L'autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai fini dell'applicazione della sanzione per pubblicità ingannevole deve individuare il soggetto direttamnte responsabile
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma Sezione 1, Sentenza del 20 novembre 2008, n. 10469
Avv. Staff di Guidelegali.it
di Milano, MI
Letto 1306 volte dal 03/01/2009
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, composto dai signori: Giorgio Giovannini Presidente Antonino Savo Amodio Consigliere Mario Alberto di Nezza Primo referendario, rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 10193/2007 R.g. proposto da: Ag. s.p.a., in persona del procuratore speciale La. Ga., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sezione prima,
composto dai signori:
Giorgio Giovannini Presidente
Antonino Savo Amodio Consigliere
Mario Alberto di Nezza Primo referendario, rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 10193/2007 R.g. proposto
da:
Ag. s.p.a., in persona del procuratore speciale La. Ga., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pi. Fa., An. Li. e Ni. Di Be., elettivamente domiciliata presso lo studio Gi., Or., Gr. & Pa. in Ro., Via De. Qu. Fo. n. (...)
contro
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Ro., Via De. Po. n. (...), è domiciliata
e nei confronti di
Ma. Es., n.c.
per l'annullamento
del provvedimento n. 17125 del 19 luglio 2007, notificato il 31 luglio 2007, con il quale l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha accertato l'ingannevolezza di alcuni messaggi pubblicitari relativi alla vendita di articoli di informatica, elettronica, telefonia, ecc., con applicazione di uno sconto del 10% se paghi fra 6 mesi in un'unica soluzione a interessi zero, fruibile presso alcuni punti vendita della catena commerciale Tr. nella regione Sa., applicando ad Ag., in qualità di operatore pubblicitario, una sanzione pecuniaria di 18.600,00 Euro.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente;
visti gli atti tutti della causa;
sentiti per le parti alla pubblica udienza del 22 ottobre 2008, relatore il dott. Mario Alberto di Nezza, l'avv. An. Li. e l'avv. dello Stato F. Ar.;
ritenuto e considerato quanto segue in
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente instaurato la società Ag. ha chiesto l'annullamento del provvedimento del 19 luglio 2007, meglio specificato in epigrafe, con cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, accertata l'ingannevolezza di alcuni messaggi pubblicitari diffusi nel dicembre 2006 dalla società Ju.-Tr. (consistenti in un pieghevole, in inserzioni a mezzo stampa, in uno spot televisivo e in cartelloni stradali), diretti a promuovere la vendita di articoli di informatica, elettronica, telefonia con applicazione di uno sconto, ha riconosciuto in capo alla ricorrente la qualità di operatore pubblicitario e le ha di conseguenza irrogato una sanzione pecuniaria.
Costituitasi in resistenza l'intimata, all'udienza del 22 ottobre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. L'impugnazione è fondata.
Come si evince dall'atto in esame (v. par. VI), l'accertamento ha riguardato alcuni annunci relativi alla vendita di prodotti elettronici nella parte in cui informano i destinatari della possibilità di effettuare gli acquisti presso i punti vendita Tr. della Sa., con applicazione di uno sconto del 10% a condizione di effettuare il pagamento in unica soluzione dopo sei mesi.
All'esito dell'istruttoria, l'Autorità ha rilevato l'ingannevolezza dei messaggi in quanto non precisano il meccanismo del finanziamento rateale che scatta automaticamente se il consumatore, peraltro "entro" e non "dopo" sei mesi [...], non invia alla società finanziaria alcuna comunicazione. Si ribadisce, infatti, che il vantaggio prospettato nei messaggi di poter effettuare il pagamento dopo sei mesi a interessi zero, resta in realtà subordinato ad un adempimento (esercizio dell'opzione) del tutto eventuale rispetto all'avvenuto perfezionamento del prestito con rimborso rateale, sicché la vera finalità dell'iniziativa promozionale appare [...] quella di spingere i consumatori verso l'attivazione di appositi contratti di finanziamento gestiti da Ag., finalità confermata, altresì, dalla impossibilità per il consumatore di beneficiare del prezzo in promozione se intendesse effettuare il pagamento in contanti fin dal momento dell'acquisto.
Quanto alla posizione di Ag., l'Autorità ha osservato come nella specie l'oggetto della promozione, ancorché riguardante l'acquisto di articoli di elettronica di consumo, fosse strettamente connesso alla sottoscrizione di un contratto di finanziamento da parte del consumatore (ciò desumendo dai chiarimenti resi dalla stessa società Ju. circa la subordinazione dell'applicazione dello sconto all'accensione di un finanziamento), di talché il finanziamento non rappresenterebbe una mera modalità di pagamento del prezzo, costituendo, piuttosto, l'unico strumento utilizzabile dal consumatore per beneficiare del prezzo in promozione nell'ambito di una operazione commerciale congiunta che si concretizza nella offerta di beni di consumo legata in modo inscindibile a un prodotto finanziario realizzato e gestito da Ag.
A sostegno di questa opinione, l'Autorità ha ulteriormente valorizzato da un lato le indicazioni, riportate nel messaggio pubblicitario, relative allo stretto coinvolgimento della società finanziaria nella promozione in questione quali la precisazione "Salvo approvazione della società finanziaria" e il rinvio a "Maggiori informazioni disponibili nei fogli informativi presso i punti vendita", e, dall'altro, la convenzione sottoscritta il 19 maggio 2006 tra Ju. e Ag. che, con riferimento al finanziamento consistente nell'apertura di una linea di credito utilizzabile con carta di credito Ag., prevede la possibilità per la stessa società finanziaria di utilizzare la denominazione del convenzionato Ju. S.p.A. mediante l'inserimento della ragione sociale di quest'ultimo "sulla quarta riga di embossing della Carta".
2.1. Tanto premesso, con i primi due motivi di gravame, suscettibili di trattazione congiunta in ragione della comunanza di allegazioni, l'istante lamenta l'errata ricostruzione della fattispecie e deduce l'erroneità della propria qualificazione in termini di operatore pubblicitario, professandosi altresì estranea all'illecito ascritto alla Ju.-Tr.
Essa contesta anzitutto la premessa del provvedimento, secondo cui la promozione dei beni offerti da Ju. sarebbe riconducibile a un'operazione commerciale congiunta con Ag. (in quanto legata in modo inscindibile al finanziamento), sostenendo la strumentalità del proprio ruolo rispetto all'offerta: quale erogatore di servizi finanziari, essa avrebbe in essere con i c.d. grandi clienti (quali ad esempio le catene di distribuzione commerciale) specifiche convenzioni bilaterali, recanti condizioni determinate dalle richieste di questa particolare categoria di utenti. In tale prospettiva, il rapporto tra Ag. e i grandi clienti si esaurirebbe proprio nel mettere a disposizione di questi ultimi servizi finanziari commisurati alle relative strategie promozionali e, allo stesso modo, sarebbero tali soggetti a scegliere le modalità di comunicazione delle condizioni di finanziamento, come dimostrato, tra l'altro, dall'assenza di strategie di co-branding (apposizione del marchio sulle inserzioni pubblicitarie dei grandi clienti).
Sotto altro profilo, la società Ag. contesta la lettura estensiva data dall'Autorità all'art. 20, lett. d), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo, nel testo anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. n. 146 del 2007), a tenore del quale l'operatore pubblicitario è il committente del messaggio pubblicitario ed il suo autore, nonché, nel caso in cui non consenta all'identificazione di costoro, il proprietario del mezzo con cui il messaggio pubblicitario è diffuso ovvero il responsabile della programmazione radiofonica o televisiva.
L'Autorità avrebbe infatti ascritto l'illecito alla ricorrente sulla base del mero riscontro di un vantaggio economico, ancorché qualificato, di quest'ultima, mentre avrebbe dovuto al contempo individuare una (peraltro inesistente) responsabilità editoriale nella realizzazione del messaggio. Sarebbero perciò errati i rilievi sullo stretto legame tra i due operatori coinvolti nel procedimento (in realtà del tutto autonomi nella determinazione delle condizioni da praticare alla clientela), non avendo l'Autorità tenuto conto dell'inesistenza di previsioni volte a disciplinare una qualsivoglia forma di controllo sulle comunicazioni pubblicitarie dell'operatore commerciale (la dizione salvo approvazione della società finanziaria e il rinvio ai fogli informativi sarebbero formule d'uso comuni nelle offerte commerciali di tenore analogo, inserite per esigenze di tutela del consumatore).
Le censure sono meritevoli di condivisione.
Va anzitutto precisato che la figura del coautore cui si riferisce l'Autorità non è un tertium genus di soggetto attivo dell'illecito rispetto al committente e all'autore (non mette qui conto esaminare la responsabilità sussidiaria del proprietario del mezzo), essendo certamente possibile configurare anche nel caso di specie, alla luce tanto dei principi generali del diritto punitivo quanto, in particolare, dell'art. 5 della l. 24 novembre 1981, n. 689, un'ipotesi di concorso di persone nell'illecito amministrativo. Ne sortisce l'inesattezza della critica circa l'astratta impossibilità di ascrivere l'illecito a un soggetto non appartenente ad alcuna delle categorie espressamente contemplate dalla norma, dal momento che l'imputazione di responsabilità può giuridicamente configurarsi allorché risulti, in concreto, che tale soggetto abbia in realtà col suo contegno contribuito a porre in essere la condotta sanzionata.
Ciò che impone di procedere all'analisi delle pertinenti circostanze di fatto, non senza però ricordare che il ragionamento dell'Autorità muove correttamente dalla necessità, ai fini in rilievo, che sussistano cumulativamente i requisiti a) della responsabilità nella predisposizione, realizzazione e diffusione del messaggio stesso (responsabilità editoriale) e b) dell'esistenza di un vantaggio economico immediato e diretto connesso alla diffusione; si legge infatti nel provvedimento come il concetto di operatore pubblicitario, nell'ambito delle figure di committente, autore e coautore del messaggio, possa ricomprendere anche i soggetti che hanno partecipato alla programmazione e confezionamento della comunicazione pubblicitaria e che risultano avere un interesse immediato alla sua diffusione, alla luce dei benefici derivanti dal messaggio stesso (v. punto VI).
Orbene, la disamina del provvedimento dimostra come l'Autorità abbia riscontrato la sussistenza di uno solo dei due elementi che valgono a qualificare la figura dell'operatore pubblicitario, ossia il vantaggio economico, ma non abbia tuttavia fornito alcun elemento di convincimento circa la configurabilità anche della responsabilità editoriale dell'operatore.
Manca cioè la prova che Ag. abbia in qualche modo contribuito alla realizzazione dei messaggi censurati, non potendo tale conclusione esser desunta dalla struttura dell'operazione commerciale o dalla finalità economica comune a entrambe le parti, elementi che ai fini in rilievo appaiono del tutto neutri.
Né tale prova può ritenersi raggiunta in via indiziaria dalle circostanze consistenti nella precisazione salvo approvazione della società finanziaria, nel rinvio a maggiori informazioni disponibili nei fogli informativi presso i punti vendita, o nella possibilità di inserire la ragione sociale della società Ju. nella carta di credito emessa da Ag. Si tratta invero di elementi che difettano delle caratteristiche contemplate dall'art. 2729 cod. civ. (gravità, precisione e concordanza), atteso che, a tacer d'altro, essi perseguono finalità che si pongono su un piano affatto diverso da quello pubblicitario o promozionale.
3. In conclusione, il ricorso è fondato nei limiti dell'interesse della ricorrente e il provvedimento impugnato va di conseguenza annullato nella parte concernente l'accertamento di responsabilità (e la conseguente sanzione) a carico della società Ag., potendo restare assorbiti i profili di doglianza non esaminati.
L'esito e la peculiarità della controversia consentono di ravvisare giuste ragioni per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008.
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