Gli interessi Moratori e l'usura
Trib. di Reggio Emilia, 24 febbraio 2015, n. 304
Avv. Monica Mandico
di Napoli, NA
Letto 278 volte dal 24/05/2015
Il tribunale limita agli interessi moratori gli effetti restitutori di cui all'art. 1815 c.c., in ciò aderendo ad un certo orientamento nella giurisprudenza di merito. A tale questione il Tribunale reggino ha offerto una lettura che nel caso di specie limita agli interessi moratori gli effetti restitutori di cui all'art. 1815 c.c..Il Giudice in questa sentenza rispetta il principio nomofilattico.,
in dispositivo, intimato nei loro confronti dalla Banca Nazionale del Lavoro, a seguito
dell’inadempimento nella restituzione delle rate di un mutuo fondiario.
In particolare, gli opponenti deducono l’usurarietà del tasso degli interessi pattuiti, soprattutto con
riferimento a quelli moratori; la conseguente non debenza, ex art. 1815 comma 2 c.c., di alcun tasso di
interesse, né con riguardo agli interessi corrispettivi, né con riguardo agli interessi moratori; l’assenza
quindi di inadempimento nella rifusione delle rate previste, ricalcolate tenendo a mente la somma
capitale come unica somma dovuta in restituzione.
Per tali motivi, concludono nel senso dell’illegittimità del precetto opposto, con richiesta di
annullamento dello stesso.
Costituendosi in giudizio, resiste BNL, deducendo, in via gradata, la non usurarietà degli
interessi pattuiti; l’impossibilità di censurare come usurari gli interessi moratori, potendosi ritenere
usurari solo gli interessi corrispettivi; in denegata ipotesi di valutazione dell’usurarietà anche degli
interessi moratori, l’elisione della debenza dei soli interessi moratori, non anche di quelli corrispettivi.
Per tali motivi, si conclude domandando il rigetto della domanda attorea, ed in via subordinata il
ricalcolo della posizione debitoria degli opponenti, sulla base dell’invalidità della sola clausola
contenente gli interessi moratori, non anche di quella relativa agli interessi corrispettivi.
La causa è istruita con una CTU contabile affidata alla dottoressa Rosita Borghi.
All’udienza del 13/11/2015, la controversia è trattenuta in decisione con la concessione dei termini di
legge, nella misura minima prevista dall’art. 190 c.p.c., per il deposito di conclusionali e repliche.
DIRITTO a) Le questioni giuridiche affrontate dalle parti nel corso del processo e che devono essere risolte per potere decidere le controversia, sono sostanzialmente due.
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La prima attiene alla possibilità o meno di ritenere usurari non solo gli interessi corrispettivi, ma anche
gli interessi moratori, quesito al quale la difesa degli opponenti fornisce risposta positiva, mentre
risposta negativa fornisce invece la difesa di parte opposta.
La seconda questione, che si pone solo laddove si ritenga possibile configurare usurari anche gli intessi
moratori, attiene invece alle conseguenze nel caso di usurarietà dei soli interessi moratori e non anche
degli interessi corrispettivi: in tal caso, infatti, ad avviso della difesa degli opponenti, nessun interesse,
né corrispettivo né moratorio, sarebbe dovuto; mentre ad avviso della difesa dell’opposta, non
sarebbero dovuti i soli interessi moratori, mentre rimarrebbero dovuti gli interessi corrispettivi, in
quanto convenzionalmente fissati al di sotto della soglia d’usura. b) Così impostati i termini della questione, ritiene il Giudice che, in conformità a quanto sostenuto dalla difesa degli opponenti, il primo quesito vada risolto nel senso che anche gli interessi
moratori possano essere censurati come usurari.
Sul punto, deve certamente darsi atto alla difesa dei convenuti che la tesi dell’estraneità della
normativa antiusura alla materia degli interessi moratori, può essere supportata da seri argomenti
letterali e sistematici, posto che la figura tipica dell’usura è quella disegnata dall’art. 644 c.c., il cui
esplicito riferimento a ciò che viene dato o promesso “in corrispettivo di una prestazione di denaro o
altra utilità”, sembra circoscrivere il fenomeno usurario alla pattuizione di interessi corrispettivi; e che
una conferma di ciò può essere ricavata anche dall’art. 19 paragrafo 2 della direttiva 2008/48/CE
relativa ai contratti di credito ai consumatori, il quale espressamente esclude dal calcolo del taeg
eventuali penali per inadempimento.
Non peregrina, quindi, è la soluzione, seguita da una parte della giurisprudenza di merito, che ritiene di
meglio armonizzare i principi dell’ordinamento e la necessità di effettuare uno scrutinio anche
sull’ammontare degli interessi moratori, non già utilizzando la normativa sull’usura; ma riconducendo
la previsione contrattuale di interessi moratori nell’alveo delle clausole penali, con conseguente
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applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, del potere equitativo di riduzione attribuito al giudice
dall’art. 1384 c.c.
Ciò posto e ribadita la serietà della tesi sopra esposta, ad avviso di questo Giudice è però
preferibile la diversa ricostruzione che ritiene configurabile l’usura anche con riferimento agli interessi
moratori.
Sul punto, pare infatti decisivo il riferimento operato dall’art. 1 D.L. 394/2000 agli interessi “convenuti
a qualunque titolo”, ciò che consente di considerare ricompresi nell’ambito della normativa antiusura
anche gli interessi moratori.
E’ questa, d’altro canto, la posizione della giurisprudenza di legittimità, che sin dalla sentenza di Cass.
n. 5286/2000 ha statuito che “non v’è ragione per escluderne l’applicabilità anche nelle ipotesi di
assunzione dell’obbligazione di corrispondere interessi moratori”, atteso che “il ritardo colpevole non
giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio
generale posto dalla legge” (nello stesso senso anche le successive Cass. n. 14899/2000, Cass. n.
8442/2002, Cass. n. 5324/2003, Cass. n. 10032/2004, Cass. n. 9532/2010, Cass. n. 11632/2010, Cass.
n. 350/2013).
La tesi, che si è detto consolidata nella giurisprudenza di legittimità, è poi stata avallata anche dalla
Corte Costituzionale, che con la pronuncia n. 29/2002 ha ritenuto “plausibile” l’assunto “secondo cui
il tasso soglia riguardasse anche gli interessi moratori”.
Pertanto, a tale tesi, in ragione della sua intrinseca persuasività e comunque per un doveroso rispetto
della funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione, questo Giudice intende conformarsi,
applicando il principio di diritto in base al quale il tasso soglia al di là del quale gli interessi sono
considerati usurari, riguarda non solo gli interessi corrispettivi, ma anche quelli moratori.
Detto quindi che lo scrutinio sulla non usurarietà va effettuato sia sugli interessi corrispettivi,
sia sugli interessi moratori, va poi chiarito che la verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia
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deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza
sommarli tra loro, come è stato invece isolatamente sostenuto in qualche pronuncia di merito.
Infatti, il riferimento operato da Cass. n. 350/2013 alla “determinazione del tasso soglia comprensivo
della maggiorazione per la mora”, intende semplicemente indicare la necessità di accertare il rispetto
del tasso soglia anche in relazione agli interessi moratori, in quel caso determinati convenzionalmente
nella misura di una maggiorazione del 3% degli interessi corrispettivi.
In sostanza, è necessario siano non usurari sia il tasso corrispettivo, sia il tasso moratorio (quest’ultimo
non di rado calcolato con una maggiorazione rispetto al tasso corrispettivo, come nel caso analizzato
dalla citata sentenza di legittimità) concretamente applicati; ma in tutta evidenza, irrilevante ai fini
dello scrutinio sull’usura è la sommatoria del tasso corrispettivo e del tasso usurario, atteso che detti
tassi sono dovuti in via alternativa tra loro, e la sommatoria rappresenta un ‘non tasso’ od un ‘tasso
creativo’, in quanto percentuale relativa ad interessi mai applicati e non concretamente applicabili al
mutuatario. b) Accertata la possibilità di censurare come usurari anche gli interessi moratori, occorre prendere posizione sul secondo dei problemi più sopra indicati, e cioè capire se, in caso di usurarietà
dei soli interessi moratori e non anche di quelli corrispettivi, nessun interesse sia dovuto ex art.1815
comma 2 c.c., né corrispettivo né moratorio, così come sostenuto dagli opponenti; ovvero se solo gli
interessi moratori siano non dovuti ex art. 1815 comma 2 c.c., rimanendo invece dovuti gli interessi
corrispettivi, in quanto convenzionalmente fissati al di sotto della soglia d’usura, così come sostenuto
dalla difesa dell’opposta.
Tanto premesso, ritiene il Giudice che, in assenza di precedenti di legittimità sul punto, debba essere
preferita quest’ultima tesi, con la conseguenza che l’usurarietà degli interessi moratori travolge solo gli
interessi moratori stessi, non anche gli interessi corrispettivi legittimamente pattuiti.
Sul punto occorre muovere dal differente inquadramento giuridico degli interessi compensativi
e degli interessi moratori, avendo essi autonoma e distinta funzione: i primi rappresentano infatti il
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corrispettivo del mutuo, mentre i secondi assolvono ad una funzione risarcitoria, preventiva e
forfettizzata, del danno da ritardo nell’adempimento.
Dalla distinzione ontologica e funzionale tra gli istituti, discende la necessità di isolare le singole
clausole dal corpo del regolamento contrattuale ai fini della declaratoria di nullità, o meglio, di
riconoscere che l’unico contratto di finanziamento contiene due distinti ed autonomi paradigmi
negoziali destinati ad applicarsi in alternativa tra loro in presenza di differenti condizioni: l’uno
fisiologico e finalizzato alla regolamentazione della restituzione rateale delle somme mutate; l’altro
solo eventuale ed in ipotesi di patologia del rapporto, nel caso di inadempimento del mutuatario,
evenienza al verificarsi della quale è ragionevole ritenere che diversamente si atteggi la volontà delle
parti.
Da ciò discende che l’eventuale nullità della seconda pattuizione, relativa al caso di inadempimento ed
alla patologia del rapporto, non pregiudica la validità della prima pattuizione, relativa alla fisiologia del
rapporto.
Se dunque gli interessi corrispettivi, convenuti entro il tasso soglia, continuano ad essere dovuti
nel rispetto del piano di ammortamento rateale, l’invalidità della clausola contrattuale concernente la
mora, in rigorosa applicazione della sanzione posta dal combinato disposto dagli artt. 1815 comma 2
c.c. e 1419 c.c., determina la non debenza degli interessi moratori, ma solo di tali interessi, senza che
ciò comporti la conversione in mutuo gratuito di un mutuo contenente interessi moratori usurari; tanto
più che, ex art. 1224 comma 1 c.c., in mancanza di tasso di mora, s’applica comunque quello
corrispettivo o legale.
Pertanto, gli interessi corrispettivi, ove contenuti entro il tasso soglia, continueranno ad incrementare la
sorte capitale finché il rimborso rateale prosegua nel rispetto del piano di ammortamento; mentre al
verificarsi dell’inadempimento, non saranno dovuti gli interessi moratori pattuiti, in quanto contenuti in
una clausola nulla, ma, in ragione della decadenza dal beneficio del termine ove prevista e fatta valere,
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risulterà esigibile per intero ed immediatamente la sorte capitale, maggiorata dagli interessi
corrispettivi ex art. 1224 comma 1 c.c.
Così facendo, la clausola che prevede gli interessi moratori, in quanto nulla, è e resta tamquam non
esset; mentre viene rispettata una regola, quella degli interessi corrispettivi, che sarebbe destinata ad
operare anche se la clausola nulla non fosse mai stata prevista.
Acuta Dottrina segnala che, solo così facendo, si risponde a “principi di proporzionalità e specificità
nel raffronto tra illecito negoziale, pregiudizio degli interessi economici conseguenti e relativo
trattamento sanzionatorio”. Il principio di diritto che può allora essere enucleato è quello in base al quale, se il superamento
del tasso soglia in concreto riguarda solo gli interessi moratori, la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c.
colpisce unicamente la clausola concernente i medesimi interessi moratori, senza intaccare l’obbligo di
corresponsione degli interessi corrispettivi convenzionalmente fissati al di sotto della soglia.
Tali conclusioni, in assenza di giurisprudenza di legittimità sul punto, sono coerenti con la
maggioritaria giurisprudenza di merito edita, alla quale qui si intende dare continuità (cfr. Trib.
Palermo 12/12/2014, Trib. Treviso 9/12/2014 e 11/4/2014, Trib. Brescia 24/11/2014, Trib. Cremona
ord. 30/10/2014, Trib. Taranto ord. 17/10/2014, Trib. Venezia 15/10/2014, Trib. Roma 16/9/2014, Trib.
Milano 22/5/2014 e ord. 28/1/2014, Trib. Verona 30/4/2014, Trib. Trani 10/3/2014, Trib. Napoli
28/1/2014. Contra e nel senso invocato dagli opponenti, cfr. però App. Venezia n. 342/2013, Trib.
Udine 26/9/2014, Trib. Parma ord. 25/7/2014, Trib. Padova 8/5/2014). c) Quanto sopra offre le coordinate per la soluzione del caso concreto, che può essere effettuata sulla base della CTU, svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, neppure
contestata dalle parti in ordine ai conteggi numerici, dalla quale il Giudicante non ha motivo di
discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed
in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato.
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In particolare, ha chiarito il perito che il tasso pattuito per gli interessi corrispettivi è inferiore al tasso
soglia, mentre è superiore al tasso soglia quello pattuito per gli interessi moratori (cfr. in particolare
pag. 38 e ss. perizia).
Pertanto, dovendosi ritenere non dovuti gli interessi moratori contrattualmente pattuiti e dovuti invece i
soli interessi corrispettivi, risulta non dovuta la somma di € 1.018,9 addebitata in sede di precetto, con
la conseguenza che, riducendo di tale importo il precetto, tenuto conto della somma erogata e di quanto
già restituito, deve dichiararsi il diritto dell’opposta a procedere esecutivamente per la minor somma di
€ 221.360,95 e non già per la maggior somma di € 222.379,85 (cfr. ipotesi 2.i.b di pag. 41 della
perizia). d) L‘assoluta complessità della materia, unitamente all’oggettivo contrasto giurisprudenziale sul punto decisivo ai fini della decisione, integrano i motivi che, ex art. 92 comma 2 ratione temporis
vigente, suggeriscono la compensazione totale tra le parti delle spese di lite, nonostante la sostanziale
soccombenza degli opponenti.
Per le stesse ragioni, anche le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il separato decreto di
cui a dispositivo, possono essere definitivamente compensate tra parte attrice e parte convenuta.
P.Q.M. il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
- dichiara la nullità della clausola contrattuale n. 5 di previsione degli interessi di mora del contratto stipulato tra le parti il 29/4/2003 a mezzo rogito notaio dott. Palazzi Trivelli rep. n. 31578 racc. n.
10081; - conseguentemente, riduce il precetto intimato agli opponenti dall’opposta il 16/5/2014, alla minor somma di € 221.360,95, dichiarando che Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. ha diritto di procedere
esecutivamente nei confronti di T. R. e A.M. I. per tale minor somma;
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- compensa integralmente tra le parti le spese di lite; - compensa integralmente tra le parti le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 9/12/2014.
Reggio Emilia, 24/2/2015
Il Giudice
dott. Gianluigi MORLINI
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