Annullabile per vizio del consenso contratto di conto corrente bancario (di servizio) fatto aprire dalla banca con pressioni, raggiri e macchinazioni
Cassazione Civile, Sezione I, 14 novembre 2011 n. 23794
Avv. Maria Martignetti
di Roma, RM
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Una signora, titolare di alcune quote di un fondo monetario presso una banca, decideva di vendere le sue quote e di farsi accreditare il ricavo su un altro conto corrente. La banca, invece, stornava la somma ricavata dal disinvestimento per compensare un debito, garantito da fideiussione prestata dalla figlia, cointestataria presso la stessa banca di un conto corrente di servizio. La signora richiedeva la restituzione della sua somma di denaro, sostenendo che l'unica ragione per cui era stato aperto il c.d. conto corrente di servizio, cointestatato alla figlia, era stata una "macchinazione" della banca, attuata – come talvolta accade - con pressioni, artifici e raggiri. La Corte, prima sezione, con la sentenza in esame 14 novembre 2011 n. 23794 ha ritenuto: - che pur in assenza di una richiesta specifica dell'attrice di annullamento del contratto, già nell'atto di citazione in primo grado aveva invocato l'art. 1427 c.c., richiamando la normativa che disciplina l'istituto del dolo, quale vizio del consenso idoneo ad annullare l'atto; - che i giudici del merito avevano errato nel considerare nuova la domanda di annullamento del contratto, perché era stata esplicitamente formulata solo in appello, omettendo di valutare che già nelle conclusioni in primo grado si faceva espresso riferimento «all'illiceità dell'operazione posta in essere» dalla banca; - che il giudice di merito, nel valutare la novità delle domande formulate in appello, non può fermarsi al tenore meramente letterale degli atti, ma deve aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere dalla parte; - che, pertanto non doveva considerarsi tardiva la domanda di annullamento, formulata in appello, se – come nella specie - già ricavabile dal contenuto sostanziale degli atti in I grado.
Sentenza 14 novembre 2011 n. 23794
La Corte Suprema di Cassazione
Sezione Prima Civile
Fatto
Svolgimento del processo
C.L., titolare di quote del fondo B.N. Monetario Italia sottoscritte presso la filiale di .................del Banco di Napoli e cointestaria presso la me-desima banca, insieme alla figlia G. A., di un c.d. conto corrente di ser-vizio, identificato col n. ................., aperto per consentire il tempora-neo deposito delle somme provento di eventuali disinvestimenti, in vista dei loro futuri reimpieghi, il 10.8.98 decise di procedere alla vendita del-le quote del fondo sottoscritto e chiese al Banco di Napoli di accreditare, mediante bonifico, il netto ricavo del disinvestimento su un conto cor-rente di corrispondenza da lei acceso presso la Banca Toscana.
Ricevuta tempestiva comunicazione dell'avvenuta vendita dei titoli e dell'accredito del netto ricavo di L. 62.183.548 sul conto corrente di ser-vizio n. ................., la C. riscontrò pochi giorni dopo che il Banco di Napoli, anzichè dar seguito alle disposizioni impartitegli il 10.8.98, aveva stornato la somma sul conto corrente n. ................., intestato alla Ere-di Dragani Antonio s.n.c., utilizzandola per compensare, sino alla sua concorrenza, il debito della società derivante dallo scoperto di tale conto, garantito da fideiussione prestata dalla figlia G.A..
La causa promossa dalla C. nei confronti del Banco di Napoli per ottene-re la restituzione della somma, che ella assumeva esserle stata illecita-mente sottratta, fu definita in primo grado con sentenza di accoglimento del Tribunale di Chieti, che condannò la banca convenuta a pagare all'at-trice Euro 32.115,12, oltre accessori e spese. La decisione fu impugnata dal Banco di Napoli. Nel corso del giudizio d'appello si costituirono, in luogo delle parti originarie, il Sanpaolo IMI s.p.a., incorporante per fu-sione l'istituto di credito appellante, ed G.A. e M., eredi di C. L., decedu-ta il (OMISSIS).
La Corte d'Appello dell'Aquila, con sentenza del 29.8.05, in accoglimento del gravame, respinse la domanda restitutoria.
La Corte territoriale, ritenuto che il divieto di nuove prove in appello sta-bilito dall'art. 345 c.p.c. si riferisse esclusivamente alle prove costituen-de, dichiarò ammissibili i nuovi documenti prodotti dalla banca nel gra-do; affermò poi l'incapacità a deporre di G.A., escussa quale teste nel corso dell'istruttoria svoltasi dinanzi al Tribunale; nel merito rilevò: che il contratto di conto corrente bancario (di servizio) dedotto in giudizio do-veva ritenersi pienamente valido fra le parti, posto che la C. non ne ave-va esplicitamente domandato l'annullamento per vizio del consenso con l'atto di citazione e che pertanto la domanda di annullamento, dalla stessa introdotta con la comparsa di risposta depositata in grado d'ap-pello, era inammissibile; che la clausola n. 5 di tale contratto - che rical-cava, ampliandolo, il disposto dell'art. 1853 c.c. - prevedeva la possibili-tà di compensazione fra più rapporti e più conti, di qualsiasi genere e natura, esistenti fra il Banco e il correntista e precisava altresì, che, se il conto fosse stato intestato a più persone, il Banco avrebbe avuto facoltà di operare la compensazione sino alla concorrenza dell'intero credito risultante dal saldo del conto, anche nei confronti di conti o di rapporti di pertinenza di alcuni soltanto dei cointestatari; che, attesa l'ampiezza e l'onnicomprensività della formula utilizzata, doveva ritenersi che la clau-sola autorizzasse la compensazione legale tutte le volte che un medesi-mo soggetto avesse, contemporaneamente, ragioni di credito e di debito con la banca, a nulla rilevando la sua posizione di contraente o di mero garante dell'obbligazione di pagamento; che, sotto diverso profilo, il te-nore della clausola rendeva inopponibile alla banca la circostanza che il denaro depositato sul conto cointestato appartenesse al titolare non de-bitore.
La sentenza è stata impugnata dalle eredi di C.L. con ricorso per cassa-zione affidato a cinque motivi.
Il Sanpaolo IMI s.p.a. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo di ricorso, le eredi C. lamentano violazione del-l'art. 345 c.p.c. e rilevano che, il divieto di produzione di nuove prove in appello si estende anche ai documenti che la parte non dimostri di non aver potuto allegare in primo grado per fatto ad essa non imputabile.
2) Col secondo motivo, deducendo violazione dell'art. 246 c.p.c. e art. 2697 c.c., le ricorrenti contestano che .. fosse incapace a deporre.
3) Con il terzo motivo, le eredi C. deducono violazione dell'art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 e sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la loro dante causa aveva implicitamente richie-sto, già nelle conclusioni rassegnate nell'atto di citazione, l'annullamento per vizio del consenso del contratto o, quantomeno, della clausola che ne prevedeva la cointestazione alla figlia.
4) Con il quarto ed il quinto motivo le ricorrenti denunciano infine, ri-spettivamente, violazione dell'art. 1853 c.c. e dell'art. 1854 c.c. Sostengono, sotto il primo profilo, che, poichè il fideiussore non può essere equiparato al correntista, nel caso di specie difettava il presupposto del-l'unicità di soggetti, richiesto dalla legge ai fini della compensazione fra saldi attivi e passivi; rilevano, sotto il secondo, che i soggetti cointesta-tari di un conto assumono posizione solidale nei confronti dell'istituto di credito esclusivamente in relazione alle posizioni creditorie o debitorie di quel conto.
Appare pregiudiziale l'esame del terzo motivo, che è fondato e merita accoglimento.
Va innanzitutto precisato che l'interpretazione della domanda compiuta dal giudice d'appello costituisce accertamento di merito, che può essere sindacato unicamente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5. La censura svolta dalle eredi C. si risolve, tuttavia, nella deduzione di un vizio di motiva-zione della sentenza impugnata, per aver la Corte territoriale tralasciato di considerare gli elementi che portavano a concludere che la domanda di annullamento del contratto per vizio del consenso fosse stata formula-ta già nell'atto di citazione, e pertanto il suo esame non risulta precluso dal fatto che le ricorrenti la abbiano erroneamente qualificata, afferman-done la riconducibilità al disposto dell'art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 4349/00).
Ciò premesso, va sul punto richiamato il costante e consolidato inse-gnamento di questa Corte secondo cui il giudice del merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanzia-le della pretesa fatta valere, si come desumibile dalla natura delle vicen-de dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola pro-spettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell'effettivo suo contenuto sostanziale (fra molte, Cass. nn. 3012/2010 19331/07, 23819/07).
Va allora considerato che nell'atto di citazione la C. aveva dedotto di aver acceso il c.d. conto corrente di servizio solo per le pressioni su di lei esercitate da un funzionario del Banco di Napoli, il quale gliene aveva prospettato l'assoluta necessità e per di più, affermando falsamente che ciò corrispondeva ad un suo interesse, l'aveva indotta anche a cointe-starlo alla figlia; che, inoltre, proprio sulla scorta di tali circostanze, l'at-trice non solo aveva sostenuto che era stata ordita una "macchinazione" a suo danno, ma aveva espressamente invocato il disposto dell'art. 1427 c.c., rilevando come "la fattispecie è (fosse) inquadratile nella normativa che disciplina l'istituto del dolo quale vizio del consenso idoneo ad annul-lare l'atto". E' dunque palese l'error in iudicando compiuto dalla Corte di merito che, senza darsi carico del contenuto dell'atto introduttivo, senza tener conto che l'istruttoria condotta in primo grado aveva avuto ad og-getto proprio l'accertamento dei fatti che avevano preceduto l'accensio-ne del conto corrente (ancorché il G.U. li avesse poi tralasciati in senten-za, non valutando se il contratto fosse o meno annullabile, per aver rite-nuto sufficiente all'accoglimento della domanda restitutoria la circostan-za che il denaro depositato sul conto fosse di esclusiva titolarità della C. e senza neppure interrogarsi sul significato da attribuire alla frase "ac-certata e dichiarata l'illiceità dell'operazione posta in essere dal Banco di Napoli", comunque inserita nelle conclusioni precisate dall'attrice, ha ritenuto che la domanda di annullamento del contratto, avanzata nell'at-to d'appello, fosse nuova solo perchè "non esplicitamente" formulata in citazione.
L'accoglimento del motivo, attinente a questione preliminare rispetto ad ogni altra dibattuta nel merito fra le parti, comporta l'assorbimento degli ulteriori motivi.
La sentenza va, in conclusione, cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rimessa per un nuovo esame alla Corte d'Appello dell'Aquila, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello dell'Aquila, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2011
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