Mutuo e conto corrente bancario: c’e’ collegamento negoziale.
tribunale di taranto, sentenza n. 789 del 14/03/2014
Avv. Giuseppe Giglio
di Lucca, LU
Letto 2280 volte dal 23/04/2014
Il contratto di mutuo e il contratto di apertura di credito su conto corrente spesso sono collegati tra loro: infatti, molto spesso, nello stesso momento in cui la Banca eroga la somma oggetto del mutuo, questa (detratte le spese e competenze varie) viene depositata sul conto corrente, ripianandone le presunte posizioni debitorie. Presunte, perché, molte volte, nei contratti di apertura di credito, (stipulati ante delibera CICR del 9 febbraio 2000 entrata in vigore il 22 aprile del 2000 e ante Legge 154/92 entrata in vigore l’8 luglio 1992), effettuando la ricostruzione dell’esatto dare-avere a seguito dell’epurazione derivante dalle nullità originarie parziali, il correntista è o a credito o a debito di somme estremamente ridotte rispetto a quelle pretese dalla banca fino a quel momento. Nel caso di specie risolto con la sentenza in oggetto, il contratto di conto corrente con scoperto presentava, durante il rapporto, vari saldi passivi extrafido che venivano consolidati con quattro differenti mutui che, di volta in volta, riportavano lo scoperto nei limiti del fido. Ebbene la sentenza in oggetto, riportandosi alla consolidata Giurisprudenza in materia, ribadisce il principio secondo il quale, ricalcolando le poste passive di un conto corrente depurato dalle clausole invalide (interessi ultralegali determinati secondo il c.d. uso piazza, anatocismo, cms,), il nuovo saldo che si viene a configurare a favore del correntista deve essere compensato con le rate di mutuo, essendo quest’ultimo negozio stipulato esclusivamente al fine di ripianare il presunto scoperto. Questo perché la Banca, in questo e in tanti altri casi, non consegna al mutuatario la somma oggetto di mutuo ma la accredita sul conto corrente per se stessa, andando a consolidare una posizione creditoria illegittima, molte volte abbinata al conseguimento di garanzie immobiliari. Il mutuo, però, è un contratto reale e la reale consegna della cosa mutuata al mutuatario è l’elemento principale che perfeziona il contratto. Per cui se non c’è la reale “traditio” delle somme mutuate il contratto di mutuo perde le sue caratteristiche basilari e tipiche e diventa altro. Tra l’altro, la maggior parte delle volte ci troviamo ad avere a che fare con contratti di mutuo simulati e pertanto inefficaci tra le parti, ai sensi dell’art. 1414, comma 1, c.c., in quanto gli stessi sono finalizzati soltanto alla concessione di una garanzia reale, pretesa dalla Banca, per un presunto debito preesistente. Infatti la Banca usa tale espediente per beneficiare del più favorevole regime riservato ai titolari di garanzie reali. Sul punto si è espressa più volte la Giurisprudenza la quale, nel caso di contratto di mutuo fondiario, garantito da ipoteca su un bene del terzo proprietario, con il quale una banca concede al cliente la disponibilità di una somma di denaro che il mutuatario utilizza immediatamente per adempiere un preesistente debito del terzo datore di ipoteca verso la banca stessa, ha ritenuto ricorrere la simulazione qualora risulti che l'effettiva volontà delle parti era diretta non alla conclusione di un mutuo fondiario ipotecario ma alla conclusione di una diversa operazione, assistita da costituzione di garanzia reale in favore esclusivamente della banca. Tutto ciò, pertanto, comporta la nullità degli impugnati contratti di mutuo per simulazione nonché, anche ai sensi e per gli effetti degli artt. 1325, 1343 e 14182 c.c., per difetto ovvero illiceità della causa, con la conseguente non debenza di ogni e qualsivoglia pretesa della banca. Quindi, correttamente il Tribunale di Taranto opera d’ufficio la c.d. compensazione impropria trattandosi di una ricostruzione contabile del dare ed avere relativa ad un unico rapporto anche se complesso in quanto dato da mutuo e da conto corrente.
Sentenza II
Sentenza 13 marzo 2014, n. 789
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TARANTO - II SEZIONE
In composizione monocratica, dott. Claudio Casarano
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1384 R.G. anno 2001 Affari Civili Contenziosi promossa da:
N. B. – rappresentato e difeso dall’avv. Aurelio Arnese;
CONTRO
Banca Antoniniana Popolare Veneta soc. coop. a r.l. – rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Moramarco;
(interventrice) Pirellire Servicing s.p.a. ( in qualità di procuratrice della Elipso Finance s.r.l., a sua volta cessionaria in blocco dei crediti di cui era titolare la Banca Antoniniana Popolare Veneta soc.coop. a r.l.), in persona del legale rappresentante – rappresentata e difesa dall’avv. Tommaso Ruccia;
OGGETTO: "Contratti bancari…”
Conclusioni: le parti rassegnavano quelle in atti e qui da intendersi riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
IL CONTRATTO DI CONTO CORRENTE INTERCORSO TRA IL SIG. N. B. E L’ALLORA BANCA NAZIONALE DELL’AGRICOLTURA( POI BANCA ANTONINIANA VENETA) ED I QUATTRO MUTUI COLLEGATI
Il sig. N. B. intratteneva sin dal 1975 con la Banca Antonveneta ( ex Banca Nazionale dell’Agricoltura) un rapporto derivante da apertura di credito regolato nel conto corrente n. 09.06001515 W.
Nel corso del predetto rapporto il correntista stipulava con la predetta banca quattro contratti di mutuo, rispettivamente datati 27-05-1988, 22-06-1992, 17-12-1992 e 6-04-1994.
Un primo procedimento si originava con il n. di R.G. 1384 – 2001 in virtù della citazione notificata dal correntista alla banca e contenente la domanda volta alla dichiarazione della nullità dei quattro contratti di mutuo, per essere stati destinati ad estinguere pregresse passività gravanti sul mutuatario, in luogo della programmata finalità prevista dalla legislazione speciale in materia di credito agrario.
La banca notificava, con riferimento agli stessi rapporti sorti per effetto dei suddetti contratti di mutuo, atto di precetto con il quale intimava all’attore il pagamento della somma di allora lire 1.639.702.912 a titolo di rate di ammortamento non pagate; al precetto seguiva l’opposizione del correntista, che dava origine al procedimento contrassegnato dal n. 2487-2001.
Le due cause venivano poi riunite, posto che nella seconda erano controversi gli stessi rapporti derivati dai suddetti quattro mutui di cui alla domanda di nullità proposta con il primo atto di citazione.
Sulla scorta della copiosa documentazione prodotta, della consulenza contabile e di successivi chiarimenti, interveniva sentenza non definitiva che dirimeva molte delle questioni controverse.
Il giudice così statuiva:”..rigetta la domanda di nullità dei quattro contratti di mutuo conclusi il 27-05-1988, il 22-06-19992, il 17-12-1992 ed il 06-04-1994, nonché dei negozi costitutivi di ipoteca ad essi accessori; dichiara la nullità parziale del contratto di conto corrente…in relazione alle seguenti clausole: a) il tasso degli interessi è stato determinato mediante rinvio agli usi della piazza; b) gli interessi passivi per il cliente sono stati capitalizzati con cadenza trimestrale; c) è posta a carico del cliente la commissione di massimo scoperto; d) la banca ha applicato valute anticipate sui pagamenti e valute postergate sui versamenti..”.
Non definiva tutta la causa il giudice ritenendo di dover sottoporre al Ctu un supplemento di indagine: “..ritenuta, in particolare, la necessità di determinare il saldo finale( alla data dell’atto di precetto) dei rapporti dare – avere tra le parti in relazione ai quattro contratti di mutuo impugnati dall’attore, considerando tutte le somme a tale titolo erogate( anche quelle destinate ad estinguere le pregresse passività maturate nei confronti dello stesso istituto di credito), nonché i versamenti effettuati dal mutuatario, avendo cura di determinare gli interessi dovuti entro i limiti del tasso soglia, di cui alla legge 108-96 in relazione ai trimestri successivi alla prima rilevazione compiuta ai sensi della predetta legge; ritenuta inoltre la necessità di determinare il saldo finale del rapporto di conto corrente intercorso tra le parti secondo i criteri enunciati nella sentenza non definitiva, avendo cura di considerare tutte le movimentazioni che hanno interessato il conto ed escludendo tuttavia, ogni duplicazione tra il conto corrente ed in mutui in questione…”
Seguiva quindi Ctu, contestata vibratamente dalla banca.
Infine all’udienza del 28-03-2012 la causa veniva riservata per la decisione, concedendosi i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
La causa veniva nuovamente rimessa sul ruolo nel presupposto che potesse considerarsi elargita con il primo dei quattro mutui indicati, la somma di allora lire 500.000.000 e non lire 300.000.000, come ritenuto dal Ctu.
La banca continuava a contestare la nuova perizia ma il giudice fissava nuova udienza di precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 02-10-2013 la causa veniva riservata per la decisione, con la concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche.
COLLEGAMENTO NEGOZIALE TRA MUTUI E CONTO CORRENTE - I LIMITI DERIVANTI DALLE INTERVENUTE STATUIZIONI CONTENUTE NELLA SENTENZA NON DEFINITIVA - LEGITTIMITÀ DELLA COMPENSAZIONE EX ART. 1853 C.C. TRA SALDI ATTIVI VIRTUALI EX ART. 1418 C.C. E RATE DI MUTUO NON PAGATE – INEFFICACIA SOPRAVVENUTA DEL MUTUO N. 4 IN QUANTO NON PIÙ ESISTENTE LA PASSIVITÀ
Non può essere revocato in dubbio che i mutui venivano ad essere strettamente avvinti al conto corrente con anticipazione di credito, sul piano della causa in concreto perseguita, rappresentata dalla finalità di azzerare le passività maturate, oltre fido e che su di esso transitavano, in luogo del programmato scopo di cui alla legislazione speciale in materia agraria, che non veniva affatto perseguito.
Tale discrasia tra causa programmata e quella in concreto perseguita non implicava, per il giudice che pronunziava sentenza non definitiva, la denunziata nullità dei mutui, come invece sostenuto dal correntista nel suo atto di citazione.
Non solo ma il giudice mostrava di individuare, quanto ai rapporti tra le poste attive e passive derivanti sia dai contratti di mutuo sia dal conto corrente, la regola della loro conservazione, sempre che non avessero comportato delle indebite duplicazioni a danno del correntista.
Una regola diversa invece aveva mostrato di preferire il precedente magistrato quando venivano fissati i primi quesiti sul punto con la prima Ctu: “per i mutui…determini il Ctu le somme effettivamente erogate dall’istituto, non considerando come tali quelle che figurano come erogazioni della banca convenuta per estinguere pregresse esposizioni verso se stessa…”.
Dei quattro mutui controversi solo il primo prevedeva, per una sua parte, e cioè per allora lire 300.000.000, la destinazione all’estinzione di passività con altre banche; gli altri invece erano destinati ad estinguere passività figuranti sul conto corrente dedotto in giudizio intrattenuto con la stessa banca mutuante o comunque maturate dal correntista sempre nei suoi confronti.
Ed è evidente la diversità dei due casi, posto che nel secondo non c’è un’effettiva dazione di somma, limitandosi la banca con la somma mutuata ad azzerare la passività oltre fido esistente nei propri confronti, meglio a consolidarla, cioè a differire nel tempo la sua restituzione, dietro il conseguente pagamento del corrispettivo rappresentato dal tasso previsto nel mutuo.
In ogni caso il rischio di duplicazioni di poste negative a danno del correntista è evidente, se si considera che le rate non pagate alle scadenze andavano a confluire sul conto, finendosi così per applicare, oltre al tasso convenzionale proprio del mutuo, i tassi ed i corrispettivi in genere previsti dal contratto di conto corrente con apertura di credito.
Ora con l’ultima Ctu, in coerenza con le direttive indicate nell’ordinanza a margine della sentenza non definitiva, nel ricalcolo del saldo rilevavano tutte le poste: le rate pagate, quelle non onorate alle scadenze e fatte confluire sul conto, quelle consolidate.
Trattandosi di ricostruire il saldo di un contratto di conto corrente opera appieno la compensazione ex art. 1853 c.c.; nel senso che si dovranno eliminare quelle poste passive che sono il frutto dell’applicazione di clausole nulle.
Non solo ma se, a seguito del ricalcolo delle partite di dare ed avere, risulti che ad una certa data, per effetto dell’eliminazione di interessi trimestrali, commissioni di massimo scoperto, etc., doveva risultare una posta attiva a favore del cliente, si deve operare la sua compensazione ex art. 1853 c.c. con eventuali rate non risultate pagate.
La forma di compensazione che si viene a configurare è la c.d. compensazione impropria e non quella ex art. 1241 c.c., che invece riguarda a rigore i crediti derivanti da rapporti distinti.
La prima forma di compensazione a differenza della seconda è sempre ammessa, anche d’ufficio, trattandosi di una ricostruzione contabile del dare ed avere relativi ad un unico rapporto (unica causa) ovvero rapporti distinti ma collegati.
Sotto altro profilo la soluzione preferita, fortemente avversata dalla difesa della banca anche nelle conclusionali, è una conseguenza del riverberarsi della nullità della clausola di conto corrente sul collegato contratto di mutuo, stipulato, si ricordi, per azzerare delle sue passività.
In secondo luogo appare coerente la soluzione preferita con il carattere dichiarativo della pronunzia della nullità di clausole di conto corrente, che implica l’eliminazione della fonte delle passività maturate illecitamente e per la quale pronunzia non opera neanche il limite della prescrizione per l’azione di ripetizione ex art. 1422 c.c.-
In altri termini il controcredito riconosciuto al correntista per effetto dell’eliminazione dal mondo giuridico delle clausole nulle e dei suoi effetti non diviene esigibile solo con la pronunzia di nullità; la quale infatti non è costitutiva ma, come è noto dichiarativa.
E la differenza sul piano concreto non è di poco momento: il credito del correntista per effetto della eliminazione dal conto delle poste passive illecite è pari ad 894.321.770 di vecchie lire, mentre il credito della banca che residuerebbe seguendo la metodologia preferita è di allora lire 841.597.481; seguendo l’impostazione della banca residuerebbe in proprio favore un credito di lire 1.590.598.992( vedi pagina 16 della comparsa conclusionale).
Portando poi alle estreme conseguenze la tesi della necessità che la pronunzia di nullità debba esplicare la sua piena efficacia sugli spostamenti patrimoniali in fatto verificatisi per effetto delle clausole da essa colpite, se un mutuo era destinato ad azzerare la passività di conto corrente con la stessa banca, ma emerge dopo la Ctu che un rosso oltre fido di conto corrente in realtà non si sarebbe configurato, in virtù del ricalcalo delle poste attive e passive derivanti dalla pronunzia di nullità parziale contenuta nella sentenza non definitiva, quello stesso mutuo deve considerarsi tamquam non esset.
E’ quel che accadeva con il mutuo n. 4, per il quale il Ctu eloquentemente affermava: “…Alla data della stipula del mutuo n. 4), ossia 06-04-1994, il conto corrente n. 1515/W, come rielaborato dal sottoscritto Ctu, presentava un saldo pari a lire 105.146.762 a credito della Banca. Si evidenzia che tale saldo, sempre dalla lettura della documentazione agli atti, era nei limiti del fido massimo concesso dalla stessa banca. Tornando al mutuo n., 4) si legge nello stesso contratto che lo stesso era concesso per il ripianamento di passività, derivanti dall’esposizione debitoria figurante sul c.c. 1515W. Pertanto lo scrivente alla luce delle suddette circostanze non ha ravvisato la necessità di rielaborare anche tale mutuo, sia al fine di non creare duplicazioni sia mancando l’oggetto principale del mutuo stesso, ossia l’esposizione debitoria figurante sul c/c”.
Per altro verso non può dirsi che si viene così a configurare una violazione della statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, laddove escludeva la nullità del mutuo ed affermava che si doveva tenere conto di tutte le somme versate dalla banca a tale titolo.
Occorre infatti considerare che lo stesso giudice, con la sentenza non definitiva ed ordinanza a margine, imponeva di evitare in ogni caso duplicazioni di poste.
E poi va considerato che l’esclusione della nullità di cui alla sentenza non definitiva riguardava il profilo prospettato in citazione della difformità tra scopo perseguito e quello programmato, non quindi tutta la problematica tesa a ricostruire il rapporto di dare ed avere.
IL MUTUO N. 1: SI AVEVA LA DAZIONE DELLA SOMMA DI LIRE 500.000.000 o 300.000.000?
Se si legge il contratto di mutuo del 17-06-1988 ed in particolare l’art. 1 dovrebbe ritenersi, come sostiene con forza la difesa della banca, che le somme date per il predetto titolo siano lire 500.000.000 e non lire 300.000.000, come sostenuto dal Ctu; infatti oltre alla pacifica dazione di lire 300.000.000 per estinguere le passività con altre banche, nell’art. 1 si parla di consegna di complessive lire 500.000.000 e cioè di una somma utile per azzerare un debito di lire 200.000.000 che il correntista aveva nei confronti della stessa banca mutuante, allora Banca Nazionale dell’Agricoltura.
E’ pur vero che nel successivo art. 2 si dà conto della consegna della somma di lire 300.000.000 ma non anche di quella di 200.000.000; non solo ma nel conto non risulta traccia della consegna di questa somma.
Deve tuttavia ritenersi che la somma di euro 200.000.000 sia servita ad estinguere una passività pregressa con la stessa banca mutuante – insomma si aveva anche in questo caso una forma di consolidamento - anche se la posta non transitava sul conto corrente.
Come già sottolineato con l’ordinanza dell’ottobre del 2010, con la quale si rimetteva la causa sul ruolo, che preesistesse il predetto debito e che quindi la somma di lire 500.000.000 fosse servita anche per il suo consolidamento si desume dal rilievo che nello stesso atto di citazione non viene affatto contestata dal correntista mutuatario; eppure si tratta di somma significativa.
Né può essere plausibile che sia stato fatto un piano di ammortamento per un mutuo di 500.000.000 di vecchie lire pur se in difetto di un debito di lire 200.000.000, senza che fosse seguita alcuna contestazione da parte del mutuatario; il quale anzi pagava pure delle rate del mutuo.
La dazione della somma di lire 200.000.000 emerge altresì dal contratto definitivo di mutuo all’art. 1, stipulato in forma pubblica.
E’ vero poi che si trattava di passività nei confronti della stessa banca mutuante, ma è pur vero che, con l’ordinanza a margine della sentenza non definitiva, si chiedeva al Ctu di rifare un nuovo calcolo del saldo, tenendo conto anche delle somme mutuate allo scopo di estinguere passività nei confronti della stessa banca mutuante.
Viceversa nella prima Ctu il primo giudice aveva escluso dal ricalcolo del saldo le somme mutuate per siffatta finalità, e questo spiegava il perché nella prima relazione del Ctu si fosse tenuto conto, relativamente al mutuo in parola, della dazione di lire 300.000.000 e non anche degli altri 200.000.000( vedi relazione tecnica di parte della banca).
LA SOMMA DOVUTA. Come correttamente determinato dal Ctu, operando le compensazioni delle somme che sarebbero risultate a debito con le somme rese disponibili sul conto in virtù della pronunzia della nullità con efficacia retroattiva delle note clausole di conto corrente, secondo quanto sopra precisato, alla data del 25-01-2001 residua a credito della banca la somma di euro 434,648,83.
Le critiche rivolte dalla difesa della banca trovano la loro risposta negli allegati all’ultima perizia: in particolare in essi si dà conto delle rate pagate effettivamente, di quelle consolidate con i successivi mutui e delle rate che risultano pagate per effetto delle disponibilità che il conto corrente avrebbe avuto se non fossero state applicate le clausole dichiarate nulle.
Sulla somma residua, a titolo di ratei del mutuo, vanno applicati gli interessi convenzionali di mora, relativi a ciascun mutuo, ma nei limiti del tasso soglia, come peraltro già precisato nella sentenza non definitiva.
Per quel che concerne la statuizione sulle spese del processo, non può farsi a meno di ritenere che via stata una prevalente soccombenza della banca: la banca pretendeva una somma quasi doppia a quella qui riconosciuta (nel precetto opposto dall’attore veniva ingiunto il pagamento di allora lire 1.639.702.912).
E’ pur vero che anche l’attore subiva il rigetto di alcune sue domande( ad esempio quelle di nullità dei mutui, come da sentenza non definitiva).
E’ giusto allora giungere ad una compensazione per metà delle spese del processo sopportate dall’attore; il costo delle Ctu va quindi posto a carico delle parti per metà.
Si liquidano poi come da dispositivo, tenuto conto dell’effettiva attività svolta.
P.T.M.
Definitivamente pronunziando sulle domande proposte dal sig. N. B., con citazioni regolarmente notificate nei confronti della Banca Antoniniana Popolare Veneta, soc. coop. a r.l., con intervento della procuratrice della sua cessionaria, la Pirellire Credit Servicing, s.p.a rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
Rigetta la domanda risarcitoria proposta dal sig. N. B.;
Accoglie in parte la riconvenzionale spiegata dalla Banca Antoniniana Popolare Veneta e dichiara che alla data 25-01-2001 residua a credito della banca e nei confronti dell’attore la somma di euro 434,648,83, oltre gli interessi convenzionali di mora, dalla predetta data, ma nei limiti del tasso soglia di riferimento;
Condanna quindi l’attore al pagamento della predetta somma in favore della Pirellire Credit Servicing s.p.a., quale procuratrice della cessionaria Elipso Finance s.r.l.;
Compensa per metà le spese del processo sopportate dall’attore B. e condanna in solido la banca convenuta e la procuratrice dell’interventrice Elipso, la Pirellire Credit Servicing s.p.a., al pagamento della metà delle spese processuali; metà che si liquida, in favore del difensore anticipante, in euro 1.108,900 per esborsi ed euro 9.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.
Costo delle Ctu a carico per metà dell’attore e per metà delle banche.
Il giudice – dott. Claudio Casarano
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