Opere pubbliche- Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici- “programma integrato d’intervento” ex art. 16 comma 1 L. n.179 del 1992
Sentenza del TAR Marche di Ancona n.243 dell’11 aprile 2003
Avv. Prof. Piero Lorusso
di Roma, RM
Letto 1473 volte dal 20/02/2011
La deliberazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, costituente esercizio del potere di vigilanza ispettiva ex art. 4 lett.b) della legge 11-2-1994 n.109, ha natura di provvedimento amministrativo e non di mera dichiarazione di scienza e come tale è impugnabile Rientra nella competenza della Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici esaminare ogni procedura che abbia ad oggetto un intervento riconducibile, per soggetto e oggetto dell’attività, alla materia delle opere pubbliche, per controllare il rispetto della disciplina legislativa e regolamentare nella materia de qua e in particolare sulle procedure di gara, ex art.4 comma 4 lett. B) della legge 11-2-1994 n.104; tra tali procedure sono comprese quelle attivate dal Comune per la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti in un piano integrato d’ intervento
Pubblica udienza: 12 febbraio 2003
Pres: Bruno dr. Amoroso
Relatore: Giancarlo dr. Giambartolomei
Titoletto:
Ricorso giurisdizionale- atto impugnabile- atto di vigilanza dell’Autorità vigilanza lavori pubblici ex art. 4 comma 4 lett. b) legge 11-2-1994 n.109- è tale.
.
SENTENZA
sul ricorso n.717 del 2002 proposto dal COMUNE di ASCOLI PICENO, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Federico Tedeschini e Piero Lorusso, elettivamente domiciliato in Ancona, Corso Garibaldi n.136, presso lo studio dell’avv. Alberto Cerioni;
contro
- l’AUTORITA’ per la VIGILANZA sui LAVORI PUBBLICI, in persona del rappresentante legale pro-tempore, rappresentato e difeso dal-l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, presso i cui uffici alla Piazza Cavour n.29, è domiciliato per legge;
- il MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI, in persona del Ministro pro-tempore, non costituito in giudizio;
e nei confronti
- della *** s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
- di ***, non costituito in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- della deliberazione n.201 del 16.7.2002 dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale della procedura concorsuale, da cui derivino ed a cui si propaghino i vizi di legittimità censurati nel presente gravame.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 12 febbraio 2003, il Consigliere Giancarlo Giambartolomei;
Udito l’avv. prof. Piero Lorusso per il Comune ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
1.- Con delibera n.135 del 20.06.2001 il Comune di Ascoli Piceno approvava l'Avviso Pubblico di confronto concorrenziale per l'avvio di un Programma Integrato di Intervento finalizzato al potenziamento, ampliamento e ristrutturazione del Polo Universitario Piceno.
In virtù del predetto avviso, l’Amministrazione comunale procedente invitava soggetti privati a presentare entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione del bando proposte di offerta tecnico-economica relative a:
1)- un Programma Integrato di Intervento per il potenziamento del Polo universitario da attuare mediante interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, completamento ed ampliamento di edifici esistenti, nonchè realizzazione ex novo di edifici (o parti) anche per superfici destinate a parcheggi e ad attività terziario-commerciali;
2)- una proposta di programma per la razionalizzazione ed ottimizzazione del sistema viario cittadino a servizi dell'accessibilità al Polo universitario ed ai quartieri residenziali della popolazione universitaria, con finalità di riqualificazione urbana ed ambientale e di miglioramento del collegamento tra la parte nord e la parte sud della Città separate dal fiume Tronto.
Al soggetto proponente era richiesto di contribuire finanziariamente ed operativamente alla realizzazione del programma integrato di intervento in misura ulteriore al finanziamento di L.15.000.000.000 a disposizione dell’Amministrazione comunale ed in misura proporzionale ai benefici economici che il soggetto avrebbe conseguito:
- dalla possibilità di gestione di quota parte delle superfici;
- dalla possibilità di alienazione di quota parte comunque inferiore al 50% delle superfici con preferenza ad Enti pubblici, pubblici economici, istituti previdenziali, ferma restando l'esclusiva destinazione a Polo universitario dei complessi oggetto di intervento.
Ai sensi e per gli effetti del punto 5) dell'avviso pubblico le proposte dovevano essere valutate da apposita Commissione prima d’es-sere sottoposte all’approvazione del Consiglio comunale.
Delle due offerte pervenute la Commissione valutava non accettabile e non ammissibile quella dell’A.T.I.*** s.r.l. e dichiarava vincitrice della procedura selettiva l’A.T.I. *** s.r.l..
Con deliberazione 16 luglio 2002 n. 2001 l’Autorità per la Vigilanza per i LL.PP. rilevava:
a.- l’atipicità delle procedure posta in essere, inammissibile alla luce di quanto disposto dall’art.1, co.4, della L. n.109 del 1994;
b.- la possibilità di far salva la procedura avviata, ove ritenuta coincidente con il primo sub-procedimento prefigurato dagli artt.37/bis e ter della L. n.109 del 1994 al quale deve seguire la procedura negoziata finalizzata all’individuazione del concessionario, “rimanendo fermo che per la concreta esecuzione dei lavori deve essere applicata la normativa degli appalti ad evidenza pubblica ...”.
Avverso tale decisione, con ricorso notificato il 16 settembre 2002 il Comune di Ascoli Piceno ha dedotto le censure di:
a.- violazione ed elusione dell’ordinanza n.563 del 2001; incompetenza assoluta dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici; violazione di legge con riferimento all’art.1, co.4, all’art.2, all’art.4 (come modificato dalla L. 1° agosto 2002, n.166) ed agli artt.19, 20 e 37/bis e ter della L. n.109 del 1994 ed all’art.16 della L. n.179 del 1992; contraddittorietà con precedente determinazione dell’Autorità resistente.
La procedura che sottende il piano integrato d’intervento si collocherebbe al di fuori della disciplina dei pubblici appalti, delle concessioni in project financing e delle procedure concorsuali in genere; ciò sarebbe comprovato dalla clausola nell’avviso d’esclusione dell’offerta al pubblico. Ne discenderebbe l’incompetenza dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici.
L’intervento configurato dal Comune intimato non rientrerebbe nell’appalto dei lavori atteso che il bando prevede la realizzazione e la gestione delle opere, non rientrerebbe in una concessione esecutiva, di realizzazione e gestione d’opera pubblica di cui all’art.19 o di cui al-l’art.37/bis della L. n.109 del 1994 in quanto il bando espressamente prevede la cessione anche a titolo definitivo al soggetto attuatore di immobili dell’Ente che, a mezzo di convenzione di tipo urbanistico, rimarranno vincolati alla destinazione d’attività prefissate dall’ente di programma integrato d’intervento;
b.- inammissibilità del provvedimento per la natura endoprocedimentale delle operazioni della commissione, per difetto d’un interesse attuale sotto più profili, per la natura condizionata della valutazione della commissione.
Il ricorrente Comune ha poi riprodotto gran parte delle eccezioni dedotte nella memoria prodotta nel ricorso n.975 del 2001 d’impugna-zione delle operazioni della commissione.
Prima del decorso del termine di trenta giorni dalla ricezione della delibera gravata, con delibera 6 agosto 2002 n.192 la Giunta comunale ha statuito di non dar seguito e di non conformarsi “alla deliberazione della predetta Autorità n.201 del 16.7.2002”.
Con motivi aggiunti, notificati il 12 ottobre 2002, il Comune ricorrente ha riproposto le censure già dedotte in ricorso.
L’Autorità di vigilanza intimata si è costituita e, con memoria depositata il 24 settembre 2002, ha preliminarmente eccepito l’inam-missibilità del ricorso per non aver l’atto impugnato natura provvedimentale ma meramente consultiva e propositiva.
Con memoria deposita il 1° febbraio 2003 il Comune ha ulteriormente riprodotte le proprie tesi difensive.
La domanda di sospensione è stata rinviata al merito.
DIRITTO
1.- Oggetto del ricorso è la delibera 16 luglio 2002 n.201 con la quale il Consiglio dell’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici afferma che:
a.- “... le procedure poste in atto dal Comune di Ascoli Piceno per la scelta del soggetto esecutore dei programmi presentano caratteristiche atipiche non riconducibili ad alcune delle forme indicate dalla legge e dal regolamento in materia” di gare di appalto per l’affidamento delle progettazioni e dei lavori;
b.- la procedura avviata “... può, peraltro, essere suscettibile di una qualificazione che la salvi dalla caducazione ... può ritenersi coincidente con il primo sub-procedimento prefigurato dagli artt.37/bis e ter della L. n.109 del 1994 ...”.
L’atto impugnato fa seguito ad un esposto avverso gli avvisi pubblici (28 giugno 2001) con i quali il Comune di Ascoli Piceno aveva indetto le gare aventi lo scopo d’attuare due programmi integrati d’in-tervento uno per la realizzazione del “Polo Universitario Piceno”, l’al-tro per la riqualificazione di un’area denominata “Case minime” presso il quartiere Borgo Solestà, da finanziarie in parte con denaro pubblico, in parte con denaro dei privati.
2.- Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione, sollevata in memoria dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, d’inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse, essendo l’atto impugnato privo del carattere provvedimentale ed inidoneo (quale atto non volitivo, di scienza o parere) a produrre una qualsivoglia lesione sulla sfera giuridica del suo destinatario.
2.1.- L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici è stata istituita e regolamentata dall’art.4 della L. 11 febbraio 1994, n.l09 s.m. (disciplina completata con gli artt.3, 4, 5 e 6 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n.554), per far sì che l’attività amministrativa in materia di opere e lavori pubblici garantisca “la qualità e l’uniformarsi ai criteri di efficienza e d’efficacia, secondo le procedure improntate a tempestività, trasparenza e correttezza, nel rispetto del diritto comunitario e della libera concorrenza tra gli operatori” (art.1, co1, della L. n.109 del 1994).
Il 4° co. dell’art.4 riporta le funzioni assegnate a detta Autorità, elencate in più lettere (di vigilanza: lett.a, b, i; d’accertamento: lett.c; d’informazione lett.d; consultive: lett.e; propositive: lett.f; sanzionatorie: lett.h).
Preclusale l’emanazione di atti di controllo o di amministrazione attiva, le attribuzioni dell’Autorità sono manifestazione di una funzione di garanzia (in tal senso si è pronunciata la Corte costituzionale con sentenza 7 novembre 1995, n.482) che si esplica mediante l’esercizio di un potere di vigilanza strumentale, attraverso l’effettuazione di indagini accertative, nell’espressione di pareri, nella proposizione di modifiche alla disciplina regolamentare vigente, nella segnalazione al Governo ed al parlamento di disfunzioni ed anomalie.
Non è questione sulla natura provvedimentale degli atti sanzionatori, disciplinati dai commi 7 e 17 dell’art.4, nei confronti dei quali “è ammesso ricorso al Giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva” (art.4, co.7, L. n.109 del 1994).
Né è questione sulla natura non provvedimentale degli interventi diretti, attraverso un’interpretazione delle norme, alla formulazione di regole generali di comportamento per i soggetti che operano nel settore degli appalti pubblici o ad indicare (a Governo e Palamento) gli strumenti correttivi di anomalie e disfunzioni che abbiano assunto, nel mercato, la valenza di “fenomeni”.
Nel primo caso non vi è, comunque, esercizio di un potere normativo o regolamentare (l’art.3, co.3 del D.P.R. n.554 del 1999 prevede la pubblicazione sulla G.U. degli atti riguardanti questioni di rilievo generale o che comportano la soluzione di questioni di massima) che si porrebbe fuori dal vincoli procedurali indicati dalla L. 23 agosto 1988, n.400 e non troverebbe giustificazione nell’art.97 della Cost. al cui principio d’imparzialità della P.A. si collega la legittimazione del-l’istituzione dell’Autorità.
Un’indagine si rende, invece, necessaria per l’attività che, quale espressione dell'esercizio del potere di vigilanza “sull’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia”, “perché sia assicurata l’economicità di esecuzione dei lavori pubblici” e “sul sistema di qualificazione” (art.4, co.4, lett.a, b, c ed i, L. n.109 del 1994 e s.m.), si estrinseca in accertamenti in ordine alla conformità di singole “fattispecie” alle disposizioni di legge.
Anche in questo caso si configurano atti d’accertamento contenenti una dichiarazione di scienza, diretta ad eliminare una situazione d’obiettiva incertezza in ordine ad una data realtà giuridica.
Si aggiungono, però, alcune differenze sostanziali.
Le indicazioni dell’Autorità, se dirette ad una Pubblica Amministrazione, definiscono il contenuto di una fattispecie e di una corretta azione amministrativa e costituiscono elemento di necessaria ponderazione nelle scelte amministrative con riferimento ad uno specifico caso concreto.
Inoltre, all’“accertamento di scienza” si connette e si assomma un effetto propulsivo d’invito espresso o tacito d’obbligatorio riesame amministrativo in sede di autotutela.
Accertata l’irregolarità e compiuto l’“invito” ad una sua rimozione, il comma 9 dell’art.4 della L. n.109 del 1994 assegna all’Autorità anche il compito di una prima valutazione sull’esistenza di elementi di responsabilità penale, amministrativa e contabile ed il compimento di un’ulteriore attività propulsiva, non nei confronti dell’Amministra-zione vigilata, ma degli organi di controllo o giurisdizionali. La mancata risposta all’invito è soggetta, inoltre, ad essere sanzionata ex co.6 e 7 dell’art.4 della L. n.109 del 1994.
La pronunzia dell’Autorità non è, dunque, priva di elementi volitivi e di effetti costitutivi “poiché quantomeno, impone al Comune destinatario … di prendere in considerazione i rilievi avviando un procedimento di secondo grado destinato a chiudersi con un provvedimento motivato di conferma, di riforma o d’auto-annullamento e/o revoca” (TAR Campania, NA, sez.I, 19 settembre 2001, n.8512).
Il tutto nel rispetto del principio di legalità e di tipicità degli atti autoritativi, traendo il potere esercitato la propria fonte: nei commi 4 (lett.a, b, c, i), 6, 7 e 9 dell’art.4 della L. n.109 del 1994, nel D.P.R. 21 dicembre 1999, n.554, nell’art.5 del regolamento interno che autorizza il Consiglio ad emanare i c.d. interventi regolatori (o “regolazioni”). Quest’ultima disposizione non esorbita dai compiti assegnanti al-l’Autorità dall’art.4, co.4 della L. n.109 del 1994 ma è integrativa del co.9 dell’art.4 che prevede la denunzia delle irregolarità riscontrate (l’invito-diffida a rimuoverle si pone quale necessario antecedente di un’eventuale denunzia e risponde ai principi di partecipazione, in relazione agli articoli 7 e 8 della L. n.241 del 1990, richiamati dall’art.5 del D.P.R. n.554 del 1999).
Anche qualora intesa come richiesta di “chiarimenti”, la delibera è manifestazione volitiva in quanto pone l’obbligo di dare una risposta (impone un “facere”), pena l’irrogazione di una sanzione.
A margine il Collegio osserva come sia inerente alla medesima natura di “Autorità” il riferimento di un’azione dal contenuto precettivo di tipo autoritativo, idonea ad essere potenzialmente lesiva della sfera giuridica dei soggetti destinatari.
Non è, invero, prospettabile la configurazione di un’“Autorità” come figura vuota di ogni potere e con compiti ridotti all’espressione di mere opinioni o pareri.
Nel caso che ricorre, l’obbligo di riesame è espressamente consa-crato nella delibera impugnata mediante la fissazione di un termine (trenta giorni) entro cui il Comune era tenuto al motivato riesame.
Deve, pertanto, essere respinta l’eccezione d’inammissibilità sol-levata in memoria dall’Avvocatura dello Stato nel rilievo della natura non provvedimentale dell’atto impugnato e della sua non lesività.
3.- Per essere il loro contenuto meramente ripetitivo di quanto dedotto con il ricorso principale, inammissibili sono i motivi aggiunti addotti dopo (e in asserita ragione) l’adozione della delibera 6 agosto 2002 n. 192 con la quale la Giunta comunale ha “stabilito di non dare seguito in senso conforme alla deliberazione n.201 del 16 luglio 2002”.
Inammissibili o infondate sono anche le censure con le quali sostanzialmente è evidenziato un presunto carattere non definitivo, istruttorio, condizionato del procedimento, conclusosi con la indicazione dell’A.T.I. Travaglini s.r.l. quale vincitrice “della procedura se-lettiva indetta dall’Amministrazione comunale con avviso pubblico del 28 giugno 2001”e con l’articolazione da parte della Commissione di “proposte” da sottoporre all’Amministrazione comunale (verbale n. 9 – seduta del 13 novembre 2001).
L’oggetto del potere di verifica da parte dell’Autorità ed il contenuto dell’avviso pubblico, la sua mancata pubblicità, non sono i risultati della gara.
Per la medesima ragione, ultronee sono le dedotte eccezioni d’i-nammissibilità per tardività e difetto d’interesse ad emanare un provvedimento (la deliberazione n.201 del 2002) che non ha natura impugnatoria, né la cui adozione era soggetta ad un termine decadenziale; mentre la censura di elusione dell’ordinanza n.563 del 2001 non tiene conto che il rigetto dell’istanza di sospensione ha a suo riferimento i risultati della procedura selettiva di cui all’avviso pubblico del 28 giugno 2001, impugnati con autonomo ricorso (n.971 del 2001) dall’ATI ***, esclusa dalla gara, ricorso che non vede parte necessaria l’Auto-rità per la vigilanza sui lavori pubblici.
4.- Residua l’esame delle pertinenti ma infondate censure con le quali il Comune ricorrente deduce l’incompetenza dell’Autorità ad esercitare i suoi poteri di vigilanza e d’intervento su dei procedimenti cui è sottesa una proposta di piano integrato la cui disciplina sarebbe al di fuori di quella che regola i pubblici appalti, le concessioni “in project financing” e le procedure concorsuali in genere (alle quali si richiama nel suo atto l’Autorità).
4.1.- Con particolare riferimento ad uno dei due avvisi pubblici del 28 giugno 2001, del quale è conosciuto il contenuto, al soggetto proponente era richiesto di contribuire finanziariamente ed operativamente alla realizzazione del programma integrato di intervento (per il potenziamento del Polo universitario) in misura ulteriore al finanziamento di L.15.000.000.000 a disposizione dell'Amministrazione comunale ed in misura proporzionale ai benefici economici che il soggetto avrebbe conseguito:
- dalla possibilità di gestione di quota parte delle superfici;
- dalla possibilità di alienazione di quota parte comunque inferiore al 50% delle superfici con preferenza ad Enti pubblici, pubblici economici, istituti previdenziali, ferma restando l'esclusiva destinazione a Polo universitario dei complessi oggetto d’intervento.
Ai sensi e per gli effetti del punto 5) dell'avviso pubblico le proposte dovevano essere valutate da apposita Commissione prima d’es-sere sottoposte all’approvazione del Consiglio comunale.
Al proponente era richiesto anche di progettare ed effettuare interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, completamento ed ampliamento di edifici, nonché la realizzazione ex novo di edifici (o parti).
L’art.16, comma 1, della L. 17 febbraio 1992, n.179, al quale il Comune afferma di aver dato applicazione, ha introdotto la previsione di un nuovo strumento di programmazione urbanistica, denominato “programma integrato d’intervento”, orientato alla riqualificazione dei tessuti urbanistico-edilizi ed ambientali e caratterizzato dall'assolvimento di una “pluralità di funzioni”, con la “.integrazione di diverse tipologie di intervento” e con dimensioni tali “da incidere sulla riorganizzazione urbana”, attraverso il “possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici e privati”, con conseguente previsione della presentazione dei programmi anche da parte di “soggetti privati”, oltre che pubblici, “singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra di loro” (art.16, comma 2).
L'ampia (ed invero alquanto generica) definizione di funzioni e contenuti dei programmi integrati di intervento (vedi al riguardo i rilievi riportati nella sentenza 19 ottobre 1992 n.393 della Corte Costituzionale) ne connota l’assoluta peculiarità rispetto ad altri strumenti di pianificazione ad orientamento settoriale (quali i piani di recupero di cui all'art.28 della legge 5 agosto 1978, n.457 o i programmi di recupero urbano disciplinati dall'art.11 del D.L. 5 ottobre 1993, n.398, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 1993, n.493), nel senso che, pur trattandosi di strumenti “speciali” di pianificazione, essi non mirano unicamente al risanamento o al recupero di contesti urbanistico edilizi e/o all'ampliamento dell'offerta di edilizia residenziale, ma anche alla riqualificazione dei tessuti urbani mediante il ricorso ad interventi e risorse (pubblici e privati) che possono riguardare zone “in tutto o in parte edificate” o zone “da destinare ... a nuova edifi-cazione” (art.16, comma 2).
In mancanza di una legge regionale (vedasi la legge della Regione Campania 19 febbraio 1996, n.3, della Regione Emilia Romagna 30 giugno 1995, n.6 ed altre) che dia un contenuto all’istituto astrattamente previsto, definendo le diverse funzioni (pianificatorie, finanziare, di gestione) e conformando le procedure, il procedimento ed i sub-procedimenti, l’art.16 della L. n.179 del 1992 rimane una norma di principio.
In assenza di una disciplina esecutiva, nella Regione Marche lo strumento del programma integrato può essere utilizzato solo facendo ricorso agli istituti presenti nell’ordinamento regionale e statale.
Per quanto riguarda l’aspetto urbanistico ed edilizio occorre riferirsi alla disciplina regionale che concerne gli ambiti territoriali assoggettati ai piani attuativi ed al regolamento edilizio comunale.
E’ naturalmente possibile il ricorso ad una conferenza di servizi o ad un accordo di programma (previsto nell’avviso) ove il piano esecutivo non sia conforme alle previsioni del piano regolatore e necessiti la presenza nel procedimento di più soggetti pubblici.
Per la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale (ed il Polo universitario vi è compreso), l’acquisizione di proposte da parte di soggetti privati, volte ad elaborare una progettazione preliminare, accompagnata da un piano economico-finanziario, asseverato da un istituto di credito, e da una bozza di convenzione, impone di far riferimento, come indicato dal-l’Autorità nel provvedimento impugnato, all’art.19, comma 1° e seguenti ed all’art.37/bis della L. 11 febbraio 1994, n.109.
La clausola nell’avviso, di cui alla delibera n.135 del 2001, di esclusione dell’offerta al pubblico è elemento che va a favore della tesi per la quale la procedura concorsuale è meramente diretta a provocare da parte di privati la produzioni di proposte senza che ne derivi per l’Amministrazione alcun impegno finanziario, né tantomeno l’aggiu-dicazione dei lavori da effettuare in base al progetto presentato e l’af-fidamento della gestione delle opere realizzate ad uno dei soggetti proponenti.
La circostanza della previsione nell’avviso della cessione, anche a titolo definitivo, al soggetto attuatore di immobili dell’ente, salva la loro destinazione ad attività prefissate, non è sufficiente ad escludere che l’Amministrazione ha attivato la prima fase del procedimento di concessione in project financing. Diversamente, verrebbe ad essere ammessa la possibilità di porre in essere provvedimenti anomali, in palese contrasto con i ben noti principi di legalità, di tipicità e di nominatività dell’attività amministrativa, attuabile secondo schemi normativamente definiti (solo gli atti negoziali di diritto civile, quale espressione tipica dell’autonomia privata, quanto al fine al contenuto, alle modalità, ecc., possono non trovare una rispondenza in un determinato tipo).
Anche la procedura relativa al secondo programma integrato, fina-lizzato alla riqualificazione dell’area denominata “Case minime” ha a suo oggetto un intervento riconducibile alla categoria delle opere pubbliche (se si ha riguardo sia al soggetto sia all’oggetto dell’attività).
Per quello che qui interessa la materia trattata attiene, dunque, ai lavori pubblici ed alle procedure d’affidamento della progettazione, della realizzazione e della gestione di opere pubbliche, quali gli aspetti d’illegittimità rilevati dall’Autorità che ha esercitato il potere di vigilanza sul rispetto “della disciplina legislativa e regolamentare” (art.4, co.4, lett.b) in materia di procedure di gara di cui all’art.37/bis e ter della legge n.109 del 1994.”
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