usura bancaria
Trib. Monza Sez. III, Sent., 31-10-2014
Avv. Monica Mandico
di Napoli, NA
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La clausola di determinazione del tasso di interessi uso piazza. Per quanto riguarda la questione di nullità della clausola di determinazione della misura degli interessi passivi mediante rinvio agli "usi piazza", va osservato che, in tema di contratti bancari, anche nel regime anteriore alla entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154 e del successivo testo unico sulla disciplina bancari
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Monza
Terza Sezione Civile - Fallimentare
Giudice dott. Mirko Buratti
Il giudice unico ha pronunziato il giorno 31 ottobre 2014 la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di primo grado promosso
da
La. s.r.l. , difesa
parte attrice
nei confronti di
Banca di C. C. di C. s.c. , difesa
parte convenuta
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il giorno 19 dicembre 2012, La. s.r.l. convenne in giudizio Banca di C. C. di C. s.c. e chiese che venisse accertata la nullità, totale o parziale, dei contratti stipulati con la banca per effetto dell'avvenuta applicazione di condizioni ed interessi ultralegali e comunque di carattere usurario, con conseguente obbligo della convenuta di rimborsare tutte le somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, ovvero di pagare una somma equivalente all'indebito arricchimento. In via subordinata, chiese che venisse dichiarata l'invalidità e la nullità parziale dei contratti di apertura di credito in conto corrente in relazione alle clausole relative all'interesse anatocistico trimestrale ed al tasso di interesse ultralegale, con conseguente condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse, oltre alle spese sostenute per le perizie.
La. s.r.l. evidenziò di avere intrattenuto il rapporto di conto corrente n. 6237 con l'istituto bancario Banca di C. C. di C. s.c., presso la filiale di -OMISSIS-, e di aver stipulato, in data 12 gennaio 2006, il contratto di mutuo ipotecario n. 15748/6220. Spiegò di aver commissionato una perizia dalla quale era emerso che la banca aveva applicato, sui suddetti rapporti, tassi usurari che, in alcuni trimestri, erano risultati di oltre una volta e mezza superiori al tasso soglia. Eccepì, inoltre, l'invalidità della clausola di determinazione degli interessi "uso piazza", la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, la nullità della commissione di massimo scoperto e dei criteri di contabilizzazione della valuta nei rapporti di dare ed avere e degli addebiti a titolo di spese, nonché delle clausole abusive o vessatorie, di quelle relative alla facoltà della Banca di modifica unilaterale dei contratti, di quelle contenenti prezzi e condizioni più sfavorevoli per il cliente ed, infine, dei contratti per mancato invio da parte della banca della comunicazione riepilogativa annuale e per inosservanza del principio di buona fede contrattuale.
Banca di C. C. di C. s.c. si costituì ed evidenziò che il contratto di mutuo, stipulato nel gennaio 2006, era stato sospeso nell'anno 2009 su richiesta di La. s.r.l. che si trovava in stato di difficoltà momentanea e che era morosa nel pagamento di tre rate: il contratto era stato, poi, risolto per inadempimento. Precisò che le condizioni economiche erano state pattuite e sottoscritte dalle parti, che il mutuo era tasso variabile e che i tassi applicati erano conformi a quelli pattuiti. Aggiunse che, a fronte di un capitale erogato di Euro 850.000, il credito residuo della banca ammonta a Euro 532.478,62, oltre interessi di mora dal 17 luglio 2012 al saldo. Relativamente al conto corrente, la Banca eccepì la prescrizione decennale delle pretese restitutorie, nonché la decadenza della società correntista per mancata impugnazione degli estratti del conto corrente. In ogni caso, affermò che il contratto era corredato, fin dalla sua sottoscrizione, dall'esplicita pattuizione delle condizioni economiche riguardanti la tipologia e la misura dei tassi, successivamente riportate negli estratti conto, e che nell'esecuzione del rapporto aveva inviato costantemente alla società correntista i documenti di sintesi. Spiegò di essersi uniformata, a partire dal mese di luglio 2000, ai criteri di reciprocità nel calcolo degli interessi attivi e passivi e che non si era verificato il superamento dei tassi soglia dal momento che, essendo il rapporto risalente al 1991, non era ancora entrata in vigore la legge antiusura. Contestò l'indeterminatezza delle nullità sollevate con riferimento a presunte clausole vessatorie o abusive, alla facoltà di modifica unilaterale dei contratti, espressamente sancita dall'articolo 118 TUB, ed in tema di applicazione delle valute. Chiese il rigetto delle domande di parte attrice e l'accertamento dell'esistenza di un debito in capo a La. s.r.l. per la somma di Euro 532.478,62, oltre interessi convenzionali di mora dal 17 luglio 2012, quanto al mutuo ipotecario, e per la somma di Euro 636.570,13 quanto al saldo debitore del conto corrente, oltre interessi convenzionali di mora dal 13 giugno 2012.
Venne disposta consulenza tecnica d'ufficio.
Precisate le conclusioni all'udienza del giorno 22 maggio 2014, la causa venne rimessa in decisione normadell'art. 190 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
Le domande proposte da La. s.r.l. sono fondate solo in parte e vanno, pertanto, accolte nei termini di seguito indicati.
La. s.r.l. aveva concluso con Banca di C. C.di C. s.c. (all'epoca C. R. ed A.), in data 27 febbraio 1975, un contratto di conto corrente di corrispondenza, contraddistinto dal n. -OMISSIS-, presso la filiale di -OMISSIS-.
Nel contratto di conto corrente non sono specificamente regolate le condizioni economiche, ma all'articolo 8 delle condizioni generali è previsto che "gli interessi e le commissioni dovuti dal correntista..., salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza".
Anche il successivo contratto datato 6 marzo 1991, sempre relativo al conto corrente n. -OMISSIS-, riporta un'analoga clausola (art. 7) e specifica, nelle premesse, che il tasso di interesse è determinato "come da condizioni vigenti sul mercato finanziario, esposte nell'albo della Cassa e riportate sugli estratti di conto corrente".
Solo a partire dal 28 aprile 2009, con decorrenza dal 15 maggio 2009, risultano specificamente pattuite le condizioni economiche integranti il contratto di conto corrente, con specifico riferimento ai tassi creditori e debitori applicati, alla periodicità della capitalizzazione, alla commissione di massimo scoperto, alle spese di tenuta ed estinzione del conto, ai giorni di valuta, ecc..
- La clausola di determinazione del tasso di interessi uso piazza.
Per quanto riguarda la questione di nullità della clausola di determinazione della misura degli interessi passivi mediante rinvio agli "usi piazza", va osservato che, in tema di contratti bancari, anche nel regime anteriore alla entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154 e del successivo testo unico sulla disciplina bancaria(D.Lgs. n. 385 del 1993, di seguito T.U.B.), la convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto dell'art. 1284, comma terzo, cod. civ., solo quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in detta convenzione oggettivamente indicati e richiamati.
Pertanto, una clausola contenente un generico riferimento alle "condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza" può ritenersi valida ed univoca solo se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi interbancari, nel rispetto delle regole di concorrenza e non anche quando tali accordi contengano riferimenti a tipologie di tassi praticati su scala locale e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento.
Di regola, la clausola che si limiti ad un mero riferimento "alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza", o espressioni analoghe, è però di per sé inidonea a fare ritenere sufficientemente determinato il tasso, poiché, data l'esistenza di diverse tipologie di interessi, essa non consente, per la sua genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso concretamente riferirsi. Né, in tal caso, la conoscenza successiva del saggio applicato vale a sanare l'originario vizio di nullità della pattuizione, per carenza del requisito della determinabilità, la cui esistenza l'art. 1346 c.c. esige a priori, al punto che esso non può essere individuato successivamente, tanto più quando il saggio non sia determinato da entrambe le parti ma da una di esse, che l'abbia portato a conoscenza dell'altra, attraverso documenti che abbiano il fine esclusivo di fornire l'informazione delle operazioni periodicamente contabilizzate e non anche di contenere proposte contrattuali, capaci di assumere dignità di patto in difetto di espresso dissenso.
La dichiarata nullità della clausola di applicazione degli interessi ultralegali comporta che, ai fini della rideterminazione del saldo del conto corrente, i tassi di interesse indebitamente applicati dalla Banca devono essere sostituiti con i tassi d'interesse legale (di cui all'art. 1284 cod. civ.), sino all'epoca di rideterminazione pattizia dei tassi; al tasso convenzionale pattuito per iscritto dalle parti da tale epoca in poi.
Vanno, inoltre, esaminate le questioni relative all'eccepita nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, di quelle che prevedono l'applicazione di commissioni di massimo scoperto e che comportano il superamento della soglia antiusura.
- La clausola di capitalizzazione trimestrale.
L'articolo 8 citato delle norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi prevede che "i rapporti di dare ed avere vengono regolati, in via normale, annualmente al 31 dicembre, portando a capitale gli interessi e le commissioni ai tassi stabiliti, le spese...", cioè annualmente relativamente ai conti creditori, mentre per quelli debitori la chiusura opera trimestralmente: "i conti che risultino, anche saltuariamente, debitori vengono regolati, invece, in via normale, trimestralmente...". Di analogo tenore è il contenuto della clausola del successivo contratto del 6 marzo 1991 (art. 7).
Con riferimento all'eccezione relativa all'invalidità della clausola del contratto di conto corrente inerente la capitalizzazione trimestrale sui saldi passivi, è noto che il lungo dibattito nella giurisprudenza di legittimità e di merito è divenuto in concreto incontrovertibile a seguito dell'intervento delle Sezioni Unite che hanno ribadito la nullità delle clausole contemplanti la capitalizzazione trimestrale (Cass. civ., Sez. Unite, 4 novembre 2004, n. 21095).
Il contrasto interpretativo, peraltro, è stato risolto per il futuro dalla modifica dell'art. 120 T.U.L.B. apportata con l'art. 25 D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 e dalla successiva adozione della Del.CICR 9 febbraio 2000, cui le norme citate appunto rinviavano per la determinazione delle modalità e dei criteri di produzione di interessi sugli interessi.
La deliberazione del CIRC (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) del 9 febbraio 2000, relativa "alle modalità e ai criteri per la produzione di interessi sugli interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria", ha consentito alle banche di prevedere interessi con capitalizzazione trimestrale per le operazioni poste in essere successivamente all'entrata in vigore della delibera stessa, a condizione che sia applicata la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e di quelli debitori.
Ne consegue che la capitalizzazione trimestrale per i conti correnti anteriori alla L. n. 342 del 1999 deve considerarsi nulla fino all'epoca in cui è entrata in vigore la deliberazione del CIRC (1 luglio 2000), mentre per il periodo successivo la pattuizione della clausola relativa va ritenuta valida purchè sia rispettato nel calcolo il criterio della medesima periodicità.
Nella specie, non vi è contestazione in ordine al fatto che la Banca, con decorrenza dal 1 luglio 2000, in ottemperanza a quanto disposto dalla deliberazione del CIRC, ha stabilito che gli interessi attivi e passivi sarebbero stati calcolati, e conseguentemente addebitati o accreditati sul conto corrente, con periodicità trimestrale.
Gli interessi passivi maturati sul conto corrente di La. s.r.l., come evidenziato dal consulente tecnico d'ufficio, derivano dalla capitalizzazione degli interessi effettuata in applicazione della clausola contrattuale n.8 di cui si è accertata la nullità, con periodicità trimestrale degli interessi dovuti dal correntista alla banca ed annuale per quelli dovuti dalla banca al cliente, mentre successivamente alla data del 1 luglio 2000 la capitalizzazione degli interessi passivi è stata effettuata con la stessa periodicità di quella degli interessi attivi.
- La commissione di massimo scoperto.
Con riferimento alla commissione di massimo scoperto, si deve ritenere che la relativa pattuizione, per quando specificamente prevista nelle condizioni economiche contrattuali, sia affetta da nullità perché priva di causa.
In ordine a tale questione, va osservato che Banca di C. C. di C. s.c. ha in effetti applicato in costanza di rapporto una commissione rapportata all'utilizzo del fido richiesto e concesso per un ammontare complessivo di Euro19.827,40 relativamente al contratto di conto corrente e di Euro 803,49 per il conto accessorio.
Si tratta di trasferimento patrimoniale che si configura nullo per mancanza di causa.
Infatti, è stato affermato che il servizio reso dall'istituto di credito con l'apertura di credito trova già sufficiente ed adeguata remunerazione nella pattuizione degli interessi che, peraltro, costituisce per volontà del legislatore la tipica remunerazione per le prestazioni consistenti nel prestito di denaro, con la conseguenza che la richiesta di ulteriori somme per tale prestazione si configura come priva di causa (cfr. Cass. 6.8.2002 n. 11772; Trib. Milano 4.7.2002; Corte D'Appello Lecce 27.6.2000; Tribunale Monza, sezione di Desio 7.4.2006).
Questo Giudicante aveva, in passato, condiviso l'opinione dell'esistenza di causa idonea a supportare la pattuizione in discussione ravvisandola nel fatto che la commissione di massimo scoperto costituisse il corrispettivo destinato a remunerare la specifica prestazione della banca consistente nell'immediata ed integrale messa a disposizione dei fondi di cui all'apertura di credito, con il conseguente obbligo per la banca di erogare il credito a semplice richiesta del cliente.
Infatti, l'immediata ed integrale messa a disposizione dei fondi promessi con l'apertura di credito non può considerarsi prestazione autonoma od accessoria di quella principale consistente nell'erogazione delle somme, ma è ad essa intrinseca.
In proposito le sentenze di merito che hanno approfondito il tema della validità delle clausole di massimo scoperto (cfr. Trib. Milano 4.7.2002 in Banca Borsa e titoli di credito 2003; Trib. Trapani 7.7.2004; Corte D'Appello Lecce 27.6.2000) evidenziano che nella prassi la commissione è applicata soltanto nel caso in cui il cliente utilizzi il fido con conseguente addebito al cliente sia degli interessi sia della commissione.
Di contro, se realmente si volesse attribuire alla stessa la funzione di remunerare la messa a disposizione della somma tout court, la commissione dovrebbe essere applicata soltanto nel caso di non utilizzo del fido e dovrebbe, conseguentemente essere denominata commissione di massimo affidamento.
Come è stato efficacemente sostenuto da autorevole dottrina: "...È vero che siffatta commissione di massimo scoperto non risulta adeguatamente determinata nel suo contenuto. In particolare la mancata determinazione delle prestazioni a carico ed a vantaggio del correntista fa emergere la mancanza di una causa giustificativa della attribuzione e della quantificazione degli oneri a carico del cliente. Né i manuali di tecnica bancaria, né quelli di diritto bancario dedicano particolare attenzione al tema, al punto che lo stesso significato di detta clausola rimane oscuro. Ma, come se non bastasse, allorquando la dottrina tenta una definizione della clausola, si riscontra in realtà nella pratica bancaria una applicazione del tutto diversa, singolare, attraverso i parametri e i principi tutt'altro che compatibili col risultato di attribuire al correntista debitore oneri che, nella sostanza, dipendono dalla unilaterale decisione della banca. È vero che sul piano economico la prima definizione che viene avanzata di siffatta clausola è quella, che pure potrebbe essere apparentemente limpida e plausibile, secondo cui tale commissione avrebbe carattere corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una certa somma per un certo lasso di tempo. In questo modo, la commissione di massimo scoperto sembrerebbe atteggiarsi ad una sorta di corrispettivo preteso e, se del caso, dovuto alla banca per il semplice fatto che, con la concessione dell'apertura di credito, indipendentemente dall'utilizzazione del credito, la banca tiene a disposizione del cliente una somma di denaro e quindi sopporta la diseconomia di tenere ferma tale somma senza poter godere dell'utilità degli interessi che alla banca sarebbero dovuti se effettivamente tale somma venisse utilizzata."
Nel caso in cui, come nella fattispecie, la commissione di massimo scoperto venga applicata sul massimo sconfinamento eseguito nel periodo, deve essere considerata illegittima poiché costituisce una doppia imposizione su somme che già sono produttive di interessi, determinando una forma occulta di costo per il cliente realizzata attraverso l'ingiustificato incremento del tasso reale dell'interesse praticato.
In proposito, la Suprema Corte ha recentemente affermato che, ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario rilevante per il delitto di usura, occorre tenere conto di tutte le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo richieste al debitore e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione di credito, cioè di tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito, con la conseguenza che "Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacchè ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo per l'onere, al quale l'intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente" (Cass. Penale, 26 marzo 2010, n. 12028).
Al riguardo, è opportuno evidenziare come la Banca d'Italia, nell'elaborare, con propria circolare del 1 ottobre 1996 (e periodicamente aggiornata), le "Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura", aveva stabilito che la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del T.E.G. (tasso effettivo globale), rispetto al quale va rilevata separatamente.
Tuttavia, il fatto che la commissione di massimo scoperto - osserva la Suprema Corte - costituisca in concreto un onere posto in relazione allo scoperto di conto corrente, diretto a compensare la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione risorse liquide per l'affidamento concesso, ha fatto sorgere legittime perplessità in ordine alla conformità al dettato legislativo del metodo di rilevazione adottato dalla prassi amministrativa della Banca d'Italia, e posto a fondamento dei decreti ministeriali in cui è contenuta la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio, nella parte in cui esclude la commissione di massimo scoperto dal calcolo del TEG.
Tale interpretazione risulta, oggi, avvalorata dalla normativa recentemente entrata in vigore in materia di contratti bancari: infatti, l'articolo 2 bis della L. 28 gennaio 2009, n. 2 ha ridimensionato l'operatività delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, avendo stabilito che tutte le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della banca dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente assume rilievo ai fini dell'applicazionedell'articolo 1815 cod. civ., dell'articolo 644 cod. pen. e degli articoli 2 e 3 della L. 7 marzo 1998, n. 108.
In applicazione di tale normativa, la Banca d'Italia, nell'agosto 2009, ha modificato le istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura ricomprendendo fra le varie voci rilevanti ai fini del calcolo del tasso anche la commissione di massimo scoperto.
Indipendentemente dalla natura interpretativa od innovativa della novella legislativa, non rileva ai fini della decisione la questione della irretroattività del suddetto intervento legislativo, posto che la necessità di ricomprendere nel calcolo del TEG la commissione di massimo scoperto discendeva già in passato direttamente dal precetto contenuto nell'art. 644 cod. pen., non derogabile da norme di rango inferiore.
Acclarata la nullità di tale clausola ne consegue che le somme imputate a commissione di massimo scoperto sono prive di causa e quindi costituiscono indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., nella specifica ipotesi di "conditio sine causa" (cfr. Cass. 1.7.2005 n. 14084).
- L'usura.
Per quanto riguarda il preteso superamento dei limiti del tasso soglia antiusura, va osservato che parte attrice si è sottratta persino all'onere minimo di allegazione del fatto che gli interessi pattuiti al momento della conclusione del contratto superassero il tasso soglia in quel momento vigente.
La consulenza tecnica d'ufficio ha accertato, in ogni caso, che non si è verificato il superamento del limite del tasso soglia (salvo che nel solo primo trimestre 2006: superamento sopravvenuto che, tuttavia, rientra nei limiti una volta detratte, nel saldo rettificato, le CMS illegittimamente applicate), pur prendendo in considerazione tutti gli oneri collegati all'erogazione del credito (escluse solo le somme che hanno semplice natura di corrispettivo per il servizio prestato dalla banca, quali le spese di tenuta conto a liquidazione periodica e quelle di chiusura, non anche quelle di liquidazione degli interessi delle linee di credito avente carattere variabile e necessariamente collegate all'erogazione del credito) e la commissione di massimo scoperto.
In ordine alla questione relativa agli oneri da ricomprendere nel calcolo del TEG, va osservato che devono considerarsi non direttamente collegate all'erogazione del credito le spese di tenuta del conto corrente a liquidazione periodica e quelli di chiusura, mentre quelle di liquidazione degli interessi vanno, di regola, ricomprese nella base di calcolo, in quanto si tratta di oneri che non verrebbero addebitati in caso di mancata maturazione degli interessi passivi, salvo che tali oneri vengano liquidati in misura forfettaria ed indipendente dall'ammontare degli interessi dovuti e, comunque, in misura non eccedente il costo applicato per la liquidazione degli interessi a credito del cliente perché, in tal caso, si tratta di spese volte a compensare una specifica attività posta in essere dalla banca e non riconducibili all'erogazione del credito.
- La prescrizione.
Con riferimento all'eccezione sollevata dalla Banca di prescrizione del preteso credito restitutorio della società correntista, il consulente tecnico d'ufficio, dr.ssa Ch. Va., al fine di accertare eventuali versamenti solutori, alla luce della recente sentenza n. 24418/10 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ha provveduto, sulla base dei principi espressi da tale sentenza (posto che il problema della prescrizione si pone solo per i versamenti effettuati nel periodo precedente al decennio antecedente la proposizione della domanda, purché effettuati con funzione solutoria, ossia in una condizione di superamento del fido accordato), ad eseguire tale verifica ed ha riscontrato la presenza di pagamenti solutori per Euro 63.455,02 nel periodo antecedente al 19 dicembre 2002.
- Il saldo ricalcolato.
Nella rielaborazione del conteggio, il consulente tecnico d'ufficio ha ricalcolato il saldo debitore del conto corrente n.6237, determinandolo nella somma di Euro 408.830,91, con una differenza rispetto al saldo banca di Euro 262.902,73.
I risultati della consulenza tecnica d'ufficio, elaborati con l'ausilio di un apposito programma (denominato -OMISSIS-), tenuto conto del notevole numero dei movimenti oggetto della rielaborazione, non sono stati oggetto di contestazione e vanno, come tali, integralmente accolti.
Per quanto riguarda le altre eccezioni, va rilevata la loro genericità, dal momento che non è stata specificamente dedotta, alcuna violazione di norme imperative nella loro applicazione.
- Il mutuo ipotecario.
Il contratto di mutuo ipotecario è stato stipulato in data 12 gennaio 2006 per atto pubblico.
In forza di tale contratto, La. s.r.l. aveva ottenuto in prestito la somma di Euro 850.000 con obbligo di restituzione nell'arco di 10 anni in 120 rate comprensive di capitale ed interessi, secondo un piano di ammortamento allegato al contratto, a tasso variabile, con prima rata pari ad Euro 8.606,13 e tasso iniziale di interesse in misura del 4% nominale annuo. Il tasso di mora, "da applicare sull'importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata non regolarmente pagata o sulle somme dovute a qualsiasi altro titolo..." risulta fissato in misura dell'1% annuo oltre il tasso convenuto "e comunque non oltre il tasso previsto dalle vigenti norme di legge", con la precisazione che "su detti interessi non è consentita la capitalizzazione periodica". Il costo totale del finanziamento, secondo l'indicatore sintetico di costo (ISC), che rappresenta il costo totale del finanziamento per la parte mutuataria espresso in percentuale annua del credito concesso, risulta indicato in misura del 4,24%.
Il contratto in questione è stato stipulato in epoca successiva all'entrata in vigore della Del.CICR 2000, che consente espressamente la produzione di effetti anatocistici sulle rate insolute a condizione che le parti lo abbiano previsto nel contratto e che sia stata esclusa la capitalizzazione degli interessi di mora che maturano su ciascuna rata, così come nella specie avvenuto.
Per quanto riguarda il preteso superamento dei limiti del tasso soglia antiusura, va osservato che parte opponente si è sottratta, anche in questo caso, all'onere minimo di allegazione del fatto che gli interessi pattuiti al momento della conclusione del contratto superassero il tasso soglia in quel momento vigente.
Peraltro, nella fattispecie, il contratto di mutuo contiene una clausola di salvaguardia idonea ad escludere che possa determinarsi, anche a posteriori, l'usurarietà del tasso pattuito.
Deve considerarsi certo, invece, oltre che non contestato, il credito della banca relativo alle rate insolute ed al capitale residuo dovuto relativamente al contratto di mutuo ipotecario, per il quale la banca ha indicato in Euro 532.478,62 l'importo ancora dovuto, oltre agli interessi di mora dalla data del 17 luglio 2012 al saldo.
Le spese di lite, in considerazione della parziale soccombenza di entrambe le parti, possono essere compensate.
Quelle della consulenza tecnica d'ufficio vanno definitivamente poste a carico delle parti metà per ciascuna.
P.Q.M.
il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, così provvede:
1)accerta la nullità delle clausole relative agli interessi "uso piazza", alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, alle commissioni di massimo scoperto e l'indebita applicazione da parte di Banca di C. C. di C. s.c. sul conto corrente intestato a La. s.r.l. di oneri a tale titolo per il complessivo importo di Euro 262.902,73;
2)ridetermina il saldo debitore del conto corrente n.6237 nella somma di Euro 420.076,56, comprensiva degli interessi legali fino alla data del 31 marzo 2014;
3)determina il credito della Banca di C. C. di C. s.c. relativo alle rate insolute ed al capitale residuo dovuto relativamente al contratto di mutuo ipotecario nella somma di Euro 532.478,62 alla data del 17 luglio 2012;
4)rigetta ogni altra domanda;
5)spese di lite compensate;
6)pone le spese della consulenza tecnica d'ufficio definitivamente a carico delle parti metà per ciascuna;
7)con sentenza esecutiva.
Così deciso in Monza, il 31 ottobre 2014.
Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2014.
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