INDICE

PREMESSA
1 BREVI CENNI SULLA NATURA DEI TRUST
2 PRECEDENTI INDICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE
FINANZIARIA IN MATERIA DI TRUST
3 DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
3.1 La residenza del trust
3.2 Adempimenti del trust
3.3 Il trasferimento dei beni nel trust
3.4 Cessione dei beni in trust
4 DISCIPLINA DEI REDDITI DEL BENEFICIARIO DEL TRUST
4.1 Natura dei redditi attribuiti ai beneficiari
5 DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE
5.1 Atto istitutivo del trust (imposta di registro)
5.2 Atto dispositivo (imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione di vincoli di destinazione)
5.3 Atto dispositivo (imposte ipotecarie e catastali)
5.4 Operazioni effettuate durante il trust
5.5 Trasferimento dei beni ai beneficiari

PREMESSA

L’articolo 1, commi da 74 a 76 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007, di seguito “finanziaria 2007”), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006, ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento tributario nazionale disposizioni in materia di trust.

Il comma 74 dell’articolo 1 della finanziaria 2007, modificando l’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”), include i trust tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In tal modo è stata riconosciuta al trust un’autonoma soggettività tributaria rilevante ai fini dell’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.
Avendo presente la flessibilità dell’istituto, il legislatore ha individuato, ai fini della imposizione dei redditi, due principali tipologie di trust:
• trust con beneficiari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari stessi
• trust senza beneficiari individuati, i cui redditi vengono tassati direttamente in capo al trust.

I redditi imputati al beneficiario sono stati qualificati come redditi di capitale, con l’inserimento della lettera g-sexies) al comma 1 dell’articolo 44 del TUIR.

Specifiche disposizioni antielusive sono state, inoltre, introdotte al fine di determinare la residenza fiscale di trust istituiti in paesi che non consentono lo scambio di informazioni.

Con opportune modificazioni apportate all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i trust che esercitano attività commerciali sono stati inclusi tra i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

Infine, in materia di imposizione indiretta, puntuali disposizioni sono state introdotte
• dapprima con l’art. 6 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 che ha previsto l’applicazione dell’imposta di registro sulla costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritti
• poi con la con legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286 che, senza convertire la disposizione dell’art. 6 del decreto, ha invece assoggettato la costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritti all’imposta sulle successioni e donazioni
• e in ultimo con la finanziaria 2007 che ha introdotto alcune franchigie ed esenzioni.

1 BREVI CENNI SULLA NATURA DEI TRUST

Il trust è istituto tipico della common law che, per versatilità e flessibilità, si presta alle finalità più ampie. E’ opportuno considerare che non esiste una specifica tipologia di trust e che, ai fini dell’analisi dei profili civilistici e fiscali, dopo aver individuato i tratti comuni ed essenziali della relativa disciplina occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust.

Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico fondato sul rapporto di fiducia tra disponente (settlor o grantor) e trustee. Il disponente, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore del trustee il quale li amministra, con i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito.

Spesso i trustee sono trust company, vale a dire società che hanno quale oggetto sociale l’assistenza ai clienti nella istituzione dei trust e nella successiva gestione dei patrimoni.

L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee, con l’effetto che non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del beneficiario.

Caratterizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà, l’una ai fini dell’amministrazione -in capo al trustee- e l’altra, ai fini del godimento - in capo al beneficiario -, il trust esprime un concetto di proprietà non proprio allineato a quello conosciuto nei paesi di civil law. E’ evidente come, in base ai canoni tradizionali del nostro ordinamento, non sia agevole comprendere un simile sdoppiamento di proprietà, né la compressione del diritto di godimento dei beni affidati al trustee che ne è il proprietario. In sostanza, mentre la titolarità del diritto di proprietà è piena, l’esercizio di tale diritto è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’atto istitutivo.

Il trust viene istituito con un negozio unilaterale, cui si affiancano uno o più atti dispositivi.

Se è lo stesso disponente ad essere designato quale trustee, si dà luogo a un trust autodichiarato; in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio del disponente.

Qualora il trustee sia soggetto diverso dal disponente, il trasferimento al trust dei beni, così come la “perdita di controllo” da parte del disponente sui medesimi beni, sono requisiti qualificanti del trust. Il disponente può conservare alcuni poteri (come quello di sostituire il trustee o nominare altri beneficiari) salvaguardando in ogni caso l’effettività dell’attribuzione e l’esercizio dei poteri di amministrazione da parte del trustee.

Il trust può presentarsi come:
• trust liberale, con il quale si dispone di assetti familiari e non;
• trust commerciale, utilizzabile, ad esempio, per disporre la segregazione di attività dell’impresa, spesso a titolo di garanzia.
• trust revocabile (grantor trust), quando il disponente si riserva la facoltà di revocare l’attribuzione dei diritti ceduti al trustee o vincolati nel trust (nel caso in cui il disponente sia anche trustee), diritti che, con l’esercizio della revoca, rientrano nella sua sfera patrimoniale. E’ evidente come in tal caso non si abbia un trasferimento irreversibile dei
diritti e, soprattutto, come il disponente non subisca una permanente diminuzione patrimoniale. Questo tipo di trust, pure ammesso in alcuni ordinamenti, ai fini delle imposte sui redditi non dà luogo ad un autonomo soggetto passivo d’imposta cosicché i suoi redditi sono tassati in capo al disponente; ai fini delle imposte indirette, come si dirà, non si differenzia dagli altri trust.

Avendo riguardo alla sua struttura, il trust può considerarsi come:
• trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un determinato fine (es. il trust di garanzia)
• trust “con beneficiario”, quando i beni in trust vengono gestiti nell’interesse di un determinato soggetto.

Il beneficiario può essere “beneficiario di reddito” e godere delle utilità dei beni in trust (ad esempio, percepire periodicamente delle somme) oppure “beneficiario finale” dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust.

I beneficiari possono essere individuati nell’atto istitutivo o in un secondo momento, direttamente dal disponente o da un terzo designato (protector); inoltre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una determinata categoria. Essi hanno azione verso il trustee per rivendicare i loro diritti.

Nel fixed trust il disponente individua i beneficiari con l’atto istitutivo e predetermina la ripartizione tra gli stessi del patrimonio e del reddito del trust.

Nel trust discrezionale, invece, il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni, delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici.

L’atto istitutivo del trust può indicare un protector con il compito di vigilare sull’operato del trustee.

Il trust non ha una disciplina civilistica interna ma trova tuttavia legittimazione a seguito dell’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con legge 16 ottobre 1989, n. 364 e in vigore dal 1° gennaio 1992.

La Convenzione si pone l’obiettivo di armonizzare le regole del diritto internazionale privato in materia di trust e, di fatto, ne attua il riconoscimento negli ordinamenti di civil law privi di una disciplina interna.

Essa individua gli elementi essenziali del trust rilevanti ai fini del riconoscimento da parte degli Stati firmatari.

L’art. 2 prevede i seguenti elementi essenziali del trust:
• i beni vincolati nel trust sono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee
• i beni vincolati nel trust sono intestati al trustee o ad altro soggetto per conto del trustee
• il trustee è tenuto ad amministrare, gestire e disporre dei beni in trust secondo le indicazioni dettate nell’atto istitutivo del trust e nel rispetto della legge. Il trustee deve rendere conto della gestione.

L’Italia riconosce i trust che abbiano gli elementi essenziali indicati dall’art. 2. Per effetto del riconoscimento, i beni in trust restano distinti dal patrimonio personale del trustee che, a sua volta, acquista la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di comparire in qualità di trustee davanti a notai o altri rappresentanti di pubbliche istituzioni.

Ai sensi dell’articolo 3, la convenzione si applica solo ai trust la cui istituzione sia provata per iscritto.

Si ricorda, infine, che la convenzione non dispone sul trattamento fiscale dei trust, il quale rientra nelle competenze dei singoli Stati (art. 19).


2 PRECEDENTI INDICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA IN MATERIA DI TRUST

Prima dell’intervento attuato con la finanziaria 2007 l’Amministrazione finanziaria aveva fornito alcune sommarie indicazioni in merito al trattamento fiscale dei trust. Si cita al riguardo la relazione degli ispettori tributari del Secit in materia di “Circolazione dei trust esteri in Italia”, approvata con delibera n. 37/98 dell’11 maggio 1998, che – nel convalidare la tesi largamente maggioritaria in dottrina- aveva precisato che “il trust rientra fra gli enti considerati dall’articolo 87 (attuale 73 ndr) del TUIR, quali soggetti autonomi d’imposta IRPEG. In particolare, qualora il trust abbia la sede legale o amministrativa o l’oggetto principale dell’attività in Italia e svolga, in via esclusiva o principale, un’attività commerciale, si renderebbero applicabili le disposizioni recate dall’art. 95 (attuale 81 ndr) del TUIR, mentre nel caso di ente non residente o non esercente attività commerciale, si renderebbero applicabili le disposizioni previste dagli artt. 108 ( attuale 143 ndr) e seguenti del medesimo testo unico”.

Anche la prassi amministrativa successiva a tale delibera del Secit (circ del 30/12/2005 n. 55, ris. 17 gennaio 2003 n. 8) si era orientata a qualificare il trust come ente non commerciale ovvero quale ente commerciale nel caso di esercizio di attività d’impresa.

In particolare, era stato affermato che il trust fosse configurabile come un autonomo soggetto d’imposta IRES, esercente o meno attività commerciale, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del TUIR, ossia come una delle organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti dei quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario ed autonomo.

In ogni caso, l’autonoma soggettività tributaria era stata riconosciuta esclusivamente a quei trust che possedessero le caratteristiche di cui all’articolo 2 della Convenzione dell’Aja, tra cui, come abbiamo visto, l’effettivo potere di gestione ed amministrazione dei beni in capo al trustee (cfr. risoluzione n. 8/E del 17 gennaio 2003).

In linea con tale indirizzo interpretativo è anche il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2005 riguardante l’applicazione della Direttiva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi. Tale provvedimento, infatti, ha indicato fra i soggetti che rientrano nell’ambito applicativo della Direttiva stessa i trust (denominati “entità residuali”) in qualità di enti, diversi dalle persone fisiche e dalle società, non esercenti attività commerciali. Diversamente, non sono riconducibili nell’ambito applicativo della Direttiva i trust che esercitano attività commerciali e i cui redditi sono
determinati secondo le regole generali del reddito d’impresa.


3 DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE

Il comma 74 dell’articolo unico della finanziaria 2007, modificando a tal fine l’articolo 73 del TUIR, ha definitivamente sancito l’appartenenza del trust ai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.

In particolare, sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:
• i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (enti commerciali);
• i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (enti non commerciali);
• i trust non residenti, per i redditi prodotti nel territorio dello Stato (enti non residenti).

Come già accennato, l’art. 73 individua, ai fini della tassazione, due principali tipologie di trust:
• trust con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari (trust trasparenti)
• trust senza beneficiari di reddito individuati, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo (trust opachi).

E’ tuttavia possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente. Ciò avviene, ad esempio, quando l’atto istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece attribuita ai beneficiari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust mentre il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne ricorrano i presupposti, vale a dire quando i beneficiari abbiano diritto di percepire il reddito, sarà imputato a questi ultimi.

Dopo aver determinato il reddito del trust, il trustee indicherà la parte di esso attribuito al trust - sulla quale il trust stesso assolverà l’IRES - nonché la parte imputata per trasparenza ai beneficiari - su cui questi ultimi assolveranno le imposte sul reddito -.

In alternativa all’imposizione in capo al trust o ai beneficiari, taluni redditi di natura finanziaria sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva. Un trust che non esercita attività commerciale, compreso, quindi, tra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), e che possiede, ad esempio, titoli soggetti alle disposizioni del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 vede gli interessi, premi ed altri frutti relativi a detti titoli sottoposti ad imposizione sostitutiva, ai sensi dell’articolo 2 del decreto sopra richiamato.

Sono altresì assoggettati a ritenuta d’imposta i redditi delle obbligazioni e titoli similari indicati nell’articolo 26, comma 1, del DPR n. 600 del 1973 percepiti da trust non esercenti attività d’impresa commerciale. Inoltre, taluni redditi diversi di natura finanziaria indicati nell’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del TUIR, se percepiti da trust non commerciali residenti, sono assoggettati ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50 per cento.

3.1 La residenza del trust

La residenza del trust è individuata, con taluni adattamenti che tengono conto della natura dell’istituto, secondo i criteri generali utilizzati per fissare la residenza dei soggetti di cui all’articolo 73 del TUIR.

Ai sensi del comma 3 di tale articolo, un soggetto IRES si considera residente nel territorio dello Stato al verificarsi di almeno una delle condizioni sotto indicate per la maggior parte del periodo di imposta:
• sede legale nel territorio dello Stato;
• sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato;
• oggetto principale dell’attività svolta nel territorio dello Stato.

Considerando le caratteristiche del trust, di norma i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale.

Il primo di essi (la sede dell’amministrazione) risulterà utile per i trust che si avvalgono, nel perseguire il loro scopo, di un’apposita struttura organizzativa (dipendenti, locali, ecc.). In mancanza, la sede dell’amministrazione tenderà a coincidere con il domicilio fiscale del trustee.

Il secondo criterio (l’oggetto principale) è strettamente legato alla tipologia di trust. Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata.

Per individuare la residenza di un trust si potrà fare utile riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

Come è noto, le convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni si applicano alle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti che, in qualità di soggetti passivi d’imposta, subiscono una doppia imposizione internazionale.

E’ possibile che i trust diano luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione o, all’opposto, di elusione fiscale.

Un trust, infatti, può realizzare il presupposto impositivo in più Stati, quando, ad esempio, il trust fund sia situato in uno Stato diverso da quello di residenza del trustee e da quello di residenza del disponente e dei beneficiari.

Annoverato, a seguito della modifica dell’art. 73 del TUIR, tra i soggetti passivi d’imposta, ai fini convenzionali il trust deve essere considerato come “persona” (“una persona diversa da una persona fisica” di cui all’articolo 4, comma 3, modello OCSE di convenzione per evitare le doppie imposizioni) anche se non espressamente menzionato nelle singole convenzioni.

L’unica convenzione che espressamente comprende i trust tra le persone cui si applica la convenzione è quella sottoscritta dall’Italia con gli Stati Uniti d’America. La nuova disciplina fiscale contiene, altresì, disposizioni che mirano a contrastare possibili fenomeni di fittizia localizzazione dei trust all’estero, con finalità elusive.

Al riguardo, il comma 3 dell’articolo 73 del TUIR, introduce due casi di attrazione della residenza del trust in Italia:

1. Si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni (paesi non inclusi nella cosiddetta “white list” approvata con decreto del Ministro delle Finanze 4 settembre 1996 e successive modificazioni) quando almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. La norma menziona gli “istituti aventi analogo contenuto” a quello di un trust. Si è voluto in questo modo tenere conto della possibilità che ordinamenti stranieri disciplinino istituti analoghi al trust ma assegnino loro un “nomen iuris” diverso. Per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratterizzanti dell’istituto del trust. E’ rilevante, inoltre, stabilire in quale momento la residenza fiscale di un disponente e di un beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust. In primo luogo, non sembra necessario che la residenza italiana del disponente e del beneficiario sia verificata nello stesso periodo d’imposta. Infatti la residenza del disponente, in considerazione della natura istantanea dell’atto di disposizione, rileva nel periodo d’imposta in cui questi ha effettuato l’atto di disposizione a favore del trust. Eventuali cambiamenti di residenza del
disponente in periodi d’imposta diversi sono irrilevanti. Per la parte riguardante il beneficiario, la norma è applicabile ai trust con beneficiari individuati. La residenza fiscale del beneficiario attrae in Italia la residenza fiscale del trust anche se questa si verifica in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il disponente ha posto in essere il suo atto di disposizione a favore del trust. Ai fini dell’attrazione della residenza in Italia è, infine, irrilevante l’avvenuta erogazione del reddito a favore del beneficiario nel periodo d’imposta.

2. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni quando, successivamente alla costituzione, un soggetto residente trasferisca a favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritti reali immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione sugli stessi beni e diritti. In tal caso, è proprio l’ubicazione degli immobili che crea il collegamento territoriale e giustifica la residenza in Italia. Nelle due ipotesi considerate dalla norma, la residenza è attratta in Italia nel presupposto che il trust sia “istituito” in un Paese con il quale non è attuabile lo scambio di informazioni.
La norma vuole evidentemente colpire disegni elusivi perseguiti attraverso la collocazione fittizia di trust “interni” (trust con disponente, beneficiario e beni in trust nel territorio dello Stato) in paesi che non consentano lo scambio di informazioni. In buona sostanza, ai fini dell’attrazione della residenza, rileva il fatto che un trust, caratterizzato da elementi collegati con il territorio italiano (un disponente e un beneficiario residente o immobili siti in Italia e conferiti da un soggetto italiano) sia “istituito” ossia abbia formalmente fissato la residenza in un paese non incluso nella white list.

Come conseguenza della presunzione di residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti i redditi del trust, ovunque prodotti, sono imponibili in Italia secondo il principio del world wide income. Al contrario, per i trust non residenti, l’imponibilità in Italia riguarda solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 23 del TUIR. Si ricorda che sono compresi nella vigente white list i seguenti Paesi: Albania; Algeria; Argentina; Australia; Austria; Azerbajan; Bangladesh; Belgio; Bielorussia; Brasile; Bulgaria; Canada; Cina; Corea del Sud; Costa d’Avorio; Croazia; Danimarca; Ecuador; Egitto; Emirati Arabi Uniti; Estonia; Federazione Russa; Filippine; Finlandia; Francia; Germania; Giappone; Grecia; India; Indonesia; Irlanda; Israele; Jugoslavia; Kazakistan; Kuwait; Lituania; Lussemburgo; Macedonia; Malta; Marocco; Mauritius; Messico; Norvegia; Nuova Zelanda; Paesi Bassi; Pakistan; Polonia; Portogallo; Regno Unito; Repubblica Ceca; Repubblica Slovacca; Romania; Singapore; Slovenia; Spagna; Sri Lanka; Stati Uniti; Sud Africa; Svezia; Tanzania; Thailandia; Trinidad e Tobago; Tunisia; Turchia; Ucraina; Ungheria; Venezuela; Vietnam; Zambia.

In entrambi i casi di attrazione in Italia di trust non residenti, la norma opera una presunzione relativa di residenza; rimane quindi la possibilità per il contribuente di dimostrare l’effettiva residenza fiscale del trust all’estero. Ove compatibili, anche le disposizioni in materia di estero-vestizione delle società previste dall’articolo 73 del TUIR, commi 5-bis e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella white list, per i quali non trova applicazione la specifica presunzione di residenza di cui all’articolo 73, comma 3 del TUIR nella versione emendata dalla finanziaria 2007.


3.2 Adempimenti del trust

Quale soggetto passivo d’imposta, sia esso “trasparente” o “opaco”, il trust è tenuto ad adempiere gli specifici obblighi previsti per i soggetti IRES, ad iniziare dall’obbligo di presentare annualmente la dichiarazione dei redditi.

Inoltre il trust residente dovrà necessariamente dotarsi di un proprio codice fiscale e, qualora eserciti attività commerciale, di una propria partita IVA. Tutti gli adempimenti tributari del trust sono assolti dal trustee.

Il comma 76 dell’articolo unico della finanziaria 2007, nel modificare l’articolo 13 del d.P.R. n. 600 del 1973, ha incluso fra i soggetti obbligati a tenere le scritture contabili:
• i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (primo comma, lettera b)
• i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (secondo comma, lettera g).

I trust che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività commerciali sono pertanto obbligati alla tenuta delle scritture contabili previste dall’articolo 14 del decreto citato.
Analogamente, i trust che esercitano attività commerciale in forma non esclusiva sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili secondo le disposizioni di cui all’articolo 20 del decreto.

Come già accennato, il trust è tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi nei modi e nei tempi stabiliti per i soggetti IRES.

Nei casi in cui il periodo di imposta di un trust trasparente non coincida con l’anno solare, il reddito da questo conseguito è imputato ai beneficiari individuati alla data di chiusura del periodo di gestione del trust stesso. Si ipotizzi, ad esempio, un trust con beneficiari individuati il cui periodo di gestione, in base a quanto stabilito dall’atto istitutivo, sia compreso tra il 1° aprile e il 31 marzo. In tale caso, il trust presenta la propria dichiarazione entro il 31 ottobre (ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, art. 2, comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322) e i beneficiari a loro volta dovranno inserire tale reddito nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è terminato il periodo di gestione del trust.

Naturalmente se trustee è una trust company che amministra più trust, dovrà presentare una dichiarazione per ciascun trust.

Il trust è tenuto altresì ad adempiere gli obblighi formali e sostanziali relativi all’IRAP previsti dal d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, in quanto soggetto passivo rientrante, a seconda dell’attività svolta, nelle fattispecie di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) ed e) del medesimo decreto.


3.3 Il trasferimento dei beni nel trust

Il trasferimento di beni in un trust ai fini delle imposte sui redditi sconta un trattamento differenziato che varia in funzione del soggetto che l’effettua (imprenditore o non imprenditore) e della tipologia di bene trasferito.

Qualora il trasferimento riguardi beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell’imprenditore in quanto destinati a finalità estranee all’impresa.

Ciò comporta per il disponente imprenditore il conseguimento di componenti positivi di reddito da assoggettare a tassazione secondo le disposizioni del TUIR, nonché l’assoggettamento ad IVA ai sensi dell’art. 2, comma 2 n. 5 del d.P.R. n. 633/1972. In particolare, il trasferimento di beni merce comporterà il conseguimento di un ricavo d’esercizio ai sensi dell’art. 85, comma 2 del TUIR da quantificare sulla base del valore normale ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del TUIR.

Il trasferimento di beni diversi da quelli che generano ricavi (beni strumentali, beni patrimoniali dell’impresa), invece, genererà plusvalenze o minusvalenze rilevanti ai fini della determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 58, 86 e 87 del TUIR. Anche in tali fattispecie il valore da prendere a riferimento per il calcolo della plusvalenza è il valore normale di cui al citato articolo 9, comma 3.

Ove il trasferimento in trust abbia ad oggetto un’azienda, il relativo profilo fiscale deve essere esaminato alla luce del disposto dell’articolo 58, comma 1, del TUIR che esclude il realizzo di plusvalenze in caso di trasferimento d’azienda per causa di morte o per atto gratuito; in tal caso l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. La ratio della norma consente di ritenere che, nel caso di trasferimento dell’azienda in trust, si conservi la neutralità fiscale a condizione che il trustee assuma l’azienda agli stessi valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente.

Nel caso di beni diversi da quelli relativi all’impresa, il trasferimento al trust, in assenza di corrispettivo, non genera materia imponibile ai fini della imposizione sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore né in capo al trust o al trustee.

Per quest’ultimo, infatti, anche se imprenditore, non si avranno sopravvenienze attive ex art. 88, comma 3, lett. b), del TUIR, in quanto i beni trasferiti in trust non si confondono con il patrimonio dell’imprenditore (trustee) ma, come visto in precedenza, costituiscono un patrimonio separato.

Qualora il trasferimento dei beni in trust abbia ad oggetto titoli partecipativi il trustee acquisisce l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Tale regime di neutralità non può, tuttavia, essere garantito nel caso in cui i titoli oggetto del trasferimento siano detenuti nell’ambito di un rapporto amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461; nella specie, infatti, il trasferimento dei titoli dal conto del settlor a quello del trust, poiché indirizzato verso un conto intestato a un soggetto diverso da quello di provenienza, ricade nell’ipotesi dell’articolo 6, comma 6, del citato d. lgs. n. 461 del 1997 che assimila tali trasferimenti a cessioni a titolo oneroso.

In tal caso, l’intermediario abilitato applica le relative imposte.


3.4 Cessione dei beni in trust

Il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust non presenta particolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che ai fini delle imposte sui redditi disciplinano detta operazione.

In particolare, quando le cessioni siano poste in essere nell’esercizio dell’impresa, la relativa disciplina fiscale varia in funzione della categoria di appartenenza del bene ceduto.

Nel caso di cessioni non effettuate nell’esercizio dell’impresa potranno realizzarsi, ricorrendone i presupposti, le fattispecie reddituali previste dall’articolo 67 del TUIR.

Per la determinazione delle plusvalenze dovrà farsi riferimento ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al disponente, fermo restando che il trasferimento dei beni dal disponente al trustee non interrompe il decorso del quinquennio di cui all’articolo 67, mentre nel caso di cessioni di beni acquistati dal trust si farà riferimento al prezzo pagato.


4 DISCIPLINA DEI REDDITI DEL BENEFICIARIO DEL TRUST

Il comma 74, lettera b), dell’articolo unico della finanziaria 2007 aggiunge al comma 2 dell’articolo 73 del TUIR il seguente periodo: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.

Premesso che il presupposto di applicazione dell’imposta è il possesso di redditi, per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale.

E’ necessario, quindi, che il beneficiario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza.

Infatti, a differenza dei soci delle società trasparenti, che possono autonomamente stabilire i criteri di distribuzione degli utili societari, i beneficiari di un trust non hanno alcun potere in ordine all’imputazione del reddito del trust, cui provvede unicamente il trustee sulla base dei criteri stabiliti dal disponente.

L’art. 73 dispone che i redditi siano imputati “in ogni caso” ai beneficiari, cioè indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo un criterio di competenza. Tale precisazione si è resa necessaria per coordinare la tassazione per trasparenza del trust con la natura del reddito attribuito al beneficiario, che è considerato reddito di capitale.

Contrariamente, infatti, al principio di cassa che in via ordinaria informa la determinazione del reddito di capitale, nella tassazione per trasparenza il medesimo reddito viene imputato al beneficiario indipendentemente dall’effettiva percezione, secondo il principio della competenza economica.

Il reddito imputato per trasparenza verrà tassato secondo le aliquote personali del beneficiario. Naturalmente, l’effettiva percezione dei redditi da parte dei beneficiari rimane una mera movimentazione finanziaria, ininfluente ai fini della determinazione del reddito.

Ove abbia scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva in capo al trust che lo ha realizzato, il reddito non concorre alla formazione della base imponibile, né in capo al trust opaco né, in caso di imputazione per trasparenza, in capo ai beneficiari.

Ad una doppia imposizione ostano i principi generali dell’ordinamento interno che impediscono l’imposizione in capo a più soggetti passivi di redditi prodotti o realizzati in dipendenza di uno stesso presupposto (articolo 163 del TUIR).

Sulla base dei medesimi principi, i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo al trust prima della individuazione dei beneficiari (quando il trust era “opaco”), non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione.

Il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero in via definitiva, disciplinato dall’articolo 165 del TUIR, spetta al trust nel caso di trust “opaco”.

Qualora, invece, il trust sia “trasparente” ed il reddito sia imputato ai beneficiari, il credito d’imposta spetta ai singoli beneficiari in proporzione al reddito imputato, analogamente a quando disposto dall’articolo 165, comma 9, per le società che hanno optato per il regime della trasparenza. Infine, nel caso in cui il trust attribuisca solo parte del reddito ai beneficiari e sia, quindi, in parte opaco e in parte trasparente, la detrazione spetta al trust e ai beneficiari in proporzione al reddito imputato.


4.1 Natura dei redditi attribuiti ai beneficiari

Il comma 75 dell’articolo unico della finanziaria 2007 inserisce all’articolo 44 del TUIR, dopo la lettera g-quinquies), la lettera g-sexies), secondo cui sono redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti;”.

Il trust residente imputa per trasparenza i propri redditi:
• ai beneficiari residenti;
• ai beneficiari non residenti.
In tale ultimo caso, il reddito attribuito al beneficiario non residente, viene tassato in Italia: trattandosi di reddito di capitale corrisposto da soggetto residente, infatti, lo stesso si considera prodotto in Italia ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. b) del TUIR.

Il trust non residente, che è soggetto passivo IRES per i soli redditi prodotti in Italia, imputa per trasparenza tali redditi ai:
• soli beneficiari residenti, quali titolari di redditi di capitale.


5 DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE

La struttura giuridica del trust pone in evidenza i seguenti elementi o presupposti impositivi rilevanti agli effetti delle imposte indirette:
1. l’atto istitutivo;
2. l’atto dispositivo;
3. eventuali operazioni compiute durante il trust;
4. il trasferimento dei beni ai beneficiari.


5.1 Atto istitutivo del trust (imposta di registro )

L’atto istitutivo con il quale il disponente esprime la volontà di costituire il trust, che non contempli anche il trasferimento di beni nel trust (disposto in un momento successivo), se redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, sarà assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale atto privo di contenuto patrimoniale.


5.2 Atto dispositivo (imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione di vincoli di destinazione)

L’atto dispositivo con il quale il settlor vincola i beni in trust è un negozio a titolo gratuito.

L’articolo 6 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, rubricato “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” ha dettato una specifica disciplina per la “…costituzione di vincoli di destinazione…”, prevedendone l’assoggettamento all’imposta di registro. E’ questo il primo approccio della normativa nazionale al trattamento del trust ai fini delle imposte indirette, posto che il trust, per le caratteristiche essenziali che lo contraddistinguono, è riconducibile nella categoria dei vincoli di destinazione.

Il regime fiscale introdotto dal decreto legge n. 262 del 2006 è stato successivamente modificato dalla legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286. Quest’ultima legge, che non ha convertito il predetto articolo 6 del decreto, ha invece ripristinato l’imposta sulle successioni e donazioni, siccome disciplinata dal Testo Unico 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente al 25 ottobre 2001. Contestualmente, ha disposto l’applicazione di tale imposta “…alla costituzione dei vincoli di destinazione…” (decreto legge n. 262 del 3 ottobre 2006, convertito con modificazioni dalla legge n. 286 del 24/11/2007, articolo 2, commi dal 47 al 49).

Da ultimo, la finanziaria 2007 ha integrato la disciplina dell’imposta in esame, introducendo, tra l’altro, determinate franchigie in favore dei parenti in linea collaterale e dei portatori di handicap, nonché esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (articolo 1, commi da 77 a 79).

Attualmente, pertanto, la costituzione dei vincoli di destinazione è soggetta all’imposta sulle successioni e donazioni secondo le disposizioni stabilite all’art. 2, commi da 47 a 49, del decreto legge n. 262 del 2006.

Come accennato, il trust comporta la segregazione dei beni del settlor in un patrimonio separato gestito dal trustee (che nel trust autodichiarato - anch’esso rilevante ai fini dell’imposta in esame - coincide con il settlor).

Il conferimento di beni nel trust (o il costituito vincolo di destinazione che ne è l’effetto) va assoggettato, pertanto, all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale, sia esso disposto mediante testamento o per atto inter vivos.

Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fiduciaria. Tutte le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate dalla medesima causa.

Ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di destinazione avvenga sin dall’origine a favore del beneficiario (naturalmente nei trust con beneficiario) e sia espressione dell’unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’attribuzione liberale.

Conseguentemente, ai fini della determinazione delle aliquote, che si differenziano in dipendenza del rapporto di parentela e affinità (all’art. 2, commi da 47 a 49, del decreto legge n. 262 del 2006), occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il beneficiario (e non a quello tra disponente e trustee).

Ai fini dell’applicazione sia delle aliquote ridotte sia delle franchigie, il beneficiario deve poter essere identificato, in relazione al grado di parentela con il disponente, al momento della costituzione del vincolo. Ad esempio, per poter applicare l’aliquota del 4% prevista tra parenti in linea retta, è sufficiente sapere che il beneficiario di un trust familiare sarà il primo nipote al conseguimento della maggiore età.

Nel trust di scopo, gestito per realizzare un determinato fine, senza indicazione di beneficiario finale, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota dell’8% prevista per i vincoli di destinazione a favore di “altri soggetti” ( d.l. n. 262/2006 art. 2, comma 48, lett. c).

In applicazione del comma 4-ter dell’art. 3 del d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 introdotto dal comma 78 dell’art. 1 della finanziaria 2007, la costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del settlor non è soggetto all’imposta qualora abbia ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali e azioni.


5.3 Atto dispositivo (imposte ipotecarie e catastali)

Le modalità di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla costituzione di vincoli di destinazione, in mancanza di specifiche disposizioni, sono stabilite dal Testo Unico delle imposte ipotecaria e catastale, approvato con d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347.

Tali imposte sono dovute, rispettivamente, per la formalità della trascrizione di atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per la voltura catastale dei medesimi atti. Le stesse imposte sono dovute in misura proporzionale relativamente alla trascrizione di atti che conferiscono nel trust, con effetti traslativi, i menzionati beni e diritti.

Pertanto, sia l’attribuzione con effetti traslativi di beni immobili o diritti reali immobiliari al momento della costituzione del vincolo, sia il successivo trasferimento dei beni medesimi allo scioglimento del vincolo, nonché i trasferimenti eventualmente effettuati durante il vincolo, sono soggetti alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.


5.4 Operazioni effettuate durante il trust

Durante la vita del trust, il trustee può compiere operazioni di gestione del patrimonio. Eventuali atti di acquisto o di vendita di beni sono soggetti ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli effetti giuridici che li caratterizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.


5.5 Trasferimento dei beni ai beneficiari

La devoluzione ai beneficiari dei beni vincolati in trust non realizza, ai fini dell’imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore; i beni, infatti, hanno già scontato l’imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali, avviene al momento della costituzione del vincolo, l’eventuale incremento del patrimonio del trust non sconterà l’imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione.


6. DECORRENZA

Le disposizioni sui trust introdotte dalla finanziaria 2007 si applicano a partire dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della legge.

Con riguardo all’imposizione diretta, hanno carattere innovativo le norme in materia di tassazione per trasparenza dei trust, posto che già prima delle disposizioni in esame i trust erano considerati soggetti IRPEG (e poi IRES) quali enti, commerciali o non commerciali, ai sensi dell’art. 73, comma 2, del TUIR.

L’imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione dei vincoli di destinazione si applica a partire dall’entrata in vigore della legge n. 286 del 2006, che ha introdotto l’imposta, cioè a decorrere dal 29 novembre 2006, salvo le modificazioni introdotte dai commi 77 e 78 della finanziaria 2007 che si applicano dal 1° gennaio 2007.

Le disposizioni sulla costituzione dei vincoli di destinazione introdotte dal decreto legge n. 262 del 2006, hanno trovato applicazione nel periodo in cui era in vigore il decreto legge prima della conversione in legge, vale a dire dal 30 ottobre al 28 novembre 2006.