Intermediazione finanziaria: obblighi di informazione dell'intermediario
Tribunale di Mantova Sezione 2 civile, Sentenza 18.03.2004
Avv. Staff di Guidelegali.it
di Milano, MI
Letto 1374 volte dal 10/07/2008
L'intermediario ha l'obbligo di segnalare per iscritto l'inadeguatezza delle operazioni di investimento che presentino un livello di rischio diverso rispetto a quello dichiarato dall'investitore all'intermediario ai sensi dell'art. 28, 1° comma, lett. a), Reg. Consob 11522/1998, o comunque risultante dai precedenti investimenti effettuati; le informazioni che l'intermediario deve dare al cliente nell'ipotesi in cui il servizio di investimento abbia ad oggetto titoli di debito devono essere s
L'intermediario ha l'obbligo di segnalare per iscritto l'inadeguatezza delle operazioni di investimento che presentino un livello di rischio diverso rispetto a quello dichiarato dall'investitore all'intermediario ai sensi dell'art. 28, 1° comma, lett. a), Reg. Consob 11522/1998, o comunque risultante dai precedenti investimenti effettuati; le informazioni che l'intermediario deve dare al cliente nell'ipotesi in cui il servizio di investimento abbia ad oggetto titoli di debito devono essere specifiche e precise e devono riguardare il rischio del rimborso del capitale, essendo a tal fine insufficiente la mera consegna del documento generale sui rischi negli investimenti previsto dall'art. 28 Reg. Consob 11522/1998.
Con atto di citazione notificato in data 20 febbraio 2002, gli attori assumevano di avere fatto confluire parte dei propri risparmi, depositati presso altro istituto di credito, sul conto corrente cointestato n. (...) acceso presso la banca (...), in un primo tempo utilizzato per far fronte alle piccole spese, in quanto allettati dalle vantaggiose offerte proposte dalla banca convenuta, conto che, alla data del 31 luglio 2001, presentava un saldo attivo di lire 98.625.187.
Gli istanti aggiungevano che al G., recatosi presso l'agenzia bancaria ove era stato invitato a presentarsi, era stata rappresentata dal funzionario addetto l'opportunità di acquistare obbligazioni argentine di cui la banca era in possesso, in quanto esenti da ogni rischio e aventi un alto rendimento e che, stante la convenienza dell'operazione consigliata, il G. aveva deciso di investire anche ulteriori risparmi tanto che, il 5 settembre 2001, egli aveva versato sul conto la somma di lire 440.000.000 sottoscrivendo, il medesimo giorno, un ordine d'acquisto di 315.000 titoli (...) per un controvalore di lire 501.332.658. Da parte attorea veniva precisato che, in occasione dell'ordine di acquisto di cui sopra, il G., contestualmente alla consegna di un documento sui rischi generali degli investimenti, aveva sottoscritto, in qualità di consumatore, una richiesta di apertura del deposito a custodia e amministrazione titoli e un questionario in cui si dava atto che l'esperienza degli esponenti era medio-bassa con media propensione al rischio.
I coniugi istanti asserivano inoltre di essere stati avvertiti qualche giorno dopo dal medesimo funzionario che, a seguito degli attentati dell'11 settembre 2001 e del crollo dei mercati finanziari, si era verificata una diminuzione della quotazione dei titoli destinata ad essere riassorbita e che ciò avrebbe costituito un'ottima occasione per un ulteriore investimento anche al fine di mediare il prezzo delle obbligazioni acquistate il 5 settembre rendendo così più sicuro l'investimento: a seguito di ciò gli esponenti, dopo avere liquidato una polizza costituita presso la banca (...) con una perdita di circa lire 120.000.000, convogliavano il ricavato sul conto acceso presso la banca (...) e il 19 settembre 2001 veniva sottoscritto un ulteriore ordine d'acquisto di 400.000 obbligazioni argentine 2010 11,375 per cento per un controvalore di lire 502.708.000, operazione che la banca segnalava come inadeguata ma che veniva confermata dal G.
Alla luce di tali fatti e del successivo azzeramento del valore del titolo a seguito della crisi finanziaria che aveva colpito lo Stato argentino, gli attori convenivano in giudizio la banca onde essere risarciti dei danni patiti per effetto dell'operato della banca deducendo la nullità ovvero l'annullabilità dei contratti d'acquisto delle obbligazioni in questione. (Omissis).
La difesa degli attori sosteneva quindi l'invalidità dei contratti d'acquisto ex art. 1418 cod. civ. in relazione all'art. 640 cod. pen. nonché ai sensi del combinato disposto degli artt. 1427 e 1439 cod. civ.
Veniva inoltre sostenuto che la banca avrebbe violato, nel caso di specie, l' art. 21 del D.Lgs. n. 58/1998 e gli artt. 26, 27, 28 e 29 del regolamento Consob, da considerarsi tutte come norme imperative ex art. 1418 cod. civ. (Omissis).
La banca (...), costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda affermando:
a) che gli istanti non erano sprovveduti risparmiatori avendo in precedenza investito i propri risparmi in una gestione patrimoniale predisposta dalla banca (...) di natura altamente speculativa (e internamente classificata come C3 ossia aperta in titoli esteri sino al 25 per cento del capitale investito e all'investimento in titoli azionari italiani sino al 50 per cento del patrimonio) nonché in una Sicav e in una polizza Index allocate presso la Cassa di Risparmio (...);
b) che il funzionario della banca (...) aveva fornito al G. tutti i necessari ragguagli circa la rischiosità dell'investimento anche in considerazione dell'alto rendimento previsto per l'obbligazione in questione desumibile dal confronto con quello assicurato dai titoli di Stato italiani, consegnando il prescritto documento sui rischi degli investimenti in strumenti finanziari che, con riguardo ai titoli di debito, contempla specifiche indicazioni nell'art. 1.3, comma 3. (Omissis).
Esperita l'istruttoria orale e disposta Ctu affidata al dott. C., la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate.
Motivi della decisione
La domanda è parzialmente fondata e merita accoglimento nei limiti che seguono. (Omissis).
Ciò premesso, va osservato che dalla documentazione dimessa e dagli accertamenti svolti dal consulente è emerso come la banca (...) non avesse i titoli argentini nel proprio portafoglio ma li abbia acquistati sul mercato contestualmente al ricevimento dell'ordine da parte del cliente. (Omissis).
Per quanto attiene invece alle altre censure sollevate occorre valutare separatamente i singoli atti di acquisto dei titoli.
Con riguardo all'ordine impartito il giorno 5 settembre 1999 va in primo luogo escluso che la banca (...) abbia violato il disposto di cui agli artt. 21, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 58/1998 e 27 reg. Consob per non avere segnalato di avere un interesse in conflitto con quello del cliente. Premesso che la convenuta non aveva tali titoli nel proprio portafoglio e pur avendoli essa acquistati, tramite il circuito telematico B., dalla M.P.S. F.B.M. s.p.a. (facente parte, come la banca (...), del gruppo bancario M.P.S. atteso che la B.M.PS. s.p.a. controllava il 100 per cento del pacchetto azionario della MPS F.), dalla consulenza emerge nondimeno che il prezzo in concreto applicato era il migliore rispetto a quello praticato dagli altri c. d. contributori agenti sul mercato sicché nessun danno è derivato agli attori: l'art. 27 reg. Consob deve infatti interpretarsi alla stregua del principio giurisprudenziale affermatosi in sede di applicazione dell'art. 1394 cod. civ. secondo cui la responsabilità del rappresentante che persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato sussiste solo ove all'utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante per sé o per il terzo, segua o possa seguire un danno per il rappresentato (cfr. Cass. 17 aprile 1996, n. 3630; Cass. 16 febbraio 1994, n. 1498; Cass. 19 settembre 1992, n. 10749; Cass. 25 gennaio 1992, n. 813).
Deve invece ritenersi che la banca non si sia comportata in conformità di quanto prescritto dal combinato disposto di cui agli artt. 21, lett. a) e b) del D.Lgs. n. 24 febbraio 1998, n. 58, e 28 del regolamento Consob 1° luglio 1998, n. 11522, che impongono all'istituto di credito di prestare i servizi di investimento con diligenza e di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati.
In proposito occorre osservare che, secondo quanto risulta dall'indagine svolta dal Ctu, ai titoli del debito argentino acquistati il 5 settmebre 2001, nel mese di luglio 2001 l'agenzia M. aveva attribuito come rating la valutazione Caa1 (indicante un titolo ad alto rischio di insolvenza) e che, nell'anno precedente, tali obbligazioni erano state classificate rispettivamente, B1 (20 agosto 2000), B2 (20 marzo 2001 e 4 giugno 2001), B3 (13 luglio 2001), laddove tali indicatori designano titoli molto speculativi che offrono scarsa sicurezza di puntualità del pagamento nel lungo termine, con una valutazione progressivamente negativa da B1 a B3.
Nella valutazione di S.P., invece, al titolo in questione era stato attribuito il seguente rating con andamento parimenti sempre più negativo: BB (15 settembre 2000), B (8 maggio 2001), B (6 giugno 2001), B- (12 luglio 2001), CCC+ (9 ottobre 2001), laddove le prime classificazioni indicano titoli speculativi in cui il debitore mantiene al momento la capacità di onorare i propri impegni ma condizioni avverse di mercato potrebbero incidere negativamente sulla stessa, mentre l'ultima designa un debitore ad alto rischio di insolvenza nel senso che, ove le condizioni di mercato divengano sfavorevoli, molto probabilmente il debitore non sarà in grado di onorare i propri impegni.
In proposito va detto che i titoli obbligazionari argentini al momento dell'acquisto da parte degli istanti erano considerati ad alto rischio di insolvenza dovendosi evidenziare inoltre che, nel corso del 2001, entrambe le agenzie avevano ripetutamente rivisto in senso negativo il loro giudizio sull'affidabilità ad onorare gli impegni da parte dello Stato argentino (c.d. down-grading). (Omissis).
Al riguardo va osservato che la banca doveva fornire una completa informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che il cliente intendeva porre in essere (obbligo imposto dall'art. 28, comma 2, del regolamento Consob n. 11522), informazione che, trattandosi di soggetto tenuto ad agire con la diligenza dell'operatore particolarmente qualificato (cfr. artt. 21, lett. a), D.Lgs. n. 58/1998 26, lett. e), reg. Consob cit. e 1176, comma 2, cod. civ.) nell'ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare l'interesse dei clienti (cfr. artt. 5 e 21, lett. a) del D.Lgs. n. 58/1998 non senza dimenticare che la tutela del risparmio è addirittura imposta dall'art. 47 Cost.), necessariamente comprendeva l'indicazione, non generica, della natura altamente rischiosa dell'investimento operata dalle maggiori agenzie specializzate in materia, dovendosi ritenere, sotto tale profilo, che la banca sia obbligata a conoscere tali dati e, conseguentemente, a riferirli al cliente.
Non vale poi a far ritenere immune da censure il comportamento da parte della banca (...), la circostanza che il funzionario escusso abbia riferito di avere evidenziato la rischiosità dell'investimento anche in relazione al Paese emittente e di avere parlato di rating con il cliente: pur prescindendo da ogni considerazione circa l'attendibilità del teste, va detto che tali avvertenze avevano carattere del tutto generico laddove la banca avrebbe dovuto espressamente informare il cliente del fatto che gli analisti del mercato consideravano a rischio il rimborso stesso del capitale.
Né merita adesione la deduzione difensiva dell'istituto secondo cui il risparmiatore sarebbe comunque stato in grado di valutare la pericolosità dell'operazione alla luce delle indicazioni contenute, in particolare, nell'art. 1.3 del documento previsto dall'art. 28, lett. b), del regolamento Consob n. 11522/1998, atteso che tali indicazioni hanno carattere generale laddove, si ribadisce, la banca doveva fornire precise indicazioni circa la pericolosità di quell'investimento.
Va poiaggiunto chel'art. 23, ult. comma, D.Lgs. n. 58/1998 pone a carico dei soggetti abilitati all'esercizio dei servizi di investimento l'onere di provare di avere agito con la specifica diligenza richiesta e tale onere probatorio, per quanto sopra osservato, non è stato assolto dalla banca.
Appare inoltre fondato il rilievo secondo cui l'istituto avrebbe comunque dovuto segnalare l'inadeguatezza dell'operazione ai sensi dell'art. 29 del regolamento sopra menzionato (c.d. suitability rule) in considerazionedella sua dimensione (sia in termini assoluti sia perché si trattava della metà delpatrimonio mobiliaredeiclienti), della natura altamente rischiosa dei titoli prescelti e della circostanza che i clienti fossero investitori non professionali (funzionario di amministrazione statale il G. e casalinga la moglie).
A tale riguardo va rilevato che la banca ha sostenuto di non aver violato la c. d. suitability rule in considerazione della propensione al rischio manifestata dai clienti anche in relazione alla pregressa operatività posto che in precedenza il G. aveva investito i propri risparmi in una gestione patrimoniale banca (...) del tipo C3 (ossia la più rischiosa dopo quella puramente azionaria secondo la classificazione interna dell'istituto) e che al funzionario l'attore avrebbe riferito di avere investito i propri risparmi in una Sicav e in una polizza Index tramite la Cassa di Risparmio (...) (circostanza questa non negata dal G. e riferita sin dall'atto introduttivo dalla difesa della banca che pertanto, ex art. 118 cod. proc. civ., può ritenersi provata). (Omissis).
Per la prima operazione di acquisto la domanda attorea risulta quindi fondata essendo stati dimostrati la violazione, da parte della banca, delle prescrizioni contenute negli artt. 21 Tuf, 28 e 29 reg. Consob da considerarsi come norme imperative ex art. 1418 cod. civ. in considerazione degli interessi tutelati (diligenza degli intermediari nonché tutela del risparmio) e della natura generale di siffatti interessi (per l'affermazione di tale principio in termini generali cfr. Cass. 7 marzo 2001, n. 3272) nonché il danno subito dai clienti concretatosi nella perdita dell'intero investimento posto che, nel dicembre del 2001, è stato sospeso il rimborso delle obbligazioni (c.d. default) e che, ad oltre due anni di distanza da tale fatto, nessuna concreta assicurazione è stata fornita circa un rimborso anche solo parziale dell'investimento.
A diversa conclusione deve invece pervenirsi con riguardo alla seconda delle operazioni di acquisto dei c. d. tango bonds atteso che, in tal caso, la banca aveva segnalato l'inadeguatezza dell'operazione e che, nonostante ciò, il G. aveva confermato per iscritto l'ordine di acquisto.
Al riguardo va osservato che, a fronte della segnalazione dell'inadeguatezza dell'operazione, la normativa non prevede un divieto di dare esecuzione all'operazione ma si limita ad imporre una più rigorosa formalità e cioè la conferma scritta dell'ordine che, nel caso di specie, è stata data. Il funzionario di banca ha chiarito, nel corso dell'escussione, che l'inadeguatezza era stata segnalata all'investitore in relazione al fatto che, con tale seconda operazione, costui avrebbe investito l'intero patrimonio (secondo quanto era a conoscenza della banca alla stregua delle dichiarazioni rese dal G. in occasione dei vari incontri, atteso che lo stesso aveva rifiutato di dare informazioni sulla propria situazione finanziaria ex art. 28 reg. Consob) e che il titolo, già rischioso ed in forte perdita anche in considerazione degli eventi dell'11 settembre 2001, era inoltre denominato in dollari e quindi in valuta suscettibile di oscillazioni.
In proposito va osservato che siffatte dichiarazioni appaiono pienamente attendibili trovando riscontro nella documentazione in atti mentre non può accedersi alla tesi difensiva secondo la quale la norma di cui all'art. 29 reg. Consob sarebbe comunque stata violata non avendo la banca predisposto documentazione scritta delle avvertenze date e figurando sulla conferma d'ordine unicamente la dicitura «operazione non adeguata» atteso che l'art. 29, comma 3, reg. Consob prescrive agli intermediari l'obbligo di informare l'investitore dell'inadeguatezza dell'operazione e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, senza peraltro imporre una specifica forma dovendosi notare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, dall'art. 1350 cod. civ. si desume sussistere il principio generale della libertà delle forme di manifestazione della volontà negoziale in mancanza di fonti legali o contrattuali che prevedano la forma scritta (cfr. Cass. 17 gennaio 2001, n. 577; Cass. 3 marzo 1994, n. 2088). (Omissis).
Poiché l'obbligazione di restituzione dell'importo versato in conseguenza della dichiarazione di nullità dell'ordine di acquisto costituisce debito di valuta, avendo ad oggetto, sin dal suo sorgere, il pagamento di una somma di denaro e non essendo stato provato che gli attori abbiano subito un danno ex art. 1224 comma 2, cod. civ., ad essi va restituito l'importo di euro 258.729,90 cui debbono aggiungersi, ex art. 2033 cod. civ., gli interessi al tasso legale dal 5 settembre 2001 sino al saldo definitivo non potendosi ritenere che la banca (...), in relazione ai comportamenti sopra censurati, fosse in buona fede.
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