Il contratto a tempo determinato - chiarimenti del Ministero
Circolare del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale, Circolare 02/05/2008, n. 13
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 432 volte dal 13/12/2011
Come noto,infatti, l’art 1., commi da 39 a 43, della L. n. 247/2007 ha modificato la disciplina contenuta nel D.LLGS.n386/2001, prevedendo sia dei limiti alla reiterazione dei contratti , sia delle forme di precedenza nella stipula di contratti a tempo indeterminato o di nuovi contratti a termine nelle attività stagionali in favore di particolari categorie di lavoratori,.
E altresì da rilevare l’introduzione di un Comma 01 all’Art1 del D.LGS n. 386/2001 secondo il quale "il contratto di lavoro subordinato e stipulato di regola a tempo indeterminato"; previsione che, pur non reintroducendo una presunzione legale a favore del contratto a tempo indeterminato, esprime l’intento del Legislatore di ribadire che tale tipologia contrattuale rappresenta la fattispecie" ordinaria" di costituzione dei posti di lavoro.
Campo di applicazione
Va innanzitutto chiarito che le nuove disposizioni introdotte dalle L. n. 247/2007 ("Norme di attuazione del protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale"), con riferimento sia ai limiti temporali legati alle reiterazione dei contratti a termine, sia i citati diritti di precedenza, sembrano potersi riferire esclusivamente ai rapporti di lavoro instaurati ex D.LGS o ex L.n. 230/1962, senza dunque interessare i rapporti di lavoro che, pur rinviando per alcuni profili della propria disciplina le predette normative, sono legate a logica e finalità diverse.
In tal senso, a mero titolo esemplificativo, le nuove disposizioni non sembrano incidere né sul contratto di inserimento, in quanto finalizzato ad un "adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo", né sui contratti stipulati ai sensi dell'art 8 n. 223/1991 con i lavoratori scritti nelle liste di mobilità.
Limiti temporali
L’art.5, comma 4bis, del D.lgs n. 368/2001 prevede che "qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti in rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (…) il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato". Il limite generale di durata massima in caso di reiterazione di contratti a tempo determinato richiede l'identità delle parti del rapporto di lavoro e l'equivalenza delle mansioni. Secondo i principi giurisprudenziali in materia, l'equivalenza non deve essere intesa in termini di corrispondenza del livello di inquadramento contrattuale tra le mansioni svolte precedentemente in quelle contentate nel nuovo contratto, ma occorre verificare i contenuti concreti delle attività espletate (ex plurimis, Cass. 425 del 12 gennaio 2006, 7453 del 12 aprile 2005, 7351 del 11 aprile 2005 ); in particolare "l'equivalenza tra le nuove mansioni e quelle precedenti deve essere intesa non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni, considerate nella loro oggettività, ma anche come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l'arricchimento del patrimonio professionale del lavoratore acquisito nella finestra anche del rapporto" (Cass, Sez. Un., 24 novembre 2006 n. 25033). Sul punto va peraltro sottolineato che tale ultima sentenza attribuisce alla contrattazione collettiva anche il potere di individuare la nozione di "equivalenza" attraverso le c.d. clausole di fungibilità, volte a consentire un impiego più flessibile del lavoratore almeno per "sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione delle professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati nella qualifica senza incorrere nella sanzione della nullità comminata dal secondo comma della citata disposizione [art.2013 C.C.]". Va ulteriormente sottolineando che, secondo il dettato normativo, ai fini del superamento del periodo di 36 mesi, devono essere conteggiati tutti i periodi di lavoro effettivo svolti dalle e prescindendo, quindi, dai periodi di interruzione intercorsi tra cessazione precedente rapporto di lavoro e l'instaurazione di quello successivo. Ciò in quanto la finalità perseguita dal Legislatore è quella di impedire che le interruzioni possano produrre l'effetto di "azzerare" il conteggio dei periodi di attività rilevanti per l'individuazione della durata massima di più rapporti di lavoro a termine.
Peraltro nel caso di raggiungimento del limite dei 36 mesi per effetto di successione di diversi contratti, non si determina l'automatismo dell'immediata collezione, ma il rapporto si potrà protrarre per ulteriori venti giorni (art. 5, comma 2, D.Lgs 36/2001 ) che dovranno essere tuttavia compensati con le maggiorazioni previste dallo stesso art. 4 comma 1 del D.Lgs 386/2001.
Altra questione riguarda il computo effettivo del periodo le 36 mesi. Per quanto riguarda tali periodi si ritiene che possa essere adottato il criterio comune, adoperato anche in altri ambiti (si pensi alla disciplina contrattuale in materia di periodi di comporto ) secondo il quale, considerato che la durata media dei mesi durante l'anno è pari a 30 giorni, 30 giorni potranno considerarsi l'equivalente di un mese. A titolo esemplificativo, pertanto, considerando due contratti a termine di cui il primo di durata 1° gennaio-20 febbraio e il secondo 1° maggio-20 giugno sia avrà un totale di periodi lavorati pari a tre mesi ( gennaio, maggio e 30 giorni equivalenti ad un mese) e 10 giorni (residuo di giorni lavorati oltre i 30 ).
Deroghe alla sommatoria dei periodi
Va poi ricordato che la disciplina sul limite massimo e 36 mesi sull'eventuale " ulteriore contratto" concluso presso la DPL con l'assistenza sindacale ( vedi infra) – fermo restando quanto chiarito circa il campo di applicazione della nuova disciplina - subisce alcuna deroghe:
l'art.1, comma 41 lettera c), della L. 247/2007, modificando l'art. 10 comma 4 del D.Lgs 386/2001, stabilisce che il nuovo limite generale non operato per i rapporti di lavoro dei dirigenti, per i quali vige ancora il termine di durata massima quinquennale;
l'art. 1 comma 42 della L. n. 247/2007 modifica l'art. 22 del D.Lgs 276/2003 prevedendo in caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato, il rapporto di lavoro a termine Agenzia di somministrazione e lavoratore non è soggetto ai limiti di cui all'art. 5 comma 3 e ss, del D.Lgs. n. 368/2001. Ciò non solo conferma la precedente esclusione della somministrazione a tempo determinato dalle norme che prevedono una trasformazione del rapporto in casa di successive assunzioni a termine senza soluzione di continuità, ma sottrae detto istituto anche dalle novità introdotte dai commi da 4 bis e 4 sexies dello stesso art. 5;
l'art.1 comma 40 della L. n. 247/2007, introduce l'art. 5 comma, 4 ter, del D.Lgs. n. 368/2001 che esclude le attività stagionali, come individuate dal D.P.R. n. 1525/1963, dal limite dei e 36 mesi nonché le altre attività stagionali appositamente individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle e intrattiene lavoratori dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.
Ulteriore contratti stipulato presso la DPL
In ordine al divieto di superamento del limite e 36 mesi in un caso di successione di contratti a termine, si ricorda che il secondo periodo del comma 4 bis dell'art.5 del D.Lgs. n. 368/2001 concede alle parti la facoltà di stipulare un solo ulteriore contratto in deroga al predetto limite, purché lo stesso sia stipulato presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio alla presenza di un rappresentante di una delle ordinazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.
Al riguardo occorre sottolineare che l'intervento della Direzione provinciale del lavoro è finalizzato esclusivamente alla verifica circa la completezza e la correttezza "formale" del contenuto del contratto a tempo determinato e la genuinità del consenso del lavoratore alla sottoscrizione dello stesso, senza che tale intervento possa determinare effetti certificativi in ordine alle effettiva sussistenza dei presupposti giustificativi richiesti dalla legge.
Diritto di precedenza
La L.n.247/2007 gli introduce, nell'ambito dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 368/2001, alcuni diritti di precedenza in caso di nuovo assunzioni. In particolare si prevede che:
1) il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione rapporti a termine;
2) il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.
I diritti di precedenza così individuati possono essere esercitate a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro, rispettivamente, sei mesi o tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e si estinguono entro un anno dalla stessa data . Occorre inoltre evidenziare che il diritto di precedenza trova applicazione, per espressa previsione normativa, con riferimento alle "mansioni già espletate" e non, come avviene per il computo del periodo massimo dei 36 mesi, con riferimento a "mansioni equivalenti". Peraltro, ferma restando l'identità di mansioni nell'ambito delle attività stagionali il diritto di precedenza trova applicazione qualora il medesimo datore di lavoro ponga in essere la medesima "attività stagionale".
Si ritiene utile infine rappresentare la problematica legata alla conciliabilità del diritto di precedenza introdotto nel 2007 con eventuali altre forme di precedenza introdotte sulla base della disciplina legale e contrattuale previgente. Va infatti ricordato che l'art. 10, comma 9, del D.Lgs. n. 368/2001 – ora abrogato dalla stessa L.n. 247/2007- stabiliva che: "è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro (...) la individuazione di un diritto di precedenza nell'assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica, e esclusivamente a favore dei lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a termini determinato delle ipotesi già previste dall'arte. 23, comma 2, della L.n. 56/1987". Sebbene tale disposizione sia stata abrogata e la nuova disciplina non specifici alcunché in materia, non sembra ragionevole sostenere che diritti già acquisiti lavoratori in base alle clausole collettive poste in esso in essere siano vanificati.
Si ritiene pertanto che forme di integrazione fra vecchi nuovi diritti di precedenza non possano che essere individuate dalla contrattazione collettiva che aveva già disciplinate criteri di elaborazione nelle in grado di e delle graduatorie ai sensi dell'art.10.comma, del D.Lgs.n.368 /2001.
Disciplina transitoria
L'art 1, comma 43, della L. n. 247/2007 prevede un regime transitorio in relazione all'applicazione del "tetto" dei 36 mesi, quale limite di durata dei rapporti di lavoro in caso di successione ai contratti a tempo determinato. La previsione, evidentemente, viole introdurre dei criteri di gradualità in ordine alla applicazione del predetto limite che interessa, secondo quanto di seguito chiarita, anche a rapporti di lavoro posti in essere in essere sino a tutto il 2007.
Anzitutto, secondo quanto previsto dalla lett. a) dell'art.1, comma 43,della L.n.247/2007, i contratti a termine in corso alla data del 1° gennaio del 2008 esplicano i loro effetti fino alla scadenza in essi prevista, anche in deroga al limite temporale dei 36 mesi.
Pertanto, i contratti a tempo determinato stipulati prima dell'entrare in vigore della norma (1° gennaio 2008 ) ed in corso alla data stessa continuano fino alla loro naturale scadenza, senza conseguenze legate ad un eventuale superamento dei 36 mesi. Tale previsioni intende evidentemente salvaguardare i diritti delle parti del rapporto di lavoro sorti sotto la vigenza della precedente normativa.
La lettera b) del medesimo comma, che interessa la diversa ipotesi di periodo di lavoro svolti in forza di contratti cessati dalla data 31 dicembre 2007, stabilisce che "il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della legge si computa, insieme ai periodi successivi attività ai fini della determinazione del periodo massimo di cui ha citato comma 4-bis" solo una volta decorsi 15 mesi dal 1° gennaio 2008.
A tal proposito si ritiene che la disposizione voglia introdurre, come accennato, un regime di graduale efficacia del nuovo limite temporale, spostando in avanti -a far dalla data dal 1° aprile 2009- ogni sommatoria dei periodi di lavoro effettuati.
Pertanto, l'attività lavorativa svolta durante il periodo transitorio di 15 mesi - pur rientrando nel computo dei 36 mesi e pur potendo comportare il superamento di tale limite - potrà continuare sino alla data del 31 marzo 2009, senza che ciò dia luogo ad eventuali conseguenze sul piano della conversione del rapporto a tempo determinato.
In altri termini i datori di lavoro che abbiano sottoscritto contratti a far data dal 1° gennaio del 2008 rimangono " indenni" dall'effetto trasformativo qualora cessino comunque il rapporto entro il 31 marzo 2009. A diverse conseguenze, evidentemente, deve giungersi nell'ipotesi in cui lo stesso rapporto ecceda il precedette limite di 36 mesi proseguendo anche oltre il 31 marzo 2009, senza che qui trovi peraltro applicazione-considerata la specifica disciplina del periodo transitorio- la citata previsione di cui all'art. 5, comma 2, del D.Lgs 368/2001, relativa anche al decorso dei 20 geni tempo al della trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Operai agricoli a tempo determinato
Appare infine utile ricordare che già ai sensi dell'art. 10, comma 2, del D.Lgs. n.368/2001, dalla disciplina dello stesso D.lsg-e quindi dalle novità introdotte dalla L.n.247/2007-"sono esclusi(...) i rapporti di lavoratori di lavoro dell'agricoltura degli operai a tempo determinato così come definiti dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1990 e 375." Resta viceversa interessata dalla citata disciplina il personale impiegatizio, ferme restando le deroghe illustrate con riferimento all'attività stagionali.
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