Collegato lavoro- Conciliazioni
legge 4 novembre 2010 n. 183
Avv. Mariagrazia Caruso
di Catania, CT
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Novità introdotte dalla normativa entrata in vigore dal 24.11.2010: Legge 183 del 04.11.2010.
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Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 19532
Milano, 9 dicembre 2010
Ai dirigenti responsabili
degli Ambiti Territoriali
della Lombardia
Ai dirigenti scolastici delle
scuole di ogni ordine e grado
della Lombardia
Oggetto: Collegato Lavoro – Conciliazioni
Dopo un biennio di accese discussioni, un travagliato iter parlamentare che ha visto ben 7 passaggi e un rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica, il c.d. Collegato Lavoro è stato approvato lo scorso 19.10, pubblicato sulla G.U. del 09.11.2010, mentre è entrato in vigore il 24.11.2010: trattasi della Legge 183 del 04.11.2010, che consta di 50 articoli.
Il testo prevede espressamente varie deleghe al Governo, su svariate materie, quali i lavori usuranti, la riorganizzazione di enti, la fruizione di congedi, aspettative, permessi, ammortizzatori sociali, servizi per l’impiego etc.
Si ritiene opportuno, ad ogni buon conto, richiamare l’attenzione delle SS.LL. sulle novità introdotte dalla citata normativa, in particolare per quanto concerne la tematica in oggetto indicata.
Il disposto dell’art. 31 ridisegna la sezione del codice di procedura civile dedicata alle controversie di lavoro.
Il tentativo di conciliazione, sin qui obbligatorio, si trasforma in una fase assolutamente facoltativa. Il legislatore, di contro, introduce una pluralità di mezzi di bonaria composizione delle vertenze.
Ma l’art. 31 citato riscrive anche la procedura di conciliazione avanti le Commissioni istituite presso le DPL, procedura che, come anticipato, da obbligatoria diviene facoltativa, meramente eventuale.
Le parti coinvolte in una vertenza di lavoro potrebbero rivolgersi, dunque, direttamente al G.O..
Il tentativo di conciliazione nel processo del lavoro, pertanto, non costituirà più una condizione di procedibilità della domanda giudiziale; il mancato tentativo di conciliazione, poi, non avrà alcun effetto pregiudizievole nel successivo giudizio di merito.
Alla non obbligatorietà del tentativo di conciliazione corrisponde, peraltro, una serie di possibili forme e procedure conciliative.
Intanto, è confermata la possibilità di rivolgersi alle Commissioni di conciliazione appositamente istituite presso le D.P.L..
Al riguardo, si richiama l’attenzione delle SS.LL. sulla circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 25.11.2010, in particolare per ciò che concerne la disciplina della presente fase transitoria.
Varierà in primo luogo la composizione della Commissione di conciliazione e delle eventuali sottocommissioni: la rappresentatività delle organizzazioni titolate a nominare i commissari, ad esempio, non sarà più da verificarsi su base nazionale ma a livello territoriale.
La trattazione delle istanze sin qui presentate e già incardinate, dovendosi ritenere attività di ordinaria amministrazione urgente ed indifferibile, dovrà essere portata a conclusione.
La procedura, anch’essa oggetto di intervento da parte della normativa in esame, sarà sostanzialmente la seguente:
- richiesta della parte istante che deve contenere:
- l’indicazione delle parti;
- le ragioni di fatto e di diritto a sostegno della propria pretesa;
- l’indicazione del luogo della conciliazione;
- l’indicazione del luogo ove andranno effettuate le comunicazioni.
L’istanza deve essere sottoscritta in originale dal proponente e consegnata a mano, spedita con raccomandata A/R o inviata a mezzo di e mail certificata alla DPL. Resta escluso l’invio a mezzo fax.
In assenza dei requisiti suindicati, l’istanza verrà dichiarata improcedibile, a meno a che l’altra parte presenti proprie memorie, sanando in sostanza il difetto.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza, per tutta la durata del tentativo e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione.
- Nella ipotesi in cui la controparte accetti la procedura di conciliazione, dovrà depositare entro il termine di 20 giorni dal ricevimento della richiesta una memoria contenente le proprie difese ed eccezioni, sia in fatto che in diritto, oltre ad eventuali domande riconvenzionali.
- Nell’ipotesi in cui ciò non avvenga, ciascuna delle parti sarà libera di adire la competente autorità giudiziaria.
- Se viene accettata la procedura, la comparizione delle parti dovrà avvenire entro i successivi 30 giorni; alla data fissata, se le parti non trovano un accordo, la Commissione dovrà formulare una proposta di bonaria definizione della controversia, i cui termini dovranno essere riassunti nel verbale insieme alle valutazioni delle parti.
Nel successivo giudizio, il giudice dovrà tenere nel debito conto le risultanze della proposta formulata dalla Commissione e non accettata dalle parti senza adeguata motivazione. Nel ricorso introduttivo del giudizio dovranno essere allegati memorie e verbale relativi al procedimento di conciliazione.
Instaurata e accettata la procedura conciliativa le parti dovranno giustificare il mancato accordo, ma soprattutto la mancata accettazione della proposta formulata dalla commissione, con probabili effetti negativi sul giudizio successivo.
Le richieste di costituzione del Collegio inoltrate ex artt. 65 e 66 del D.Lgs 165/01 e concernenti controversie del pubblico impiego, che risultino presentate dopo il 24.11 u.s., saranno dunque archiviate, dovendo gli eventuali interessati ripresentare la domanda secondo il nuovo rito.
Per ciò che concerne le Segreterie di Conciliazione istituite presso ogni Ufficio provinciale, parrebbe potersi dedurre, dal disposto del comma 6 dell’art. 31 in esame, che sopravvivono. La norma infatti testualmente recita “ La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’art. 409, possono essere svolte altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative”
Durante il tentativo di conciliazione, ed è questa una novità di qualche rilievo, le stesse parti avranno la facoltà di affidare alla Commissione di conciliazione il mandato per la risoluzione della lite in via arbitrale, indicando:
- il termine per l’emanazione del lodo, che, in ogni caso, non potrà superare i 60 giorni;
- le norme invocate a sostegno delle rispettive posizioni;
- l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, pur nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, anche derivanti da obblighi comunitari.
Si tratterebbe, nello specifico, di arbitrato irrituale, che ha cioè il valore di un contratto tra le parti, non impugnabile anche qualora la decisione deroghi a disposizioni di legge o di contratti collettivi.
Anche per quanto concerne l’arbitrato, dunque, alcune novità risultano introdotte dal Collegato Lavoro, soprattutto in sede di modifiche dopo la mancata firma da parte del Presidente della Repubblica il 3 marzo 2010.
Secondo quanto precisato dalla normativa in esame, il prestatore di lavoro dovrà preventivamente decidere se ricorrere all’arbitrato, e non più solo nel caso in cui insorga una controversia.
La scelta potrà, però, avvenire da parte del dipendente solo alla conclusione del periodo di prova, ove previsto, oppure se trascorsi almeno 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto di lavoro.
Ma la nuova disciplina contempla diverse forme di arbitrato, alle quali avranno facoltà di accedere tutti i lavoratori subordinati, pubblici e privati, i collaboratori coordinati e continuativi, gli agenti che operano in forma personale.
Sinteticamente, si riferisce che la procedura arbitrale si attiva comunque con un ricorso, il quale dovrà indicare:
- l’oggetto della domanda (il petitum);
- le ragioni sulle quali si fonda (ossia la causa petendi)
- i mezzi di prova;
- l’eventuale richiesta di decidere secondo equità. Sono stabiliti i termini per l’eventuale deposito di memorie e repliche.
Durante l’udienza l’Arbitro tenta comunque la conciliazione, interroga le parti, ammette e assume le prove.
La controversia è decisa entro 20 giorni dall’udienza finale con un lodo; ognuna delle parti in causa provvederà a pagare l’arbitro da essa nominato e metà del compenso del presidente, fissato nel 2% del valore della controversia.
Il lodo potrà disporre per la parte soccombente il rimborso delle spese legali e arbitrali dell’altra.
Tanto si comunica quale mera anticipazione delle novità di maggior rilievo introdotte nella materia conciliazione e arbitrato dalla L. 183, con riserva di fornire ulteriori indicazioni e precisazioni, ove ciò si rivelasse necessario.
Il dirigente
Luciana Volta
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