggetto l’accertamento negativo del credito, attivato dall’avv. Biagio Riccio e dall’avv Monica Mandico mediante una citazione in giudizio della Banca, afferente un conto corrente ancora in essere. Il procedimento in parola è stato azionato sulla base di una perizia tecnica della SDL, dalla quale è emerso che il conto in questione era stato trattato per anni con addebiti ingiustificati di competenze e remunerazioni, ancorchè il perito aveva rilevato importi consistenti per usura oggettiva (art. 644 co.3 c.p.) e per usura soggettiva (art. 2 l.108/96), ancorchè differenze di solo anatocismo. Tuttavia l’istituto di credito si costituiva 20 giorni prima dell’udienza fissata in citazione e depositava copiosa documentazione relativa al rapporto contrattuale intrattenuto tra le parti e, per di più, formulava domanda riconvenzionale e istanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c.. per un importo pari ad € 70.000,00. Orbene, nell’analizzare la documentazione prodotta da parte avversa – per meglio contrastare l’istanza ex art. 186 ter c.p.c. – emergeva che l’istituto aveva depositato un mero saldaconto, che non fornisce alcuna prova del credito della banca. Sul punto, questa difesa ha eccepito che l’estratto di saldaconto bancario è documento di natura dichiarativa proveniente dalla stessa banca ricorrente, sostanziantesi nell’attestazione dell’assistenza della partita contabile di derivazione della ragione creditoria, in quanto composto da una certificazione della risultanza del credito dalle scritture contabili e da una dichiarazione di veridicità e di liquidità dello stesso ad opera di un dirigente della banca, che nulla aggiunge sul piano della garanzia della pretesa creditoria. La difesa del cliente ha rimarcato che l’art. 161 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, ha espressamente abrogato l’art. 102 della legge bancaria, il quale prevedeva per la Banca d’Italia, gli istituti di diritto pubblico, le banche d’interesse nazionale e le casse di risparmio con un patrimonio di almeno cinquanta milioni di lire la possibilità di chiedere decreto ingiuntivo anche in base «all’estratto dei loro saldaconti certificato conforme alle scritturazioni da uno dei dirigenti dell’istituto interessato, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido». Va detto che spesso accade come in sede di accertamento dello stato passivo, vi siano insinuazioni di banche esponenti crediti derivanti da conti correnti chiusi con saldi negativi, documentati dalla sola indicazione della somma corrispondente al saldo finale, semplicemente sostituendo alla vecchia indicazione dell’art. 102 l. banc. quelle del nuovo art. 50 D.Lgs. 385/1993, sprovvisto, sicuramente, del suo presupposto sostanziale di esposizione della formazione del saldo negativo.
Il procedimento in parola è stato azionato sulla base di una perizia tecnica della SDL, dalla quale è emerso che il conto in questione era stato trattato per anni con addebiti ingiustificati di competenze e remunerazioni, ancorchè il perito aveva rilevato importi consistenti per usura oggettiva (art. 644 co.3 c.p.) e per usura soggettiva (art. 2 l.108/96), ancorchè differenze di solo anatocismo.
Tuttavia l’istituto di credito si costituiva 20 giorni prima dell’udienza fissata in citazione e depositava copiosa documentazione relativa al rapporto contrattuale intrattenuto tra le parti e, per di più, formulava domanda riconvenzionale e istanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c.. per un importo pari ad € 70.000,00.
Orbene, nell’analizzare la documentazione prodotta da parte avversa – per meglio contrastare l’istanza ex art. 186 ter c.p.c. – emergeva che l’istituto aveva depositato un mero saldaconto, che non fornisce alcuna prova del credito della banca.
Sul punto, questa difesa ha eccepito che l’estratto di saldaconto bancario è documento di natura dichiarativa proveniente dalla stessa banca ricorrente, sostanziantesi nell’attestazione dell’assistenza della partita contabile di derivazione della ragione creditoria, in quanto composto da una certificazione della risultanza del credito dalle scritture contabili e da una dichiarazione di veridicità e di liquidità dello stesso ad opera di un dirigente della banca, che nulla aggiunge sul piano della garanzia della pretesa creditoria. La difesa del cliente ha rimarcato che l’art. 161 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, ha espressamente abrogato l’art. 102 della legge bancaria, il quale prevedeva per la Banca d’Italia, gli istituti di diritto pubblico, le banche d’interesse nazionale e le casse di risparmio con un patrimonio di almeno cinquanta milioni di lire la possibilità di chiedere decreto ingiuntivo anche in base «all’estratto dei loro saldaconti certificato conforme alle scritturazioni da uno dei dirigenti dell’istituto interessato, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido».
Va detto che spesso accade come in sede di accertamento dello stato passivo, vi siano insinuazioni di banche esponenti crediti derivanti da conti correnti chiusi con saldi negativi, documentati dalla sola indicazione della somma corrispondente al saldo finale, semplicemente sostituendo alla vecchia indicazione dell’art. 102 l. banc. quelle del nuovo art. 50 D.Lgs. 385/1993, sprovvisto, sicuramente, del suo presupposto sostanziale di esposizione della formazione del saldo negativo.
In ogni caso, oltre all’esposta eccezione, veniva fatta presente al Giudice anche un’altra circostanza, anzitutto non poteva essere assolutamente richiesta l’ordinanza ex art. 186 ter cpc, perché il credito per il quale si procede è usurario, non solo in ragione della perizia SDL acclusa, ma valutando il semplice dato contrattuale, se si tiene in considerazione la commissione di massimo scoperto, senza tener in conto l’effetto anatocistico.
Si è altresì rilevato al Giusdicente, che i conti oggetto del giudizio de quo sono privi di data certa e dunque inutilizzabili: infatti, la mancanza di data certa non rende opponibile il contratto, che non assurge a forma scritta né ad probationem né ad substantiam.
La relazione non essendo provata contrattualmente comporta che, per espressa disposizione del testo unico bancario, si applichino ai conti de quibus gli interessi legali in luogo di quelli contrattualmente previsti.
Il Giudice del Tribunale di Milano, accogliendo le eccezioni innanzi formulate, sulla base dei rilievi emersi dalla perizia tecnico contabile di SDL, ha respinto l’istanza di concessione di ordinanza ex art. 186 ter cpc sia perché non ha ritenuto il saldaconto una prova idonea del preteso credito che per mancanza degli estratti conti relativi al rapporto oggetto di accertamento negativo, ancorchè per la mancata sottoscrizione delle condizioni del contratto di conto corrente.
Avv. Monica Mandico
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